n. 49 SENTENZA 14 gennaio - 26 marzo 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - Testo A), promossi dal Tribunale ordinario di Teramo, in composizione monocratica, con ordinanza del 17 gennaio 2014 e dalla Corte di cassazione, terza sezione penale, con ordinanza del 20 maggio 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 101 e 209 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 26 e 48, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 gennaio 2015 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto in fatto 1.- La Corte di cassazione, terza sezione penale, con ordinanza depositata il 20 maggio 2014 (r.o. n. 209 del 2014), ha sollevato una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - Testo A), in riferimento agli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui, in forza dell'interpretazione della Corte europea dei diritti dell'uomo, tale disposizione «non puo' applicarsi nel caso di dichiarazione di prescrizione del reato anche qualora la responsabilita' penale sia stata accertata in tutti i suoi elementi». Il giudice a quo premette di conoscere del ricorso proposto contro una sentenza della Corte d'appello di Roma, che, tra le altre statuizioni, ha disposto la confisca di immobili e terreni oggetto di lottizzazione abusiva. Si e' trattato, in particolare, della realizzazione di una struttura residenziale di 285 abitazioni, in contrasto con gli strumenti urbanistici e in luogo del previsto «complesso di case-albergo per anziani». Con riferimento al reato di lottizzazione abusiva, punito dall'art. 44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001, gli imputati sono stati prosciolti per estinzione del reato conseguente a prescrizione. Al giudizio penale hanno partecipato anche acquirenti delle abitazioni frutto della lottizzazione, in qualita' di parti civili. Il rimettente riferisce che «almeno per quindici di esse si pone il problema della confiscabilita' degli immobili», posto che tale misura, disposta dal giudice del merito, li raggiungerebbe, in quanto proprietari del bene, ai sensi dell'impugnato art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001. Tale disposizione stabilisce che la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi e' stata lottizzazione abusiva dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Il giudice rimettente precisa che la confisca «puo' essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato, purche' sia accertata - come avvenuto nel caso in esame - la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che assicuri il contraddittorio e la piu' ampia partecipazione degli interessati, e che verifichi l'esistenza di profili quantomeno di colpa sotto l'aspetto dell'imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza dei soggetti nei confronti dei quali la misura viene ad incidere». Per quanto concerne la posizione degli imputati, la Corte di cassazione esclude di poter accogliere la domanda di assoluzione per insussistenza del fatto, perche', quanto al proscioglimento per intervenuta prescrizione, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., «non puo' dirsi che dagli atti emerga l'assoluta assenza della prova di colpevolezza» a loro carico. Ne consegue che i ricorsi andrebbero rigettati anche con riguardo ai «capi della sentenza impugnata con cui e' stata disposta la confisca delle aree e dei terreni lottizzati». Il rimettente, in altri termini, si troverebbe a confermare una sentenza che, pur in presenza di una causa estintiva del reato, reca l'accertamento della lottizzazione abusiva e a valutare se la confisca, prevista in tal caso dall'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, possa raggiungere il terzo acquirente dell'immobile oggetto del reato. Su quest'ultimo punto, la Corte di cassazione osserva che «Non emergono [...] elementi incontrovertibili da cui possa escludersi che i 15 acquirenti e i restanti promissari acquirenti gli immobili abusivamente lottizzati, costituitisi parti civili nel presente processo, fossero qualificabili come terzi di buona fede», come la Corte d'appello avrebbe illustrato nella propria decisione oggetto di ricorso. Pertanto «la disposta confisca dovrebbe essere confermata, con innegabile sacrificio patrimoniale del diritto di proprieta', non potendo gli stessi qualificarsi come terzi estranei al reato di lottizzazione abusiva per il solo fatto di non aver mai rivestito la qualita' di persona sottoposta ad indagini od imputato, ne' l'intervenuta costituzione di parte civile e' decisiva per affermarne l'estraneita'». Tuttavia, il giudice a quo, dopo aver dato atto che la consolidata interpretazione dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, anche