n. 63 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 dicembre 2015 -

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI RIETI Sezione 2 Riunita con l'intervento dei signori: Gianni Sandro, Presidente;

Cricenti Giuseppe, relatore;

Mazzatosta Mario, giudice. Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 14/2015 spedito il 14 gennaio 2015, avverso avviso di accertamento n. MUP090000425U Giochi - Lotterie 2009;

Contro: Ag. Dogane e Monopoli Sezione operativa di Rieti, proposto dal ricorrente: Giuliani Maria Cristina, Via Mazzini, 36 - 02021 Borgorose (RI), difeso da: Avv. Gazzo Massimiliano c/o lo Studio legale De Berti Jacchia Forlani, via San Paolo, 7 - 20129 Milano. La Commissione, a scioglimento della riserva;

letti gli atti;

Osserva 1. La ricorrente gestisce un centro di raccolta delle scommesse, per conto di Stanley International, che, per quanto riguarda l'Italia, ha ceduto il ramo di azienda relativo ai giochi ed alle scommesse, a Stanleybet Malta Limited. In particolare, la ricorrente ha con la Stanley un contratto di ricevitoria, in base al quale raccoglie le scommesse dei singoli scommettitori e le trasmette a Stanley, pagando poi l'eventuale vincita. In sostanza, il giocatore prende visione, all'interno della ricevitoria, delle proposte di scommessa fatte alla Stanley (in genere su un monitor telematico), compila una schedina con la scommessa che intende accettare e la consegna al ricevitore, il quale la trasmette a Stanley. Quando quest'ultimo ha ricevuto la volonta' dello scommettitore, quello e' il momento in cui si conclude il contratto. Se il giocatore vince, la somma viene pagata direttamente da Stanley. Cosi' che la ricevitoria non e' il soggetto che organizza le scommesse, in quanto non stabilisce su cosa e per quanto scommettere e non decide quale sia la vincita da corrispondere al giocatore. L'organizzatore della scommessa e' il bookmaker (nel nostro caso Stanley) mentre la ricevitoria funge da centro di trasmissione dei dati necessari alla conclusione del gioco. 2. L'Agenzia delle Entrate pretende il pagamento della imposta sulle scommesse anche dal ricevitore. Cio' fa sulla base dell'art. 3 del decreto legislativo n. 504/1998 come interpretato dall'art. 1 comma 66, lettera B) legge 220/2010. La prima delle due norme stabilisce che: "soggetti passivi dell'imposta unica sono coloro quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse". Norma oggetto di interpretazione autentica da parte dell'art. 1, e 66, lett. b), legge n. 220/2010, che, allo scopo di eliminare ogni dubbio sull'equiparazione delle scommesse offerte dagli allibratori muniti di concessione italiana rispetto a quelli residenti in altro Stato Membro dell'Unione Europea, ed operanti con modali transfrontaliera, che ne sono privi (cfr. art. 1, co. 6 legge n. 220/2010), ha disposto che "...l'art. 3 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che soggetto passivo d'imposta e' chiunque, ancorche' in assenza ... della concessione rilasciata dal Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato - gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all'estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l'attivita' e' esercitata per conto terzi, il soggetto per conto del quale l'attivita' esercitata e' obbligato solidalmente al pagamento dell'imposta e delle relative sanzioni". Sulla base di questa ultima norma, l'Agenzia ritiene che i centri di raccolta dati siano "gestori" di scommesse per conto terzi, ossia per conto dei bookmaker (nel nostro caso per conto di Stanley), con la conseguenza di essere soggetti passivi di imposta. 3. La questione se i centri di raccolta dati siano o meno soggetti passivi di imposta e' stata posta al giudice tributario in occasioni diverse. Allo stato prevale la tesi affermativa, che, ritenendo che i centri di raccolta dati "gestiscono" per conto dei bookmaker le scommesse, ritiene che essi ricadano nella previsione dell'art. 1 comma 66 legge n. 220/2010, e dunque siano soggetti passivi dell'imposta. Con i centri di raccolta e' conseguentemente obbligato in via solidale il bookmaker di riferimento. Questa tesi, per come anche documentato in atti, essendo di gran lunga piu' diffusa della tesi contraria, costituisce, allo stato, il diritto vivente, o comunque costituisce l'interpretazione corrente del combinato disposto (art. 3 decreto legislativo n. 504 del 1998 e art. 1 comma 66 legge n. 220/2010) in tema di soggetti passivi dell'imposta di consumo. Questa interpretazione e' pero' sospettata di illegittimita' costituzionale per le ragioni, evidenziate dalla ricorrente, che si andranno ad evidenziare in seguito e che questa Commissione fa proprie, condividendole. 1. La rilevanza della questione. La ricorrente (centro di raccolta dati) contesta di dovere pagare l'imposta di consumo, meglio, contesta che le due norme suindicate, si possano riferire alla sua attivita'. E' di tutta evidenza dunque che, per poter decidere il ricorso (se la ricorrente sia o meno soggetto d'imposta) deve farsi applicazione di quelle norme, e precisamente, della prima, quale formulazione originaria del precetto, della seconda quale interpretazione autentica del medesimo. Se le norme vengono intese nel senso che le ricevitorie sono soggetti passivi d'imposta, il ricorso dovra' essere rigettato, viceversa se le norme sono intese come non riferibili alle ricevitorie, il ricorso andra' accolto. Si intuisce, senza bisogno di alcuna altra argomentazione, che la decisione dipende dalla interpretazione che si vorra' dare alle suddette disposizioni. E tuttavia non si tratta di scegliere tra delle interpretazioni diverse, cosi' che la questione non e' solo di tipo interpretativo. Come si e' detto l'opinione corrente ha gia' scelto una interpretazione (e la norma, come e' noto, e' l'esito della interpretazione). Questa Commissione dunque prende atto che esiste un'interpretazione corrente, che porta a ritenere le ricevitorie come obbligate al pagamento dell'imposta, ma ritiene altresi' che tale interpretazione corrente produca una norma incostituzionale. Dunque, la rilevanza della questione e' nel fatto che la norma, quale esito dell'interpretazione corrente di quelle disposizioni, e' nel senso della imponibilita' e che la causa non puo' essere decisa se non applicandola. Piu' precisamente. Si puo' obiettare che e' allora sufficiente che il giudice scelga l'una o l'altra delle suddette interpretazioni per decidere la causa, senza bisogno che sollevi questione di legittimita' costituzionale. O, piu' precisamente, si puo' obiettare che questo giudice non puo' sollevare la questione senza avere prima sondato la possibilita' di una interpretazione della norma in un senso conforme a Costituzione. Va osservato al riguardo, quanto a questo ultimo aspetto, che qui la rilevanza della...

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