n. 253 SENTENZA 24 ottobre - 6 dicembre 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 573, 579, comma 3, e 593 del codice di procedura penale, promosso dalla Corte di cassazione, prima sezione penale, nel procedimento penale a carico di M. G. e altre, con ordinanza del 1° marzo 2016, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visti gli atti di costituzione di M. G. e altre, di C. B. e di L. A., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 ottobre 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

uditi gli avvocati Francesco Scattareggia Marchese per M. G. e altre e per C. B., Gaetano Laghi per L. A. e l'avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 1° marzo 2016 (r.o. n. 87 del 2016), la Corte di cassazione, prima sezione penale, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 573, 579, comma 3, e 593 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU. Le disposizioni in questione sono censurate nella parte in cui, a favore dei terzi incisi nel diritto di proprieta' da una confisca disposta con una sentenza penale di primo grado, non prevedono la facolta' di proporre appello con riguardo al solo capo della decisione relativo alla misura di sicurezza. Il giudice rimettente conosce del ricorso proposto da alcune persone, estranee al processo penale, che, ai sensi dell'art. 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, avevano subito la confisca di beni formalmente di loro proprieta'. La confisca era stata disposta con sentenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Messina, nel presupposto che i beni confiscati fossero nella disponibilita' degli imputati, che erano stati condannati per il reato previsto dall'art. 416-bis del codice penale. I proprietari dei beni confiscati, terzi rispetto al giudizio penale, avevano impugnato il capo della sentenza relativo alla confisca ma il loro appello era stato dichiarato inammissibile perche' non erano parti del processo. Con il ricorso per cassazione i terzi avevano contestato la legittimita' costituzionale dell'assetto normativo che precludeva loro l'appello contro il capo della sentenza penale con cui erano stati confiscati beni di loro proprieta'. 2.- La Corte di cassazione riconosce che in base all'attuale quadro normativo la preclusione effettivamente sussiste. Infatti l'art. 579, comma 3, cod. proc. pen. ammette l'impugnazione contro il capo relativo alla confisca con gli stessi mezzi previsti per i capi penali della sentenza, e questi ultimi sono appellabili dal pubblico ministero e dall'imputato (art. 593 cod. proc. pen.), mentre esclusivamente alla parte civile e al responsabile civile e' attribuita la facolta' di proporre impugnazione per i soli interessi civili (artt. 573, comma 1, 575 e 576 cod. proc. pen.). Il terzo destinatario della confisca non e' indicato tra le parti legittimate all'appello, e il principio di tassativita' delle impugnazioni (art. 568, comma 1, cod. proc. pen.) non permette di attribuirgli tale facolta'. Il giudice rimettente aggiunge che l'ordinamento riconosce al terzo adeguati strumenti di tutela nella fase temporale anteriore alla pronuncia della sentenza di primo grado recante la confisca, ovvero fino a quando il bene e' oggetto di un provvedimento cautelare. Il terzo infatti puo' chiedere il riesame, anche nel merito, del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca (artt. 322 e 324 cod. proc. pen.) e puo' successivamente proporre ricorso per cassazione per violazione di legge (art. 325 cod. proc. pen.). Inoltre fino alla definizione del giudizio di primo grado puo' chiedere la restituzione del bene, proporre appello contro il diniego (art. 322-bis cod. proc. pen.) e in seguito ricorso per cassazione per violazione di legge (art. 325 cod. proc. pen.). Secondo il giudice rimettente questa tutela, limitata al giudizio di primo grado, e' costituzionalmente adeguata. Pero' dopo la pronuncia della sentenza con il provvedimento di confisca e fino al termine del processo il terzo non avrebbe modo di reagire, e solo dopo il passaggio in giudicato della decisione avrebbe la possibilita' di contestarla con un incidente di esecuzione, ai sensi dell'art. 676 cod. proc. pen. 3.- Il giudice a quo, pur dando atto di un precedente indirizzo giurisprudenziale che permetteva al terzo di agire in sede incidentale anche dopo la sentenza di primo grado, reputa ormai consolidato l'indirizzo contrario, secondo il quale non puo' ammettersi «che la statuizione di confisca contenuta nella sentenza sia posta in discussione - durante la pendenza del processo e al di fuori dello stesso - da un soggetto terzo, che non e' parte del rapporto processuale instaurato dinanzi al giudice della cognizione». Tale assetto normativo, che permette al terzo, una volta pronunciata la sentenza di primo grado, di far valere le proprie ragioni solo dopo l'irrevocabilita' della statuizione di...

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