n. 238 SENTENZA 5 - 21 dicembre 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 23, 26, commi 2, 3 e 4, primo periodo, 30, comma 2, 33 e 45 della legge della Regione Basilicata 24 luglio 2017, n. 19 (Collegato alla legge di Stabilita' regionale 2017), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 25-29 settembre 2017, depositato in cancelleria il 29 settembre 2017, iscritto al n. 77 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2017. Udito nella udienza pubblica del 4 dicembre 2018 il Giudice relatore Marta Cartabia;

udito l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso notificato il 25 - 29 settembre 2017 e depositato in cancelleria il successivo 29 settembre (r.r. 77 del 2017), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Basilicata 24 luglio 2017, n. 19 (Collegato alla legge di Stabilita' regionale 2017). Secondo il ricorrente, le norme contenute, in particolare, negli artt. 23, 26, 30, 33 e 45 della legge regionale impugnata sarebbero illegittime per contrasto con diverse disposizioni costituzionali. 1.1.- L'art. 23 modifica l'art. 1, comma 1, della legge della Regione Basilicata 14 ottobre 2008, n. 25 (Disposizioni in materia di autorizzazione delle strutture sanitarie pubbliche e private), mediante la sostituzione dell'espressione «entro due anni» con quella «entro cinque anni», cosi' prorogando di tre anni i termini concessi alle strutture sanitarie per gli adeguamenti strutturali connessi alle procedure di autorizzazione, di cui alla legge della Regione Basilicata 5 aprile 2000, n. 28 (Norme in materia di autorizzazione delle strutture sanitarie pubbliche e private). La proroga cosi' disposta - che, ad avviso del Governo, non avrebbe peraltro un preciso dies a quo, decorrendo i termini di cui trattasi dalla data di comunicazione dell'idoneita' del piano di adeguamento da parte della competente commissione tecnica di valutazione regionale - contrasterebbe con quanto dettato dall'art. 8-ter, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), secondo cui l'esercizio delle attivita' sanitarie e sociosanitarie presuppone il possesso di determinati requisiti minimi, la cui verifica deve effettuarsi prima del rilascio dell'autorizzazione e dell'avvio di qualsiasi attivita'. Considerato che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la competenza regionale in materia di autorizzazione all'esercizio dell'attivita' sanitaria rientra nella potesta' legislativa concorrente in materia di tutela della salute e che, pertanto, le Regioni sono vincolate al rispetto dei principi fondamentali fissati dalle norme statali, la disposizione impugnata, nel determinare una dilazione temporale per l'adeguamento ai requisiti minimi richiesti alle strutture sanitarie a garanzia della sicurezza dei cittadini, violerebbe l'art. 117, comma terzo, della Costituzione in relazione agli artt. 8, comma 4, e 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992, i quali fissano i livelli essenziali di sicurezza e qualita' che debbono essere soddisfatti da tutte le strutture che vogliono effettuare prestazioni sanitarie, indipendentemente dal fatto che intendano, o meno, chiedere anche l'accreditamento. 1.2.- L'art. 26 sancisce l'applicabilita' della disciplina sull'autorizzazione sanitaria di cui alla legge reg. Basilicata n. 28 del 2000 a tutte le strutture sociosanitarie a ciclo residenziale e semiresidenziale gia' attive e operanti, convenzionate col Servizio sanitario regionale, per le quali non si e' tuttavia ancora conclusa la verifica preventiva sui requisiti minimi. In particolare, il comma 3 di detto articolo, nel consentire a tali strutture di continuare a svolgere l'attivita' previa presentazione della domanda di autorizzazione ai sensi dell'art. 15 della legge reg. Basilicata n. 28 del 2000, si porrebbe in contrasto con quanto previsto dall'art. 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo cui il rilascio dell'autorizzazione e la verifica del possesso dei requisiti minimi precede l'esercizio dell'attivita' sanitaria. Inoltre la norma impugnata, nel prevedere, al comma 2, l'applicazione di un regime di accreditamento provvisorio, nelle more del perfezionamento di quello istituzionale, in favore delle strutture sociosanitarie che abbiano gia' in corso convenzioni o contratti con Aziende sanitarie locali, stipulati previa selezione con procedure di evidenza pubblica, dando inoltre loro titolo a stipulare nuovi accordi con le ASL per la durata massima di 18 mesi (comma 4), configurerebbe un'ipotesi di accreditamento ope legis nei confronti di strutture di cui verrebbe presunta la regolarita', indipendentemente dal possesso effettivo dei requisiti minimi. Per l'accreditamento, evidenzia il ricorrente, occorrono requisiti ulteriori rispetto a quelli necessari per l'autorizzazione, oltre all'accettazione del sistema di pagamento a prestazione, ai sensi dell'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992. Detti «requisiti ulteriori» hanno natura di principi fondamentali che le Regioni devono rispettare, come piu' volte affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 361 del 2008);

