n. 246 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2016 -

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA Sezione Staccata di Reggio Calabria ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso n. 708 del 2015, proposto da Carmela Adele Ester Rosaria Quattrone, Roberto Antillo, Michele Conforti, Francesco Triolo, rappresentati e difesi dagli avvocati Massimo Luciani e Caterina Notaro, presso lo studio di quest'ultima elettivamente domiciliati, in Reggio Calabria, alla via Domenico Tripepi n. 9;

Contro: la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore;

il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore;

l'Avvocatura dello Stato, in persona dell'Avvocato generale pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, con domicilio eletto in Reggio Calabria, alla via del Plebiscito n. 15;

Nei confronti di Andrea Russo, per l'accertamento del diritto alla corresponsione dei compensi professionali senza le decurtazioni e limitazioni previste dall'art. 9 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, con conseguente condanna, anche in forma generica, delle amministrazioni resistenti al pagamento delle somme dovute. Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Premettono i ricorrenti, Avvocati e Procuratori dello Stato in servizio presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, che ai medesimi e' affidata la rappresentanza e la difesa in giudizio dello Stato e di altri numerosi enti pubblici territoriali, nonche' una generale attivita' di consulenza volta all'analisi e alla soluzione di questioni tecnico-giuridiche concernenti l'attivita' di pubbliche amministrazioni. Evidenziano che, fino all'entrata in vigore dell'art. 9 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, il loro trattamento economico era regolato dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, nonche' dalle leggi 2 aprile 1979, n. 97 e 3 aprile 1979, n. 103. Tale disciplina prevedeva, in particolare: una quota fissa, commisurata a ruolo, titolo e grado del personale dell'Avvocatura ed equiparata, per il quantum, al trattamento dei magistrati dell'ordine giudiziario;

una quota variabile, in funzione dell'esito delle controversie patrocinate, quando la pubblica amministrazione non risulti soccombente;

l'esazione, a cura della stessa Avvocatura dello Stato, delle competenze di avvocato nei confronti delle controparti, liquidate con sentenza od ordinanza, oppure pattuite per rinuncia o transazione. Le somme cosi' raccolte (detratto il 12,50% per il personale amministrativo) venivano ripartite nella misura di sette decimi tra gli avvocati di ciascun ufficio, in base a norme regolamentari;

e di tre decimi, in misura uguale fra tutti gli Avvocati dello Stato. Soggiungono inoltre che, nei casi di transazione dopo sentenza favorevole allo Stato, o di pronuncia con compensazione delle spese in controversie nelle quali l'Amministrazione comunque non sia stata soccombente, l'erario corrispondeva all'Avvocatura la meta' delle competenze che sarebbero state liquidate. Il descritto quadro e' stato parzialmente modificato per effetto dell'art. 1, comma 457, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che ha disposto una riduzione nella misura del 75%, per il triennio 2014-2016, dei compensi liquidati a seguito di sentenza che riconosceva la pubblica amministrazione non soccombente. E', quindi, intervenuto l'art. 9 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, il quale cosi' ha disposto: tutti i compensi professionali sono computati ai fini del raggiungimento del limite retributivo di cui all'art. 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

nell'ipotesi di sentenza favorevole, con condanna della controparte alle spese, solo il 50% delle somme recuperate e' ripartito tra gli Avvocati dello Stato secondo le previsioni regolamentari dell'Avvocatura dello Stato;

mentre il 25% delle suddette somme e' destinato a borse di studio per lo svolgimento della pratica forense presso l'Avvocatura dello Stato;

ed il rimanente 25% e' versato al fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all' art. 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

nei casi di integrale compensazione delle spese, ai dipendenti della pubblica amministrazione, ad esclusione del personale dell'Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento gia' previsto;

