n. 341 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 giugno 2015 -

TRIBUNALE DI LECCE sezione del riesame Il Tribunale, riunitosi in camera di consiglio nelle persone di: dott. Silvio M. Piccinno, Presidente;

dott. Pia Verderosa, Giudice;

dott. Antonio Gatto, Giudice;

Ha pronunziato la seguente ordinanza nei confronti di V. D., n. ... il ... sul ricorso presentato il 4 giugno 2015 avverso l'ordinanza emessa dal g.u.p. presso il Tribunale di Brindisi in data 1° giugno 2015 con la quale si disponeva la misura cautelare della custodia cautelare in carcere. 1. Il giudice applicava detta misura avendo ritenuto sussistere nei confronti del ricorrente ed altri tre concorrenti gravi indizi di colpevolezza dei delitti di cui agli articoli 110, 624 e 625 nn. 2 e 5 e 61 n. 5 c.p. nonche' di quello di cui agli articoli 110, 648 e 61 n. 2 c. p. per essersi impossessati, in tempo di notte e travisati da passamontagna, di quattro slotmachine ed una macchina cambia soldi contenenti la somma complessiva di €

3.529 sottraendole a P. L. che le deteneva nel proprio esercizio ... dove i suddetti si erano portati con le vetture ..., entrambe compendio di furto. Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso il difensore per l'annullamento dell'ordinanza. 2. All'udienza del 16 giugno 2015 il difensore chiedeva preliminarmente che il procedimento si svolgesse in pubblica udienza e sollevava questione di costituzionalita' dell'art. 309, comma 8, in relazione all'art. 127 c.p.p. sulla base delle considerazioni che seguono: «il V. per il tramite dello scrivente difensore, ha interesse a richiedere la celebrazione dell'udienza fissata come «camerale» per il 16 giugno 2015, nelle forme della pubblica udienza, atteso che trattasi di accertamento che incide in modo determinante su un diritto costituzionalmente tutelato, laddove e' indubbio che l'accertamento in ordine alla sussistenza dei requisiti necessari per l'adozione (o meno) di una misura cautelare personale risponde ad esigenze di natura generalpreventiva (cosi' per le esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p.) ovvero piu' propriamente repressiva;

Osservato, che proprio in data odierna la Corte Costituzionale con sentenza n. 109/2015 ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale degli articoli 666, comma 3, 667, comma 4, e 676 cod. proc. pen., nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento di opposizione contro l'ordinanza in materia di applicazione della confisca si svolga, davanti al giudice dell'esecuzione, nelle torme dell'udienza pubblica»;

Rilevato, ancora, che gia' in passato la Consulta, con le sentenze n. 93 del 2010, n. 135 del 2014 e n. 97 del 2015, aveva gia' dichiarato costituzionalmente illegittime le disposizioni regolative, rispettivamente, del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione (art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, recante «Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita'», e art. 2-ter della legge 31 maggio 1965, n. 575, recante «Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere»), del procedimento per l'applicazione delle misure di sicurezza (articoli 666, comma 3, 678, comma 1, e 679, comma 1, cod. proc. pen.) e del procedimento davanti al tribunale di sorveglianza (articoli 666, comma 3, e 678, comma 1, cod. proc. pen.), nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, le procedure stesse si svolgano nelle forme dell'udienza pubblica, quanto ai gradi di merito (la medesima esigenza costituzionale non e' stata ritenuta, invece, ravvisabile relativamente al ricorso per cassazione, in quanto giudizio di impugnazione destinato alla trattazione di questioni di diritto: sentenza n. 80 del 2011)»;

Rilevato ancora che anche la Corte Europea dei diritti dell'uomo ha piu' volte stigmatizzato la compatibilita' dei procedimenti in camera di consiglio con il principio di pubblicita' delle udienze, sancito dall'art. 6 paragrafo 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali («[...] Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata [...], pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale [...]», aggiungendo che «La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza puo' essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una societa' democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicita' possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia»);

