n. 29 SENTENZA 10 - 27 gennaio 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», promosso dal Consiglio di Stato con ordinanza del 30 gennaio 2015 e dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana con ordinanze dell'8 maggio 2015 e del 30 giugno 2015, rispettivamente iscritte ai nn. 173, 205 e 234 del registro ordinanze del 2015, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37, 41 e 45, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visti gli atti di costituzione della Pro.Mo.Mar. spa, della Marina Cala de' Medici spa, della Cala de Medici Cantiere srl, della Marina di Punta Ala spa, nonche' gli atti di intervento di Federturismo Confindustria ed altro e di UCINA - Unione nazionale dei cantieri e delle industrie nautiche-Confindustria nautica;

udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 2017 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi gli avvocati Giovanni Calugi per Pro.Mo.Mar. spa, per Marina Cala de' Medici spa, e per Cala de Medici Cantiere srl, Flavia Pozzolini per Marina Cala de Medici spa, Filippo Donati per Marina di Punta Ala spa, Rodolfo Barsi per UCINA - Unione Nazionale dei Cantieri e delle Industrie Nautiche - Confindustria Nautica, Stefano Zunarelli per Federturismo Confindustria e per Assomarinas-Associazione italiana porti turistici, e gli avvocati dello Stato Pietro Garofoli e Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 30 gennaio 2015, il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», nella parte in cui determina - anche con riferimento ai rapporti concessori in corso - la misura dei canoni per le concessioni di beni del demanio marittimo per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto. 1.1.- Il giudizio a quo ha ad oggetto l'appello proposto dalla Pro.Mo.Mar. spa, per la riforma di due sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, che hanno rigettato i ricorsi, proposti dalla stessa societa', avverso i provvedimenti con i quali il Ministero dei trasporti e l'Agenzia del demanio, sulla base della disposizione censurata, hanno disciplinato l'applicazione, per gli anni 2007, 2008 e 2009, dei nuovi canoni relativi alla concessione demaniale marittima rilasciata nel 2001 alla Pro.Mo.Mar. spa, per la durata di cinquant'anni. 1.2.- Il Consiglio di Stato osserva, in primo luogo, che l'art. 1, comma 252, della legge n. 296 del 2006, ha innovato, a decorrere dal 1° gennaio 2007, i criteri per la determinazione dei canoni annui per le concessioni dei beni del demanio marittimo aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto. La disposizione in esame non distingue tra nuove concessioni e rapporti concessori in corso e sarebbe quindi applicabile, come il precedente comma 251, anche a questi ultimi. Il rimettente, premesso di avere gia' accolto l'istanza avanzata in sede cautelare dalla parte appellante, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 252, della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui ridetermina il canone per le concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, anche con riferimento ai rapporti concessori in corso. 1.2.1.- Al fine di fornire una compiuta descrizione della fattispecie concreta, secondo quanto rilevato nella precedente sentenza n. 128 del 2014 di questa Corte, il Consiglio di Stato evidenzia alcune circostanze, a sostegno della rilevanza della questione. Il rimettente espone che la concessione in esame, rilasciata nel 2001, ha la durata di cinquanta anni dal 29 giugno 1998. Essa non contiene clausole volte a disciplinare le sopravvenienze verificabili per l'aumento dell'importo del canone, salva la previsione dell'aggiornamento annuale «in base alle disposizioni di Legge». In particolare, la spesa prevista nel piano economicofinanziario per le opere a mare e' pari ad euro 10.705.633 e, per quelle a terra, ad euro 23.498.291,90, con la previsione di investimenti complessivi pari a euro 48.707.068. La concessione prevede che, al momento della cessazione, le opere erette, complete di tutti gli accessori e le pertinenze, resteranno «in assoluta proprieta' dello Stato senza che al concessionario spetti alcun indennizzo, compenso o rimborso di sorta, ferma la facolta' da parte dell'Amministrazione di richiedere, ove lo ritenga opportuno, la demolizione delle opere erette e la riduzione in pristino stato, da farsi a cura e spese del concessionario, senza che ad esso competa compenso, indennizzo o rimborso di sorta». Il Consiglio di Stato rileva che, per effetto della disposizione censurata, nei cinquanta anni di durata della concessione, l'importo totale dei canoni aumenterebbe da euro 4.551.869 a euro 19.066.289. In definitiva, tale aumento, applicato dal 2007 alla scadenza nel 2048, renderebbe il margine negativo, ossia pari a euro -8.124.134. 