alla luce della sentenza n. 239 del 2009 di questa Corte, imporrebbe di confiscare i beni, da' conto della sopravvenienza della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo 29 ottobre 2013, Varvara contro Italia (ric. n. 17475 del 2009), e ritiene che essa abbia modificato il contenuto della disposizione censurata. La Corte europea, infatti, avrebbe statuito che, in base all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 1 del relativo Primo Protocollo addizionale, la confisca non possa mai essere disposta in difetto di una sentenza di condanna per il reato di lottizzazione abusiva, ed in particolare quando si e' verificata l'estinzione del reato. Il rimettente osserva che simile indirizzo, non univoco nella giurisprudenza europea, si pone in conflitto con una linea di tendenza legislativa volta a prevedere ipotesi di «confisca senza condanna», come ad esempio disporrebbe, in talune ipotesi, la direttiva 3 aprile 2014, n. 2014/42/UE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea). Tuttavia, esso, promanando dalla Corte di Strasburgo, andrebbe in ogni caso recepito. Una volta assunto l'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 nel significato attribuitogli in senso conforme alla CEDU, il giudice a quo dubita della compatibilita' di tale significato con gli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117, primo comma, Cost., «i quali impongono che il paesaggio, l'ambiente, la vita e la salute siano tutelati quali valori costituzionali oggettivamente fondamentali, cui riconoscere prevalenza nel bilanciamento con il diritto di proprieta'». 2.- Il rimettente specifica che la questione e' rilevante, poiche', allo stato, la disposizione impugnata osterebbe alla confisca dei beni oggetto di lottizzazione abusiva in danno del terzo acquirente, mentre, ove essa fosse accolta, tale misura, gia' disposta dalla Corte d'appello, andrebbe confermata. 3.- Con riguardo alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo enuncia una premessa che accomuna tutte le censure, svolte poi analiticamente con riferimento ai parametri sopra dedotti. La confisca del frutto della lottizzazione abusiva sarebbe l'effetto di una scelta legislativa conseguente agli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117, primo comma, Cost. Infatti, il diritto di proprieta', alla cui salvaguardia sarebbe preposta l'interpretazione dell'art. 44, comma 2, impugnato, valorizzato dalla giurisprudenza europea, sarebbe destinato a recedere di fronte a valori costituzionali di maggior rilievo, tra i quali quelli espressi dalle sopracitate norme costituzionali. La Costituzione, prosegue il rimettente, «certamente riconosce come diritto fondamentale, da definire diritto inviolabile dell'uomo, ai sensi dell'art. 2 Cost., non il diritto di proprieta' privata senza aggettivi, ma il diritto di "proprieta' personale", quella riferibile al soddisfacimento dei bisogni primari dell'uomo», e lo colloca «nel Titolo dedicato ai "Rapporti economici"». Esso, pertanto, «non costituisce un valore assoluto, un diritto fondamentale inviolabile, ma un diritto che esiste secondo la previsione della legge, la quale, tenuto conto del suo obbligo di assicurarne la funzione sociale e di renderl[o] accessibile a tutti, potrebbe anche comprimerl[o]», riducendolo a un nucleo essenziale. In questo contesto, aggiunge il giudice rimettente, «E', quindi, la legge che impone, in caso di "accertata" lottizzazione [...] il sacrificio del diritto di proprieta'». La disposizione impugnata verrebbe invece ad impedire tale sacrificio, esponendosi al dubbio di costituzionalita'. 4.- Passando ad approfondire le censure, il giudice rimettente ritiene leso anzitutto l'art. 2 Cost., poiche' l'art. 44, comma 2, impugnato, imporrebbe «di considerare il diritto di proprieta' come inviolabile», in contrasto con quanto osservato in senso opposto dallo stesso giudice. Sarebbe poi violato l'art. 9 Cost., giacche' omettendo la confisca si pregiudicherebbe il bene dell'ambiente, mentre «La natura di principio fondamentale della nostra Carta costituzionale della tutela del paesaggio e del territorio giustifica, nell'ottica del legislatore, il sacrificio della proprieta' privata». La disposizione impugnata assicurerebbe invece la «prevalenza del diritto di proprieta'», cosi' invertendo la contraria scelta costituzionale. Per le medesime ragioni sarebbe leso l'art. 32 Cost. Il giudice rimettente premette che la «legislazione urbanistica» ha «come obiettivo non soltanto la conservazione di un ordinato assetto territoriale, ma anche quello di garantire la tutela del diritto ad un "ambiente"...

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