i regolamenti dell'Avvocatura dello Stato fissano i criteri per il riparto delle somme recuperate, in base al rendimento individuale e secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto della puntualita' negli adempimenti processuali. Il comma 2 dell'art. 9 del citato decreto-legge n. 90/2014 ha, poi, abrogato l'art. 1, comma 457, della legge n. 147 del 2013 e l'art. 21, comma 3, del regio decreto n. 1611 del 1933: norme, queste, che prevedevano la misura degli onorari da corrispondere agli Avvocati dello Stato sia nel caso di liquidazione delle spese legali a carico delle controparti, sia nel caso di compensazione delle spese, ferma pero' restando la non soccombenza dell'Amministrazione. Sostengono i ricorrenti di aver conseguito, sin dalla data del loro ingresso nel ruolo dell'Avvocatura dello Stato, il «diritto» alla corresponsione dei compensi per l'attivita' professionale esercitata ai sensi dell'art. 21 del regio decreto n. 1611 del 1933. Ed evidenziano che, a seguito della entrata in vigore dell'art. 9 del decreto-legge n. 90 del 2014, i compensi professionali ai medesimi spettanti vengono a ragguagliarsi ad importi significativamente ridotti rispetto a quanto sarebbe stato loro riconosciuto in applicazione delle previgenti disposizioni, in vigore al momento della loro assunzione e anche al momento in cui hanno concretamente svolto prestazioni professionali. Di conseguenza - premesso di appartenere al personale della pubblica amministrazione che, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e' tuttora inquadrato in regime di diritto pubblico - con il presente ricorso essi chiedono l'accertamento del diritto alla corresponsione degli onorari professionali senza le decurtazioni e limitazioni previste dall'art. 9 del decreto-legge n. 90 del 2014;

con conseguente condanna, anche in forma generica, delle amministrazioni intimate al pagamento delle somme dovute, anche ove nelle more illegittimamente trattenute. L'accoglimento delle predette domande di accertamento e condanna postula, peraltro, la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 9 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito dalla legge n. 114 del 2014. Sostengono, al riguardo, l'illegittimita' di tutte le previsioni dell'art. 9 che dispongono la decurtazione e la limitazione dei compensi spettanti agli Avvocati dello Stato, con particolare riferimento ai commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9. In proposito, affermano l'illegittimita': del comma 1, nella parte in cui dispone che i compensi professionali corrisposti agli avvocati pubblici siano da computare nel tetto massimo degli emolumenti di cui all'art. 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011;

del comma 2, nella parte in cui abroga parzialmente l'art. 21 del regio decreto n. 1611 del 1933 e l'art. 1, comma 457, della legge n. 147 del 2013 (recanti il precedente e piu' favorevole regime dei compensi);

dei commi 3 e 6, nella parte in cui dettano per gli Avvocati dello Stato un regime diverso da quello della generalita' degli avvocati dipendenti della pubblica amministrazione;

del comma 4, nella parte in cui riduce, nei termini gia' ricordati, i compensi degli Avvocati dello Stato;

del comma 5, nella parte in cui si conferisce alle competenti amministrazioni la potesta' regolamentare necessaria a determinare le modalita' della decurtazione dei compensi professionali degli avvocati, ivi compresi gli Avvocati dello Stato;

del comma 8, nella parte in cui fissa il dies a quo dell'applicazione del nuovo regime dei compensi professionali e in cui reca (addirittura) una clausola di minor favore nel caso di mancata attuazione regolamentare dell'art. 9 medesimo;

del comma 9, nella parte in cui pone la clausola di invarianza dei risparmi conseguiti dalla finanza pubblica. In proposito, i ricorrenti hanno prospettato svariate questioni di legittimita' costituzionale della disciplina come sopra individuata, assumendone il contrasto con i seguenti parametri: art. 3 (principio di ragionevolezza) ed art. 97 (buon andamento della pubblica amministrazione), in una con la violazione dell'art. 36;

art. 3 (principi di eguaglianza e di ragionevolezza);

articoli 3, 23 e 53 (prelievo tributario);

articoli 3, 4, 23, 36, 42 e 117, comma 1, in riferimento all'art. 1 del Primo protocollo aggiuntivo della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

art. 77;

articoli 2 e 117, in relazione agli articoli 6 e 13 CEDU, per il profilo del diritto all'affidamento e della certezza giuridica. Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio argomentando diffusamente per l'infondatezza delle censure di incostituzionalita' sopra indicate ed insistendo, pertanto, per la reiezione del ricorso. Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza dell'8 giugno 2016. 1. La disamina delle dedotte doglianze - volte a sottolineare il contrasto con la normativa di cui all'art. 9 del decreto-legge n. 90 del 2014 con i parametri costituzionali precedentemente indicati - impone una previa ricognizione del pregresso quadro normativo di riferimento, sinotticamente riguardato con le modificazioni apportate dalla...

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