1.2.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo sottolinea che le concessioni di cui al comma 251, relative alle attivita' turistico-ricreative, sono molto piu' numerose, comportano di regola investimenti contenuti a carico del concessionario e sono connotate da canoni di importo modesto. Nel 2006, con la normativa in esame, il legislatore e' intervenuto sulla misura di tali canoni, al fine di operare un riallineamento ai valori di mercato. Del tutto diverse sarebbero, invece, le concessioni - di cui al successivo comma 252 - aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto. Oltre ad essere numericamente limitate, essendo ristretto il numero dei porti turistici, esse comporterebbero ingenti investimenti, sia per la realizzazione delle opere strutturali, destinate ad essere poi acquisite gratuitamente dal demanio, sia per l'impegno gestionale. Cio' richiede un piano economico-finanziario di lungo periodo, nell'ambito del quale l'importo del canone e' elemento determinante. Ad avviso del Consiglio di Stato, la previsione dell'aumento dei canoni anche per i rapporti concessori in corso, senza tener conto del fatto che i canoni sono stati determinati avendo riguardo anche agli investimenti effettuati, sarebbe in contrasto con il principio di cui all'art. 3 Cost., sotto il duplice profilo del trattamento uguale di situazioni disuguali, nonche' della lesione del principio della sicurezza giuridica, costitutivo del legittimo affidamento. Quanto alla disparita' di trattamento, il giudice rimettente evidenzia la sostanziale differenza tra le concessioni rispettivamente previste ai commi 251 e 252, avuto riguardo all'immediata redditivita' dei minori investimenti richiesti per le prime, e al piu' complesso quadro di lungo periodo per il calcolo di convenienza finanziaria, proprio delle seconde. Da cio' discenderebbe la necessita' di considerare questa differenza nella modifica dei canoni, in quanto elemento costitutivo di tale calcolo. Inoltre, sarebbe leso il legittimo affidamento ingenerato nei concessionari sulla stabilita' dell'equilibrio economico-finanziario di lungo periodo, attraverso una modifica sostanziale, che incide su concessioni gia' rilasciate, tuttora in corso e di lunga durata nel futuro. Viene richiamata, al riguardo, la sentenza n. 92 del 2013. La disposizione censurata determinerebbe, inoltre, la violazione dell'art. 41 Cost., in riferimento alla liberta' di iniziativa economica, poiche' scelte imprenditoriali anteriori alla legge in esame sarebbero irragionevolmente frustrate dalla legge sopravvenuta, modificativa dei rapporti contrattuali in corso. 1.3.- Nel giudizio e' intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. 1.3.1. - La difesa statale deduce, in primo luogo, che le competenze gestionali in materia di demanio marittimo sono state conferite dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) agli enti territoriali, salvo gli introiti, che rimangono in capo allo Stato. Fino al 2006, i canoni per concessioni relative alle strutture dedicate alla nautica da diporto sarebbero stati caratterizzati da norme di favore rispetto a quelli dovuti per le concessioni per finalita' turistico-ricreative. Infatti il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime) prevedeva per questa seconda categoria di atti una quantificazione in misura fissa e tabellare, sulla base di una classificazione delle aree, delle pertinenze demaniali marittime e degli specchi acquei. Tuttavia, non avendo le Regioni provveduto alla preliminare classificazione del territorio costiero, il Ministero dei trasporti e della navigazione, con circolare del 17 dicembre 1998, ha stabilito che, nella more di tale classificazione, i canoni per le concessioni demaniali marittime di carattere turistico-ricreativo venissero ricalcolati applicando le misure unitarie piu' basse. Tale situazione e' rimasta invariata sino all'adozione della legge n. 296 del 2006, che ha sostituito alcune disposizioni del d.l. n. 400 del 1993. La disposizione denunciata si collocherebbe, quindi, in un processo gia' in atto, finalizzato alla tutela e alla valorizzazione di tutti i beni di proprieta' statale. Verrebbe estesa anche ai canoni demaniali marittimi un'evoluzione che...

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