n. 5 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 gennaio 2015 -

Ricorso della Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 3 dell'8 gennaio 2015, rappresentato e difeso dall'avv. Alfonso Papa Malatesta (PEC: a.papamalatesta@cert.vmassociati.it) e dall'avv. Vittorio Triggiani ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, Piazza Barberini n. 12, come da mandato a margine del presente atto, Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1, commi 2, 4, 10-bis e 11;

17, comma 1, lett. b);

17-bis;

37, comma 2, lettere a) e c-bis);

38, commi 1-bis, 4, 6, lett. b), e 10, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive), come risultanti dalla conversione in legge, con modificazioni, tramite la legge n. 164 del 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 262 dell'11 novembre 2014, per violazione degli articoli 3, primo comma, 117, secondo, terzo e sesto comma, 118, primo e secondo comma, 120, secondo comma, della Costituzione. I. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 4, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, per violazione dell'art. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto, disponendo che all'approvazione dei progetti delle opere relativi alla tratta ferroviaria Napoli-Bari provveda il Commissario individuato ai sensi del precedente comma 1, senza prevedere che la Regione specificamente interessata dalla singola opera sia in tutti i casi parte necessaria del procedimento decisionale, lede le competenze legislative della Regione in materia di «grandi reti di trasporto e di navigazione» e di «governo del territorio», nonche' le competenze amministrative che alla medesima spettano in base al principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost., ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent. n. 303 del 2003 della Corte costituzionale. I.1. - L'art. 1 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, detta, per quel che qui e' di piu' prossimo interesse, «Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi ferroviari Napoli - Bari e Palermo-Catania-Messina». In particolare, l'art. 1, comma 1, attribuisce all'Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato s.p.a. il ruolo di «Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli - Bari, di cui al Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443» per il periodo di due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo d.l. n. 133. Il comma 2 - che in questa sede specificamente si contesta, insieme al successivo comma 4 - prevede inoltre che, «allo scopo di poter celermente stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, in modo da poter avviare i lavori relativi a parte dell'intero tracciato entro e non oltre il 31 ottobre 2015», il Commissario per la realizzazione delle opere afferenti alla tratta ferroviaria Napoli-Bari provveda «all'approvazione dei relativi progetti». Il comma 4, dal canto suo, stabilisce che, entro 15 giorni dall'approvazione di tali progetti, debba essere convocata la conferenza di servizi per la realizzazione degli interventi necessari, disponendo altresi' che, laddove venga manifestato un dissenso da parte di una (o piu' d'una) delle amministrazioni invitate tra quelle preposte «alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumita'», si applichino le procedure di superamento del dissenso disciplinate dall'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 (modificato, da ultimo, proprio dall'art. 25, comma 1, lett. b), dello stesso d.l. n. 133 del 2014), che prevedono il coinvolgimento delle predette amministrazioni. In particolare, il citato comma 3 dell'art. 14-quater, dispone che, nei casi di dissenso sopra menzionati, la questione, sia «rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che ha natura di atto di alta amministrazione». La disposizione citata prevede inoltre quanto segue: «Il Consiglio dei Ministri si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra piu' amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra piu' enti locali, motivando un'eventuale decisione in contrasto con il motivato dissenso. Se l'intesa non e' raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri puo' essere comunque adottata. Se il motivato dissenso e' espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, ai fini del raggiungimento dell'intesa, entro trenta giorni dalla data di rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei Ministri, viene indetta una riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la partecipazione della regione o della provincia autonoma, degli enti locali e delle amministrazioni interessate, attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volonta' dell'amministrazione sulle decisioni di competenza. In tale riunione i partecipanti debbono formulare le specifiche indicazioni necessarie alla individuazione di una soluzione condivisa, anche volta a modificare il progetto originario, motivando un'eventuale decisione in contrasto con il motivato dissenso. Se l'intesa non e' raggiunta nel termine di ulteriori trenta giorni, e' indetta una seconda riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con le medesime modalita' della prima, per concordare interventi di mediazione, valutando anche le soluzioni progettuali alternative a quella originaria. Ove non sia comunque raggiunta l'intesa, in un ulteriore termine di trenta giorni, le trattative, con le medesime modalita' delle precedenti fasi, sono finalizzate a risolvere e comunque a individuare i punti di dissenso. Se all'esito delle predette trattative l'intesa non e' raggiunta, la deliberazione del Consiglio dei Ministri puo' essere comunque adottata con la partecipazione dei Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate». L'art. 1, comma 4, del d.l. n. 133 del 2014, nel richiamare detta normativa, prevede inoltre il dimezzamento dei termini sopra menzionati. I.2. - Come emerge chiaramente dalle disposizioni citate, in base al combinato disposto dei commi 2 e 4 dell'art. 1 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, l'amministrazione statale procedente ha l'obbligo di ricercare il consenso delle Regioni specificamente interessate dalle opere in questione e di coinvolgerle nelle articolate procedure previste dall'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 al fine del superamento dell'eventuale dissenso, solo nei casi in cui tali Regioni siano titolari di funzioni amministrative incidenti sulla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, sul patrimonio storico-artistico o sulla tutela della salute e della pubblica incolumita'. In tutti gli altri casi, invece, sull'amministrazione statale procedente non gravano tali obblighi, potendo essa del tutto prescindere dalla ricerca del consenso delle Regioni interessate. Tale assetto normativo e' da ritenere incostituzionale, in quanto contrastante con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., per le ragioni che di seguito si espongono. I.3. - Risulta evidente che le materie sulle quali interviene la disciplina rapidamente descritta siano ascrivibili alla competenza legislativa concorrente regionale, disciplinata dall'art. 117, terzo comma, Cost. In particolare, vengono in rilievo al riguardo le materie delle «grandi reti di trasporto e di navigazione» e del «governo del territorio». In base alla disposizione costituzionale citata, dunque, lo Stato risulta legittimato a porre soltanto principi fondamentali della materia, e non discipline dettagliate e autoapplicative dell'azione amministrativa, non potendo, del resto, neppure procedere direttamente all'allocazione delle relative funzioni amministrative (cfr., ad es., sent. n. 336 del 2005, par. 7.1 del Considerato in diritto). Da una «prima lettura» delle disposizioni costituzionali coinvolte, dunque, si ricava che la legge statale non potrebbe in alcun modo avocare a se stessa funzioni amministrative nelle materie di competenza concorrente, e disciplinarne l'esercizio. E' ormai ben noto, tuttavia, che la giurisprudenza costituzionale, a partire dalle «celebri» sentenze nn. 303 del 2003 e 6 del 2004, ha ritenuto che, in tali circostanze, la legge statale possa operare nel senso citato - e superare lo scrutinio di legittimita' costituzionale - a patto pero' che in essa si prevedano adeguati meccanismi collaborativi che coinvolgano le Regioni specificamente interessate. Cio' in quanto l'«elemento di flessibilita'» del riparto delle competenze amministrative contenuto nell'art. 118, primo comma, Cost., ossia l'insieme dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, e' destinato a ripercuotersi anche su quelle legislative, e richiede necessariamente, per il suo operare, che ad esso sia connessa «una valenza squisitamente procedimentale», tale per cui «la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato» sia non solo «proporzionata» e priva di elementi di «irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita'», ma anche «oggetto di un accordo stipulato con...

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