n. 280 ORDINANZA 1 - 12 dicembre 2014 -

ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2-bis, comma 3, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), promossi dalla Corte d'appello di Reggio Calabria con ordinanze del 23 e del 20 gennaio 2014, iscritte ai nn. 77 e 108 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 22 e 28, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 novembre 2014 il Giudice relatore Sergio Mattarella. Ritenuto che, con ordinanza del 23 gennaio 2014 (r.o. n. 77 del 2014), la Corte d'appello di Reggio Calabria, sezione civile, nella persona del giudice designato al fine di provvedere sulla domanda di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, nel corso di un procedimento avente ad oggetto una domanda di equa riparazione proposta nei confronti del Ministero della giustizia dalla parte risultata soccombente nel processo presupposto, ha sollevato, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (d'ora in avanti: «CEDU» o «Convenzione»), questione di legittimita' del comma 3 dell'art. 2-bis della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), articolo aggiunto dall'art. 55, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134;

che ad avviso del giudice a quo tale impugnata disposizione - secondo cui: «La misura dell'indennizzo, anche in deroga al comma 1 [che prevede, a sua volta, che: «Il giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo»], non puo' in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice» - viola il parametro invocato «nella parte in cui limita la misura dell'indennizzo (liquidabile in favore della parte che abbia subito un danno per la durata irragionevole del processo presupposto) al "valore del diritto accertato" senza alcuna ulteriore specificazione o limite, comportando in tal modo l'impossibilita' di liquidare in alcuna misura un'equa riparazione in favore della parte che, nel processo presupposto, sia risultata interamente soccombente»;

che il giudice rimettente riferisce, in punto di fatto: a) di essere investito del ricorso, presentato il 13 gennaio 2014, con il quale A.M.C. aveva chiesto l'indennizzo del danno subito per effetto dell'irragionevole durata di un processo civile promosso da D.M.G. con atto di opposizione a decreto ingiuntivo;

  1. che detto processo era stato definito con la sentenza della Corte suprema di cassazione n. 13190 del 2013 con la quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto da A.M.C. avverso la sentenza d'appello che aveva dichiarato inammissibile il gravame della stessa A.M.C. avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto l'opposizione al decreto ingiuntivo fatta da D.M.G., revocando lo stesso decreto;

    che il medesimo giudice rimettente sviluppa poi alcune considerazioni in punto di diritto;

    che, prima di prendere in esame la disposizione censurata, egli evidenzia la portata innovativa, rispetto alla normativa anteriore al d.l. n. 83 del 2012, dell'alinea e della lettera a) del comma 2 dell'art. 2-bis della legge n. 89 del 2001, secondo cui «L'indennizzo e' determinato a norma dell'articolo 2056 del codice civile, tenendo conto: a) dell'esito del processo nel quale si e' verificata la violazione di cui al comma 1 dell'articolo 2»;

    che, a tale proposito, il giudice a quo osserva che, nel vigore di detta previgente normativa, la Corte di cassazione aveva affermato la spettanza del diritto all'equa riparazione a tutte le parti del processo «indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti e dalla consistenza economica ed importanza del giudizio», nonche' l'irrilevanza, al medesimo fine, della «asserita consapevolezza da parte dell'istante della scarsa probabilita' di successo dell'iniziativa giudiziaria» (sono citate, in tale senso, le sentenze n. 8632 e n. 8541 del 2010), ammettendo che si potesse tenere conto dell'esito del processo presupposto solo qualora esso «abbia un indiretto riflesso sull'identificazione, o sulla misura, del pregiudizio morale sofferto dalla parte in conseguenza dell'eccesiva durata della causa», come si verifica «quando il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2», con la precisazione, peraltro, che di tali circostanze «costituenti abuso del processo», anche ai fini della commisurazione dell'indennizzo, «deve dare prova puntuale l'Amministrazione», non essendo «sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte sia stata dichiarata manifestamente infondata» (e' citata, nel senso indicato, la sentenza n. 35 del 2012);

    che, a fronte di tale indirizzo della giurisprudenza di legittimita', formatosi anteriormente all'entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2012, la citata lettera a) del comma 2 dell'art. 2-bis avrebbe innovato sotto il duplice profilo che, in virtu' della stessa, l'esito del giudizio presupposto: a) assumerebbe, ancorche' al solo fine della quantificazione dell'indennizzo, «un ruolo non piu' eccezionale ma normale, fisiologico e soprattutto sganciato dalla condizione che esso si accompagni anche alla consapevolezza della parte e, correlativamente, ad un uso strumentale del processo»;

  2. non dovrebbe piu', per comportare una riduzione dell'indennizzo, essere, insieme con «l'abuso del processo alla base di esso richiesto», allegato e provato dall'amministrazione resistente, «potendo e dovendo il giudice ex se [...] sindacare e ponderare l'esito del giudizio quale risultante dagli atti prodotti»;

    che, passando all'esame dell'impugnato comma 3 dell'art. 2-bis, il rimettente afferma che lo stesso stabilisce che la misura dell'indennizzo, anche in deroga agli importi indicati dal comma 1 dello stesso art. 2-bis, non puo' superare non solo il valore della controversia - cio' che, secondo lo stesso giudice a quo, «da' espressione ad una convinzione di comune buon senso particolarmente avvertita per le cause bagatellari» -, ma neppure il valore del diritto accertato dal giudice, quando questo sia inferiore al valore della causa;

    che, ad avviso del...

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