n. 5 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 novembre 2018 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima Sezione penale composta da: Mariastefania Di Tomassi, Presidente;

Michele Bianchi, relatore;

Teresa Liuni;

Raffaello Magi;

Alessandro Centonze, ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: H. B. nato il ... avverso l'ordinanza del 23 maggio 2017 del Tribunale sorveglianza di Firenze;

udita la relazione svolta dal consigliere Michele Bianchi;

lette le conclusioni del p.g. dott. Francesco Salzano che ha chiesto il rigetto del ricorso. Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza pronunciata in data 23 maggio 2017 il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha respinto il reclamo proposto da H. B. avverso il decreto, pronunciato in data 28 marzo 2017, con cui il Magistrato di sorveglianza di Firenze aveva dichiarato inammissibile la richiesta di permesso premio avanzata dal medesimo condannato. Il Tribunale premette che il condannato era, dal 24 luglio 2005, in espiazione di pena determinata in ventuno anni e cinque mesi di reclusione, considerati il periodo sofferto in custodia cautelare e la pena oggetto di indulto, per effetto di diverse condanne, oggetto di cumulo, per i reati di sequestro di persona a scopo di estorsione (tredici anni di reclusione), rapina aggravata e cessione di stupefacenti aggravata per l'ingente quantita'. Da' atto che in relazione alla condanna per l'art. 630 codice penale era stata riconosciuta la circostanza attenuante del fatto di lieve entita' introdotta dalla sentenza n. 68 del 2012 della Corte costituzionale (con ordinanza del giudice dell'esecuzione del 27 settembre 2016). Cio' nonostante, ritiene che il beneficio penitenziario richiesto non fosse concedibile in quanto precluso, in assenza di collaborazione, dal titolo del reato, ex art. 630 codice penale appunto, in relazione al quale era intervenuta la condanna ad anni tredici di reclusione, ricompreso nell'elenco dei reati ostativi ai sensi dell'art. 4-bis, comma 1, legge 26 luglio 1975, n. 354 (recante Norme sull'ordinamento penitenziario). Non aveva, infatti, rilievo, al fine della esclusione della preclusione, la attenuante riconosciuta ne' risultava alcuna delle ipotesi di collaborazione effettiva, impossibile o irrilevante, di cui al comma 1-bis della norma citata, neppure prospettate dal condannato. E neppure risultava ancora per gli altri reati l'avvenuta espiazione di almeno meta' della pena, come richiesto dall'art. 30-ter, quarto comma lettera c), ord. pen., avuto riguardo al principio che, in presenza di plurime condanne riferibili anche a reati ostativi alla concessione dei benefici penitenziari, e' necessario operare lo scioglimento del cumulo al fine di accertare che la pena inflitta per il reato ostativo sia stata interamente espiata e, in caso positivo, individuare il dies a quo, rilevante al fine di verificare la sussistenza dei requisiti di legge per la concessione del beneficio, dal giorno in cui e' avvenuta la espiazione della pena per il reato ostativo e non dall'inizio della carcerazione. 2. Ha proposto ricorso per cassazione personalmente H. B. Osserva che il riconoscimento della attenuante della lieve entita' del fatto al reato di cui all'art. 630 codice penale e' incompatibile con una valutazione della condotta in termini di grave allarme sociale e dunque risulta in contrasto con la ratio che ispira la disciplina del divieto di concessione dei benefici penitenziari per certuni reati, considerati ostativi. Denunzia, per conseguenza, la illegittimita' costituzionale, con riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 4-bis, comma 1-bis, ord. pen. nella parte in cui, non dando rilievo alla attenuante della speciale tenuita' del fatto ai fini del venir meno della preclusione ai benefici penitenziari, detta una disciplina irragionevolmente diversa rispetto a quella prevista nel caso di riconoscimento di altre attenuanti (art. 62, primo comma, n. 6;

114;

116, secondo comma, codice penale). Aggiunge di aver riportato condanna per spaccio di stupefacenti, in realta' e a differenza di quanto riportato nel provvedimento impugnato, non aggravato ai sensi dell'art. 80 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. La pena gia' espiata avrebbe percio' consentito l'accesso al beneficio. 3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso sul rilievo che la previsione normativa di reati cosi' detti ostativi ai benefici penitenziari, salva l'avvenuta collaborazione con gli inquirenti ovvero i casi di collaborazione impossibile od oggettivamente irrilevante, non viola il principio costituzionale della finalita' rieducativa della pena;

ha aggiunto che correttamente il Tribunale aveva ritenuto insussistenti le condizioni di legge per la concessione al ricorrente del beneficio richiesto. Considerato in diritto 1. Preliminarmente va rilevato che il ricorso presentato personalmente dalla parte e' ammissibile in quanto rivolto avverso ordinanza pronunciata in data 23 maggio 2017, e dunque in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, che, novellando gli articoli 571 e 613 codice di procedura penale, ha escluso la facolta' di...

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