n. 59 SENTENZA 10 gennaio - 24 marzo 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge della Regione Abruzzo 3 novembre 2015, n. 36 (Disposizioni in materia di acque e di autorizzazione provvisoria degli scarichi relativi ad impianti di depurazione delle acque reflue urbane in attuazione dell'art. 124, comma 6, del decreto legislativo n. 152/2006 e modifica alla L.R. n. 5/2015), dell'art. 11, comma 6, lettera b), della legge della Regione Abruzzo 19 gennaio 2016, n. 5, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio pluriennale 2016-2018 della Regione Abruzzo (Legge di Stabilita' Regionale 2016)», e dell'art. 1, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della Regione Abruzzo 13 aprile 2016, n. 11 (Modifiche alle leggi regionali 25/2011, 5/2015, 38/1996 e 9/2011), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi, il primo notificato il 4-5 gennaio 2016, il secondo spedito per la notifica il 22 marzo 2016 ed il terzo notificato l'8-9 giugno 2016, depositati in cancelleria il 13 gennaio, il 24 marzo ed il 10 giugno 2016 e, rispettivamente, iscritti ai nn. 2, 21 e 29 del registro ricorsi 2016. Visti gli atti di costituzione della Regione Abruzzo;

udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 2017 il Giudice relatore Franco Modugno;

