n. 61 SENTENZA 23 gennaio - 27 marzo 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 202, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)», promosso dalla Regione Campania con ricorso notificato il 27 febbraio - 4 marzo 2015, depositato in cancelleria il 4 marzo 2015 e iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2015. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 gennaio 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Campania e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 27 febbraio 2015 e depositato il successivo 4 marzo (reg. ric. n. 32 del 2015), la Regione Campania ha promosso, tra le altre, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 202, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)», in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 119 della Costituzione, nonche', in via subordinata, al principio di leale collaborazione. Dopo aver premesso il contenuto della disposizione impugnata - che prevede che per la realizzazione delle azioni relative al piano straordinario per la promozione del made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, di cui all'art. 30, comma 1, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive), convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n. 164, siano stanziati ulteriori finanziamenti nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e che, per quanto in particolare rileva in questa sede, istituisce presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un Fondo per le politiche per la valorizzazione, la promozione, la tutela, in Italia e all'estero, delle imprese e dei prodotti agroalimentari - la Regione ricorrente deduce, innanzitutto, l'invasione del proprio ambito di competenza residuale in materia di «agricoltura». L'adozione delle misure di sviluppo dell'agricoltura e, in particolare, la disciplina dell'erogazione di agevolazioni, contributi, finanziamenti e sovvenzioni di ogni genere nell'ambito dell'agricoltura rientrerebbero, difatti, nella menzionata materia. Ne conseguirebbe che, in virtu' del costante orientamento di questa Corte, non sarebbero consentiti finanziamenti statali a destinazione vincolata nella materia residuale regionale «agricoltura», rischiandosi, altrimenti, l'ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni. In applicazione di detti principi, difatti, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' di diverse disposizioni con le quali, successivamente alla modifica del Titolo V della Costituzione, sono stati istituiti nuovi fondi vincolati, quali, ad esempio, il Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle Regioni e degli enti locali, nonche' il Fondo nazionale per la realizzazione di infrastrutture di interesse locale (sentenza n. 49 del 2004);

il Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni (sentenza n. 16 del 2004);

il Fondo per gli asili nido (sentenza n. 370 del 2003), il Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva (sentenza n. 254 del 2013). Analogamente dovrebbe ritenersi per il fondo in esame, attraverso il quale lo Stato attuerebbe politiche di sostegno che investono materie di competenza regionale piena (agricoltura) o, al piu', concorrente (commercio con l'estero). L'intervento finanziario in esame non potrebbe, peraltro, essere giustificato neanche in virtu' del disposto dell'art. 119, quinto comma, Cost., in base al quale e' consentito allo Stato destinare risorse aggiuntive agli enti locali per interventi speciali volti, fra l'altro, alla rimozione degli esistenti squilibri economici e sociali. Secondo la Regione ricorrente, difatti, gli interventi previsti dall'art. 119, quinto comma, Cost., non solo dovrebbero essere aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti ai Comuni o agli altri enti, e riferirsi alle finalita' di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale, o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni, ma dovrebbero anche essere indirizzati a favore di enti determinati. La disposizione censurata sarebbe, invece, rivolta alla generalita' delle imprese e dei prodotti agroalimentari del paese, dal momento che non emergerebbe alcun indice da cui desumere l'esistenza di uno specifico ambito territoriale di localizzazione dell'intervento. Essa, infine, non potrebbe neanche rientrare nella materia «tutela della concorrenza», riservata alla competenza esclusiva dello Stato, dal momento che i finanziamenti ivi previsti non hanno rilevanza macroeconomica, come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, essendo inidonei ad incidere sull'equilibrio economico generale, ne' sarebbero giustificati da esigenze unitarie. In via subordinata, qualora, invece, si ritenesse che la disposizione impugnata sia ascrivibile al titolo di competenza esclusiva statale «tutela della concorrenza», dal momento che senza dubbio incide anche su una materia di competenza regionale, sarebbe comunque illegittima, per non aver previsto, nella regolazione e gestione del fondo, strumenti di concertazione con la Regione, in attuazione del principio di leale collaborazione (sono citate le sentenze n. 182 del 2013 e n. 331 del 2010). 2.- Si e' costituto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dalla Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per la non fondatezza del ricorso. In particolare, ha dedotto che l'art. 1, comma 202, della legge n. 190 del 2014 sarebbe finalizzato a garantire, con i necessari finanziamenti, l'attuazione del piano straordinario per la promozione del made in Italy. Tale piano sarebbe volto ad ampliare il numero delle piccole e medie imprese che operano nel mercato globale, ad espandere le quote italiane del commercio internazionale, a valorizzare l'immagine del made in Italy nel mondo e a sostenere le iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia. La disposizione, pertanto, non potrebbe essere ricondotta alla materia dell'agricoltura intervenendo in ambiti intersettoriali di rilevanza macroeconomica che necessitano di un'azione statale unitaria. Al riguardo e' citata la sentenza n. 76 del 2009, in base alla quale l'esigenza di un esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative abiliterebbe lo Stato a disciplinare detto esercizio per legge, a condizione che la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, assistita da ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio di costituzionalita' e rispettosa del principio di leale collaborazione. Nel caso in esame, la valutazione dell'interesse pubblico sottostante potrebbe considerarsi proporzionata e ragionevole, considerata la necessita' di garantire lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, mentre il...

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