n. 38 SENTENZA 24 febbraio - 17 marzo 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 19, 56, commi 1 e 4, e 65 della legge della Regione Veneto 2 aprile 2014, n. 11 (Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2014), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 31 maggio-5 giugno 2014, depositato in cancelleria il 5 giugno 2014 ed iscritto al n. 38 del registro ricorsi 2014. Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 2015 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l'avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Luigi Manzi per la Regione Veneto. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso spedito per la notifica il 31 maggio 2014, ricevuto dalla resistente il 5 giugno 2014 e depositato nella cancelleria di questa Corte nella medesima data (r.r. n. 38 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 19, 56, commi 1 e 4, e 65 della legge della Regione Veneto 2 aprile 2014, n. 11 (Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2014), in riferimento all'art. 117 della Costituzione, relativamente sia al primo comma, sia al secondo comma, lettera s). Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato anzitutto l'art. 65 della legge reg. Veneto n. 11 del 2014, che, in attesa di un'organica disciplina in materia di tutela della biodiversita', detta una serie di misure a tutela della rete ecologica regionale «Natura 2000». Il ricorrente ha riscontrato un contrasto con l'art. 5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche), come modificato dall'art. 6 del decreto del d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche). Ne conseguirebbe la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., ove prescrive che la potesta' legislativa regionale deve rispettare i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, e dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che attribuisce la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema alla competenza esclusiva dello Stato. Infatti, la disposizione impugnata, conferendo alla Giunta regionale il compito di definire, con apposite linee guida, i criteri affinche' l'attuazione di una serie di interventi non sia assoggettata a valutazione di incidenza ambientale (VINCA), risulterebbe violare l'art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997, che invece prevedrebbe l'assoggettamento a tale valutazione di ogni piano, progetto o intervento che possa incidere sullo stato di conservazione dell'equilibrio ambientale. Il ricorrente ha impugnato altresi' l'art. 56, commi 1 e 4, della legge reg. Veneto n. 11 del 2014, che disciplina la combustione controllata sul luogo di produzione dei residui vegetali. Il comma 1 consente la combustione controllata sul luogo di produzione dei residui vegetali derivanti da attivita' agricole o da attivita' di manutenzione di orti o giardini privati, effettuata secondo le normali pratiche o consuetudini. Il successivo comma 4 dispone che tale attivita' non costituisce gestione dei rifiuti o combustione illecita. Ad avviso del ricorrente, tali previsioni confliggerebbero con l'art. 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), d'ora in avanti "codice dell'ambiente", che, nel testo modificato dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive), ha recepito l'art. 2, paragrafo 1, lettera f), della suddetta direttiva n. 2008/98/CE: questa disposizione, nell'interpretazione proposta dall'Avvocatura generale dello Stato, richiederebbe che tali materiali vegetali, per poter essere esclusi dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti, siano riutilizzati seguendo processi e metodi che non danneggino l'ambiente ne' mettano in pericolo la salute umana. In questa chiave, tali residui rientrerebbero nella nozione di «sottoprodotto» e potrebbero percio' essere esclusi dalla disciplina sui rifiuti solo a condizione che sussistano, in concreto, tutti i requisiti elencati nell'art. 184-bis del codice dell'ambiente, secondo una valutazione effettuata caso per caso, e non in via generale come invece consentono le disposizioni impugnate. Queste ultime, pertanto, risulterebbero contrastare con l'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. Ulteriori censure del ricorrente sono rivolte nei confronti dell'art. 19 della legge reg. Veneto n. 11 del 2014, che autorizza la Giunta regionale a prevedere, nel rapporto con gli appaltatori per opere di regimazione di corsi d'acqua comprendenti la rimozione di materiali litoidi, il sistema della remunerazione tramite compensazione tra l'onere della realizzazione dei lavori e il valore del materiale estratto riutilizzabile, quest'ultimo da calcolarsi sulla base dei vigenti canoni demaniali. Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, infatti, tale disposizione sarebbe illegittima per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dato che non prevede alcun controllo circa le caratteristiche del materiale litoide estratto dai corsi d'acqua e non richiama la normativa statale di settore che regola la materia - contenuta nell'art. 4 del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161 (Regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo) - laddove, in applicazione dell'art. 184-bis, comma 1, del codice dell'ambiente, stabilisce quali siano i requisiti che devono sussistere, contemporaneamente e cumulativamente, perche' il materiale da scavo possa considerarsi «sottoprodotto» ai sensi dell'art. 183, comma 1, lettera qq), del codice dell'ambiente. In assenza di questi requisiti, il materiale in questione dovrebbe qualificarsi come rifiuto e pertanto essere assoggettato alla relativa normativa. Il ricorrente, a supporto della censura, ha richiamato la giurisprudenza costituzionale in materia, e...

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