n. 245 SENTENZA 6 novembre - 27 dicembre 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 4, 5, comma 2, e 7 della Regione Abruzzo 1° agosto 2017, n. 40 (Disposizioni per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Destinazioni d'uso e contenimento dell'uso del suolo, modifiche alla legge regionale n. 96/2000 ed ulteriori disposizioni), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito per la notifica il 9 ottobre 2017, depositato in cancelleria il 13 ottobre 2017, iscritto al n. 81 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo;

udito nella udienza pubblica del 6 novembre 2018 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Franco Francesco Fabio per la Regione Abruzzo. Ritenuto in fatto 1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 4, comma 4, 5, comma 2, e 7 della legge della Regione Abruzzo 1° agosto 2017, n. 40 (Disposizioni per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Destinazioni d'uso e contenimento dell'uso del suolo, modifiche alla legge regionale n. 96/2000 ed ulteriori disposizioni), disciplinanti il recupero dei vani e locali accessori e seminterrati, situati in edifici esistenti o collegati direttamente ad essi, da destinare ad uso residenziale, direzionale, commerciale o artigianale, e l'applicazione del piano demaniale marittimo regionale alle aree della riserva naturale "Pineta Dannunziana". 2.- Secondo il ricorrente, l'impugnato art. 4, comma 4, violerebbe, in primo luogo, l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 6, comma 3, 12 e 65, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). Deduce il Presidente del Consiglio dei ministri che la norma censurata individua i requisiti tecnici degli interventi di recupero, prevedendo, al comma 4, che «il recupero dei vani e locali di cui all'art. 2, comma 1, e' ammesso anche in deroga ai limiti e prescrizioni edilizie degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti, ovvero in assenza dei medesimi». La disposizione, pertanto, eluderebbe l'obbligo di sottoporre tali interventi «a valutazione ambientale strategica, o almeno alla relativa verifica di assoggettabilita'», previste dagli artt. 6, comma 3, e 12 del d.lgs. n. 152 del 2006 (d'ora in avanti: codice dell'ambiente). Inoltre, potendo determinare una deroga alle disposizioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali che recepiscono la pianificazione di bacino, la disposizione censurata comporterebbe anche l'elusione della norma di cui all'art. 65, comma 4, del codice dell'ambiente, secondo cui «Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonche' per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato». 3.- L'art. 4, comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017 contrasterebbe, in secondo luogo, con piu' principi fondamentali della legislazione statale in materia di governo del territorio, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. Esso sarebbe in contrasto, innanzitutto, con l'art. 2, comma 4, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), secondo cui i «comuni, nell'ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all'art. 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, disciplinano l'attivita' edilizia». Il d.P.R. n. 380 del 2001 (d'ora in avanti: testo unico dell'edilizia o TUE) avrebbe quindi ricondotto la competenza regolamentare dei Comuni in materia urbanistica all'autonomia statutaria e normativa prevista dal citato art. 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) ed avente ancoraggio costituzionale negli artt. 114 e 117, sesto comma, Cost. La norma impugnata, inoltre, sarebbe in contrasto con gli artt. 4 e 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), che attribuiscono ai Comuni la pianificazione urbanistica e la disciplina delle disposizioni d'uso degli immobili. Essa, ancora, nel consentire gli interventi di recupero anche in assenza degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali, si porrebbe in contrasto con l'art. 9 del TUE, che individua l'attivita' edilizia realizzabile in assenza di tali strumenti. 4.- L'art. 5, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, viola l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in riferimento all'art. 65, comma 4, del codice dell'ambiente. La disposizione impugnata, nel consentire la riconversione di vani accessori in destinazione d'uso residenziale, potrebbe infatti determinare un incremento del carico abitativo incompatibile con le prescrizioni del piano di bacino volte alla tutela dal rischio idrogeologico. La norma censurata, in particolare, escluderebbe dall'ambito di applicazione della legge soltanto le aree soggette a vincolo di inedificabilita' assoluta e, quindi, non quelle in cui il piano di bacino si limiti a vietare l'incremento del carico urbanistico. Essa, inoltre, vieterebbe la riconversione solo nelle aree «ad elevato rischio idrogeologico», quando, invece, per ragioni di pubblica incolumita', simili interventi dovrebbero essere vietati in tutte le aree a rischio moderato (R1), medio (R2), elevato (R3) e molto elevato (R4). 5.- L'impugnato art. 7, infine, violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s) Cost., in riferimento all'art. 22, commi 1, lettera d), e 6, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). Il ricorrente, premesso che la disciplina in materia di aree protette, sia statali che regionali, contenuta nella legge n. 394 del 1991 rientra nella competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, deduce che la Regione non puo' derogare alle norme statali, ma solo «determinare, sempre nell'ambito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela», senza compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato. La disposizione censurata, prevedendo che il piano marittimo regionale, ovvero quello comunale di recepimento, sono prevalenti «su ogni altra legislazione e/o normativa anche di tipo sovraordinato o ambientale», violerebbe l'art. 22, comma 1, lettera d), della legge n. 394 del 1991, secondo cui le attivita' svolte nelle aree protette regionali sono disciplinate da regolamenti adottati in conformita' all'art. 11 della legge medesima. La dichiarata prevalenza del piano marittimo regionale, ovvero di quello comunale di recepimento, contrasterebbe anche con l'art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991, in forza del quale «Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attivita' venatoria e' vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformita' al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente». 6.- Con memoria depositata nella cancelleria di questa Corte il 17 novembre 2017, si e' costituita in giudizio la Regione Abruzzo, chiedendo di dichiarare l'inammissibilita', ovvero, in via subordinata, l'infondatezza delle questioni sollevate. 7.- La resistente eccepisce, in primo luogo, l'inammissibilita' delle prime due questioni «per l'inadeguatezza delle argomentazioni esposte» e per «l'assoluto eccesso di genericita' delle motivazioni». La censura di illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017, in particolare, sarebbe generica ed apodittica, priva di alcun percorso motivazionale a sostegno delle ragioni per cui la «deroga ai limiti e prescrizioni edilizie degli strumenti urbanistici» comporterebbe l'elusione dell'obbligo di sottoporre a valutazione ambientale strategica (VAS) i previsti interventi di recupero, la elusione delle previsioni dei piani di bacino recepite negli strumenti urbanistici comunali e la violazione della riserva regolamentare dei Comuni in materia urbanistica. Le...

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