uditi gli avvocati dello Stato Massimo Salvatorelli e Leonello Mariani per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefania Valeri per la Regione Abruzzo. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso notificato il 4-5 gennaio 2016 e depositato il successivo 13 gennaio (reg. ric. n. 2 del 2016), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in via principale, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge della Regione Abruzzo 3 novembre 2015, n. 36 (Disposizioni in materia di acque e di autorizzazione provvisoria degli scarichi relativi ad impianti di depurazione delle acque reflue urbane in attuazione dell'art. 124, comma 6, del decreto legislativo n. 152/2006 e modifica alla L.R. n. 5/2015), per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, nella parte in cui riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la «tutela della concorrenza». 1.1.- L'Avvocatura generale dello Stato - dopo aver preliminarmente rammentato che, in materia di concessioni di derivazioni di acque, l'art. 35 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici), prevede che le utenze di acqua pubblica siano sottoposte al pagamento di un canone annuo, regolato sulla media della forza motrice nominale disponibile nell'anno - rileva che la disposizione regionale censurata interviene sull'art. 12 della legge della Regione Abruzzo 3 agosto 2011, n. 25 (Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano per le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi alle utenze di acque pubbliche). Tale ultima disposizione era gia' stata modificata dal legislatore regionale con l'art. 16 della legge 10 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012)», il quale aveva stabilito un nuovo importo del costo unitario del canone, associato pero' alla potenza efficiente, come identificata dai rapporti annuali del Gestore dei servizi energetici (GSE), di ciascun impianto idroelettrico e non piu' alla potenza nominale. Detto art. 16 era stato impugnato dallo Stato, che lo aveva ritenuto lesivo delle sue competenze esclusive in materia di tutela dell'ambiente e tutela della concorrenza, nonche' per contrasto con i principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione dell'energia di cui alla legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia). La Corte costituzionale, tuttavia - dopo aver trasferito la questione, in ragione del contenuto sostanzialmente analogo, sull'art. 3 della legge della Regione Abruzzo 17 luglio 2012, n. 34, denominata «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 3 agosto 2011, n. 25 recante: "Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano per le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi alle utenze di acque pubbliche", integrazione alla legge regionale 17 aprile 2003, n. 7 recante: "Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2003 e pluriennale 2003-2005 della Regione Abruzzo (legge finanziaria regionale 2003)", modifiche alla legge regionale 12 aprile 2011, n. 9 recante "Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo" e modifica all'art. 63 della L.R. n. 1/2012 recante: Legge finanziaria regionale 2012» - con la sentenza n. 85 del 2014 aveva dichiarato il ricorso in parte infondato, perche' la disposizione allora censurata non era afferente alla materia dell'ambiente, e in parte inammissibile, perche' non era stato specificato come il riferimento alla potenza efficiente potesse esplicare influenza sui costi. La disposizione oggi impugnata - prosegue la difesa statale - sostituisce il comma 1-bis dell'art. 12 della legge regionale n. 25 del 2011 e fornisce espressamente una definizione di potenza efficiente, da intendersi quale «massima potenza elettrica, con riferimento alla potenza attiva, comunque realizzabile dall'impianto durante un intervallo di tempo di funzionamento pari a 4 ore, supponendo le parti dell'impianto in funzione in piena efficienza e nelle condizioni ottimali di portata e di salto». L'Avvocatura generale dello Stato ritiene tale disciplina «gravemente violativa dei principi di concorrenza, la cui tutela e' rimessa alla normazione statale secondo la previsione dell'art. 117, comma 2, lettera e) Cost.». La difesa dello Stato osserva che la giurisprudenza costituzionale, con le sentenze n. 64 e n. 28 del 2014, ha riconosciuto che, in relazione al settore dell'attivita' di generazione idroelettrica, il legislatore statale ha «affrontato l'esigenza di tutelare la concorrenza garantendo l'uniformita' della disciplina sull'intero territorio nazionale», prevedendo espressamente, in particolare, che con decreto del Ministro per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza Stato-Regioni, siano stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle Regioni, di valori massimi delle concessioni ad uso idroelettrico (art. 37, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 134). La circostanza che detto decreto ministeriale non sia stato ancora adottato non farebbe venire meno la competenza statale esclusiva in materia di «tutela della concorrenza». Alla luce di tale quadro normativo, il ricorrente lamenta che la disciplina regionale censurata avrebbe «l'effetto di alterare le condizioni concorrenziali sul territorio nazionale, discriminando gli operatori idroelettrici insediati in Abruzzo», cosi' violando l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Tutte le Regioni, infatti, adottano canoni parametrati alla potenza nominale media di concessione, con valori oscillanti tra i 13 e i 37 euro per Kw, mentre la disposizione regionale impugnata, nel definire la potenza efficiente come quella «teoricamente producibile durante quattro ore di ipotetico funzionamento, in condizioni ottimali di portata e di salto, sfruttando la massima efficienza possibile dell'impianto», prevede una diversa grandezza di riferimento la quale, essendo sovrastimata, puo' discostarsi di molto dal valore della potenza nominale. Conseguentemente, l'importo dei canoni potrebbe risultare triplicato, sino a raggiungere un ammontare pari a un terzo dell'attuale prezzo di vendita dell'energia elettrica. 2.- Con memoria depositata l'11 febbraio 2016 si e' costituita in giudizio la Regione Abruzzo, chiedendo che sia dichiarata cessata la materia del contendere o, in subordine, l'infondatezza del ricorso. 2.1.- La difesa della resistente ripercorre, innanzitutto, l'evoluzione della legislazione regionale in materia di canoni idroelettrici, per poi rilevare come, successivamente alla proposizione del ricorso, sia stata approvata la legge della Regione Abruzzo 19 gennaio 2016, n. 5, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio pluriennale 2016-2018 della Regione Abruzzo (Legge di stabilita' Regionale 2016)», il cui art. 11, comma 6, e' intervenuto sull'art. 12 della legge regionale n. 25 del 2011. In particolare, il legislatore regionale ha disposto la sostituzione del comma 1-bis del suddetto art. 12, come precedentemente modificato dalla disposizione censurata, sostanzialmente ripristinando - secondo la difesa della Regione - la previsione antecedente alla normativa impugnata che, per la definizione di potenza efficiente, rinviava alla definizione ufficiale utilizzata dal GSE e dall'Autorita' per l'energia elettrica ed il gas (AEEG). Osserva la Regione Abruzzo che su tale previsione antecedente la Corte costituzionale era stata gia' chiamata a pronunciarsi su ricorso dello Stato, dichiarato in parte infondato e in parte inammissibile con la sentenza n. 85 del 2014: in detta occasione, si affermo', per un verso, che «l'unico principio fondamentale della materia e' quello dell'onerosita' della concessione e della proporzionalita' del canone alla entita' dello sfruttamento della risorsa pubblica e all'utilita' economica che il concessionario ne ricava»;

per un altro, che il Presidente del Consiglio dei ministri non aveva dimostrato quale influenza sui costi avesse il riferimento alla potenza efficiente. Nella...

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