n. 36 SENTENZA 13 gennaio - 19 febbraio 2016 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), come aggiunti dall'art. 55, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, promossi dalla Corte d'appello di Firenze, seconda sezione civile, con ordinanze del 14 ottobre 2013, del 27 febbraio, del 13 maggio (due ordinanze), del 17 aprile e del 3 marzo 2014, rispettivamente iscritte al n. 181 del registro ordinanze 2014 ed ai nn. 8, 9, 10, 11 e 12 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2014 e n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visti gli atti di costituzione di Basile Anna Maria, di Bellucci Marcello, di Salsano Pietro, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 2016 e nella camera di consiglio del 13 gennaio 2016 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

uditi gli avvocati Ferdinando Emilio Abbate per Basile Anna Maria e Salsano Pietro, e l'avvocato dello Stato Tito Varrone per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 14 ottobre 2013 (r.o. n. 181 del 2014), la Corte d'appello di Firenze, seconda sezione civile, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), come aggiunti dall'art. 55, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848. Il rimettente premette di dover decidere il ricorso con cui la parte ha proposto opposizione contro un decreto che, in accoglimento della domanda di equa riparazione ai sensi dell'art. 2 della legge n. 89 del 2001, ha stimato in un anno e dieci mesi il tempo che ha ecceduto la ragionevole durata del processo. Si e' trattato, in particolare, di un procedimento avviato proprio sulla base della legge n. 89 del 2001, a causa della eccessiva durata di un altro giudizio. Il procedimento finalizzato al ristoro del pregiudizio subito, a sua volta, ha avuto una durata complessiva di sette anni e dieci mesi e si e' svolto in due gradi. Il giudice a quo osserva che la durata del periodo oggetto di ristoro e' stata determinata in applicazione dell'art. 2, comma 2-ter, introdotto dall'art. 55, comma 1, lettera a), numero 2), del d.l. n. 83 del 2012. Tale disposizione stabilisce che «Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni». Ne consegue che, sottratti i sei anni dalla durata complessiva del primo procedimento avviato in forza della legge n. 89 del 2001, residua il solo periodo gia' indicato di un anno e dieci mesi. Il rimettente, dopo avere motivatamente respinto le eccezioni di inammissibilita' del ricorso sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato, osserva che la giurisprudenza di legittimita' formatasi anteriormente alla novella del 2012 e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo avevano indicato in due anni il limite di ragionevole durata complessiva del procedimento previsto dalla legge n. 89 del 2001. Analoga conclusione si imporrebbe oggi, in base al dettato costituzionale, tenuto conto che il procedimento ha carattere semplificato, si svolge in un unico grado di merito, accerta fatti di immediata evidenza e persegue finalita' acceleratorie. Il legislatore, prescrivendo anche per tale procedimento un termine di durata ragionevole pari a sei anni, avrebbe violato gli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6 della CEDU. Ne' il giudice potrebbe interpretare l'art. 2, comma 2-ter, in senso conforme alla Costituzione, perche' esso si applica «ad ogni procedimento civile per cui non sia disposto diversamente, e non solo al giudizio ordinario di cognizione;

tanto e' vero che, per alcune procedure speciali, come quella esecutiva, e quella concorsuale, la legge ha previsto termini diversi e specifici». La Corte rimettente censura, sulla base dei medesimi parametri e per analoghe ragioni, anche l'art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89 del 2001, nella parte in cui determina la durata ragionevole del primo grado di un processo in tre anni e quella del giudizio di legittimita' in un anno. Il giudice a quo afferma che, una volta dichiarata l'illegittimita' costituzionale del termine complessivo di sei anni, dovrebbe trovare applicazione questa norma, parimenti sospetta di illegittimita' costituzionale, e precisa che, nel caso di specie, il giudizio, sommando le fasi di merito e di legittimita', avrebbe dovuto avere la durata di quattro anni. 2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili. Con riferimento all'art. 2, comma 2-ter, l'Avvocatura eccepisce che il giudice a quo avrebbe potuto adottare un'interpretazione costituzionalmente orientata, in base alla quale ritenere che il limite di sei anni di durata complessiva del procedimento non sia vincolante, quando quest'ultimo ha carattere semplificato. Inoltre la questione sarebbe inammissibile perche' non potrebbe dar luogo a un intervento di questa Corte a "rime obbligate". 3.- Si e' costituita nel processo incidentale la parte del giudizio principale, la quale rileva, anzitutto, che l'art. 2, comma 2-ter, sarebbe applicabile solo ai procedimenti svoltisi in tre gradi di giudizio, in quanto la disposizione andrebbe letta in collegamento con l'art. 2, comma 2-bis...

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