pertanto, vi sarebbe una violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., per lesione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, stabiliti dal citato art. 8-quater. La norma regionale impugnata, inoltre, nel riconoscere l'accreditamento provvisorio in favore delle strutture sociosanitarie di cui alla legge della Regione Basilicata 14 febbraio 2007, n. 4 (Rete regionale integrata dei servizi di cittadinanza sociale), violerebbe ulteriormente l'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 1, comma 796, lettera t), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», come da ultimo modificato dal comma 1-bis dell'art. 7 del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), come convertito, con modificazioni, in legge 27 febbraio 2014, n. 15, secondo cui il regime provvisorio, per le strutture sociosanitarie diverse da quelle ospedaliere e ambulatoriali, deve cessare entro il 31 ottobre 2014. Il ricorrente aggiunge che detto termine, come ritenuto dalla Corte costituzionale, costituisce anch'esso principio fondamentale della materia «tutela della salute», vincolante per le Regioni. 1.3.- L'art. 30, comma 2, parimenti impugnato - nel consentire che le strutture sanitarie private accreditate con il Servizio sanitario nazionale possono avvalersi dell'opera di medici in rapporto esclusivo con il SSN o dell'opera di medici in rapporto con altre strutture private accreditate - disattenderebbe il principio generale di unicita' del rapporto di lavoro del personale medico con il SSN, di cui all'art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica). La portata del suddetto principio e' stata piu' volte esaminata dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenze 8 maggio 2003, n. 2430 e 22 giugno 2004, n. 4463), la quale ha chiarito come il principio in questione debba essere inteso estensivamente, avendo un carattere oggettivo e assoluto. Ne deriverebbe, quindi, un'incompatibilita' assoluta - riferita anche alle strutture sanitarie private accreditate, come disposto dall'art. 1, comma 5, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) - operante nei confronti di qualsiasi altra attivita' e che risponde alla finalita' della norma, diretta a «garantire la massima efficienza e funzionalita' operativa al servizio sanitario pubblico» (sentenza n. 457 del 1993). Secondo il ricorrente, la ratio giustificativa del divieto si rinviene altresi' nel primo comma dell'art. 98 Cost., laddove «il principio dell'esclusivo servizio della Nazione» appare caratterizzare la natura stessa del rapporto di lavoro di cui trattasi. La funzione di valorizzazione del perseguimento dei fini di pubblico interesse, cui e' istituzionalmente preposta l'Amministrazione, svolta dal divieto di cui all'art. 4, comma 7, della legge n. 412 del 1991, potrebbe infatti essere compromessa dalla compresenza, nella stessa persona del dipendente, di altri rapporti potenzialmente in conflitto tendenti ad interessi «diversi» da quello collettivo. Il ricorrente ritiene pertanto che l'art. 30, comma 2, laddove sembra consentire una duplicita' di rapporti che invece l'art. 4, comma 7, della legge n. 412 del 1991 mira chiaramente a scongiurare, violi il principio di unicita' del rapporto del personale medico del SSN, che si pone, nella materia di competenza concorrente della tutela della salute, quale principio fondamentale. Il Governo ravvisa inoltre profili di incostituzionalita' anche nel caso in cui la disposizione censurata venga inquadrata nel diverso ambito della «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali», di esclusiva spettanza statale, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Il...

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