Rilevato infatti che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha gia' avuto modo di ritenere in contrasto con l'indicata garanzia convenzionale taluni procedimenti giurisdizionali dei quali la legge italiana prevedeva la trattazione in forma camerale. Cio' e' avvenuto, in specie con riguardo al procedimento applicativo delle misure di prevenzione (sentenza 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza contro Italia, sulla cui scia sentenza 26 luglio 2011, Paleari contro Italia;

sentenza 17 maggio 2011, Capitani e Campanella contro Italia;

sentenza 2 febbraio 2010, Leone contro Italia;

sentenza 5 gennaio 2010, Bongiorno e altri contro Italia;

sentenza 1° luglio 2008, Perre e altri contro Italia) e al procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione (sentenza 10 aprile 2012, Lorenzetti contro Italia);

Osservato che proprio in tale ultima decisione la Corte europea ha qualificato come audizione «essenziale», ai fini del rispetto della citata norma convenzionale, che i singoli coinvolti in una procedura per la riparazione dell'ingiusta detenzione - procedura che, in base alla legge processuale italiana, si svolge appunto in forma camerale - si vedano offrire quanto meno la possibilita' di richiedere una udienza pubblica innanzi alla corte d'appello competente nel merito in unico grado), non essendo ravvisabile alcuna circostanza eccezionale che giustifichi, con riguardo a detta procedura, una deroga generale e assoluta al principio di pubblicita' dei giudizi;

Osservato infine, e con efficacia tranchant anche nel caso di specie, che la Corte europea e' pervenuta a tale conclusione richiamando la propria costante giurisprudenza, secondo la quale la pubblicita' delle procedure giudiziarie tutela le persone soggette alla giurisdizione contro una giustizia segreta, che sfugge al controllo del pubblico, e costituisce anche uno strumento per preservare la fiducia nei giudici, contribuendo cosi' a realizzare lo scopo dell'art. 6 paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ovvero l'equo processo;

Rilevato ancora che proprio nella recentissima sentenza n. 109/2015 il Giudice delle Leggi ha osservato che «la pubblicita' del giudizio - specie di quello penale - rappresenta, in effetti, un principio connaturato ad un ordinamento democratico (ex plurimis, sentenze n. 373 del 1992, n. 69 del 1991 e n. 50 del 1989). Il principio non ha valore assoluto, potendo cedere in presenza di particolari ragioni giustificative, purche', tuttavia, obiettive e razionali (sentenza n. 212 del 1986), e, nel caso del dibattimento penale, collegate ad esigenze di tutela di beni a rilevanza costituzionale (sentenza n. 12 del 1971)»;

Ritenuto pero' che deve escludersi, con riguardo al procedimento oggi in esame, che siano ravvisabili regioni atte a giustificare una deroga generalizzata e assoluta al principio di pubblicita' delle udienze, che in quanto tali escluderebbero che l'indagato possa invocare la pubblicita' dell'udienza nell'ambito di procedimento volto all'accertamento della sussistenza (o meno) degli elementi giustificativi dell'adozione di una misura drasticamente limitativa della sua liberta' personale;

Richiamata sul punto la sentenza n. 97/2015 della Corte costituzionale, sempre in ambito di liberta' personale (sia pure nel differente campo delle misure alternative alla detenzione), ove si e' affermato che i provvedimenti dei Tribunali di Sorveglianza «incidono, spesso in modo particolarmente rilevante, sulla liberta' personale dell'interessato. Essi richiedono, altresi', accertamenti di fatto, comprensivi, per lo piu', di verifiche sulla condotta del condannato e sull'attualita' e sul grado della sua pericolosita' sociale», tanto quanto accade per le misure cautelari personali;

Osservato infine che l'espresso richiamo del disposto del comma 8 dell'art. 309 c.p.p. all'art. 127 c.p.p. non consentirebbe, in effetti, alcuna «interpretazione adeguatrice», essendo inequivoco nel disciplinare il procedimento davanti al Tribunale del Riesame come «rito camerale...

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