n. 58 SENTENZA 7 febbraio - 23 marzo 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92 (Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonche' per l'esercizio dell'attivita' d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale), promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Taranto nel procedimento penale a carico di S. R. e altri, con ordinanza del 14 luglio 2015, iscritta al n. 67 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 2018 il Giudice relatore Marta Cartabia. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 14 luglio 2015 (r. o. n. 67 del 2017), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Taranto ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92 (Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonche' per l'esercizio dell'attivita' d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale) in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 32, primo comma, 35, primo comma, 41, secondo comma, e 112 della Costituzione. 1.1.- Il rimettente ha precisato di essere investito della decisione sull'istanza, depositata nella segreteria del Pubblico ministero del medesimo Tribunale e da questi trasmessa all'ufficio del giudice per le indagini preliminari, avanzata dalla difesa di ILVA spa in amministrazione straordinaria (d'ora innanzi: ILVA), affinche' venisse data attuazione al citato art. 3 del d.l. n. 92 del 2015 in riferimento al sequestro preventivo dell'altoforno denominato "Afo2" presso lo stabilimento di Taranto della societa'. 1.2.- Si procedeva, infatti, a carico di R. S. e altri dirigenti e tecnici in servizio presso tale stabilimento, in relazione ai reati di cui agli artt. 110 e 437, commi 1 e 2, del codice penale - per avere, in concorso, omesso di predisporre cautele volte a prevenire la proiezione di materiale incandescente e strumentazioni idonee a garantire l'incolumita' dei lavoratori, da cui e' derivato l'infortunio mortale di un operaio - e agli artt. 113 e 589 cod. pen., per avere determinato la morte del predetto operaio mediante le omissioni di cui sopra. Nella fase delle indagini preliminari, il pubblico ministero ha disposto, con decreto del 18 giugno 2015, il sequestro preventivo d'urgenza, senza facolta' d'uso, del citato altoforno, ravvisando le esigenze cautelari di cui all'art. 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale. Con ordinanza del 29 giugno 2015, il rimettente ha convalidato il decreto del pubblico ministero e ha disposto il sequestro preventivo dello stesso impianto, senza facolta' d'uso. E' quindi intervenuto l'impugnato art. 3 del d.l. n. 92 del 2015, la cui rubrica recita: «Misure urgenti per l'esercizio dell'attivita' di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario». Il comma 1 prevede che «[a]l fine di garantire il necessario bilanciamento tra le esigenze di continuita' dell'attivita' produttiva, di salvaguardia dell'occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell'ambiente salubre, nonche' delle finalita' di giustizia, l'esercizio dell'attivita' di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non e' impedito dal provvedimento di sequestro [...] quando lo stesso si riferisca ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori», specificando che cio' era gia' previsto dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 (Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231. Il comma 2 aggiunge che «[t]enuto conto della rilevanza degli interessi in comparazione, nell'ipotesi di cui al comma 1, l'attivita' d'impresa non puo' protrarsi per un periodo di tempo superiore a 12 mesi dall'adozione del provvedimento di sequestro». Il successivo comma 3 stabilisce poi che «[p]er la prosecuzione dell'attivita' degli stabilimenti di cui al comma 1, senza soluzione di continuita', l'impresa deve predisporre, nel termine perentorio di 30 giorni dall'adozione del provvedimento di sequestro, un piano recante misure e attivita' aggiuntive, anche di tipo provvisorio, per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, riferite all'impianto oggetto del provvedimento di sequestro», aggiungendo che «[l]'avvenuta predisposizione del piano e' comunicata all'autorita' giudiziaria procedente». Il comma 4 dispone, inoltre, che «[i]l piano e' trasmesso al Comando provinciale dei Vigili del fuoco, agli uffici della ASL e dell'INAIL competenti per territorio per le rispettive attivita' di vigilanza e controllo, che devono garantire un costante monitoraggio delle aree di produzione oggetto di sequestro, anche mediante lo svolgimento di ispezioni dirette a verificare l'attuazione delle misure ed attivita' aggiuntive previste nel piano», ulteriormente precisando che «[l]e amministrazioni provvedono alle attivita' previste dal presente comma nell'ambito delle competenze istituzionalmente attribuite, con le risorse previste a legislazione vigente». Infine, il comma 5, contiene una disposizione transitoria, in base alla quale «[l]e disposizioni del presente articolo si applicano anche ai provvedimenti di sequestro gia' adottati alla data di entrata in vigore del presente decreto e i termini di cui ai commi 2 e 3 decorrono dalla medesima data». 1.3.- I difensori di ILVA hanno chiesto al pubblico ministero di dare attuazione al citato art. 3 del d.l. n. 92 del 2015, il quale, nella loro interpretazione, dispone una sospensione ex lege dell'esecuzione del vincolo reale, rispetto alla quale il provvedimento dell'autorita' giudiziaria competente - individuata nel pubblico ministero in quanto organo che si deve occupare dei profili esecutivi del sequestro preventivo - assumerebbe mero valore dichiarativo. 1.4.- Il pubblico ministero ha trasmesso gli atti per la decisione al giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, esprimendo parere contrario all'accoglimento dell'istanza. In particolare, la pubblica accusa ha ritenuto che il citato art. 3 del d.l. n. 92 del 2015 non potesse caducare il provvedimento di sequestro in atto, in quanto altrimenti si sarebbe realizzata un'ingerenza del potere legislativo nelle prerogative di quello giudiziario. Inoltre, il provvedimento di sequestro di uno degli altoforni non avrebbe compromesso l'intera attivita' di impresa, con la conseguenza che la disposizione in esame - la quale e' dichiaratamente volta allo scopo di garantire la continuita' dell'esercizio dell'attivita' di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale - non sarebbe stata applicabile alla specie. L'organo competente a decidere sarebbe stato, dunque, il giudice delle indagini preliminari, quale organo che aveva emesso il provvedimento di sequestro sulla cui «sostanza» la disposizione legislativa avrebbe inciso. In via subordinata, lo stesso pubblico ministero ha chiesto di sollevare questione di legittimita' costituzionale del citato art. 3 del d.l. n. 92 del 2015. 1.5.- Il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto di essere competente a decidere sull'istanza. Secondo il rimettente, infatti, la disposizione in esame avrebbe sottoposto il sequestro a una condizione sospensiva negativa di efficacia - realizzata dalla mancata predisposizione, da parte dell'impresa, di un piano di intervento entro trenta giorni dal provvedimento - e a un termine dilatorio eventuale, cosi' da stabilire la durata massima dell'esercizio...

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