n. 236 SENTENZA 7 novembre - 14 dicembre 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), come modificato dall'art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche' in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito, con modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Teramo, nel procedimento penale a carico di M. M., con ordinanza del 7 marzo 2017, iscritta al n. 91 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 novembre 2018 il Giudice relatore Giovanni Amoroso. Ritenuto in fatto 1.- Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Teramo, con ordinanza del 7 marzo 2017, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), come modificato dall'art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche' in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito, con modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, nella parte in cui per il delitto previsto dall'art. 582 del codice penale - limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte - non prevede l'esclusione della competenza del giudice di pace anche per i fatti aggravati ai sensi dell'art. 577, primo comma, numero 1), cod. pen., commessi contro il discendente non adottivo, quale il figlio naturale. In particolare, il rimettente, quanto alla non manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalita', afferma che la disposizione censurata, non prevedendo l'esclusione della competenza per materia del giudice di pace anche in relazione al reato di lesioni perseguibile a querela, commesso in danno del figlio naturale, e contemplandola invece per lo stesso reato in danno del figlio adottivo, confliggerebbe con l'art. 3 Cost. per violazione del principio di eguaglianza e per irragionevolezza intrinseca. Ad avviso del rimettente, si tratta di una disposizione che senza giustificazione alcuna stabilisce, per il medesimo reato, un diverso criterio di riparto della competenza per materia, tra giudice di pace e tribunale ordinario, incentrato sul riduttivo richiamo alle sole ipotesi di aggravamento della fattispecie delittuosa di cui all'art. 582, secondo comma, cod. pen., previste dall'art. 577, secondo comma, cod. pen. Infatti, soltanto le condotte consumate dal genitore nei confronti del figlio adottivo, gia' di competenza del giudice di pace, sono divenute di competenza del tribunale ordinario e non anche quelle consumate in danno del figlio naturale, ipotesi disciplinata al primo comma, numero 1), dell'art. 577 cod. pen., pur trattandosi di fattispecie connotate da uno stesso disvalore sociale e ispirate ad una ratio punitiva del tutto sovrapponibile. Inoltre, la disposizione censurata irragionevolmente comporterebbe che, se il reato di lesioni personali «lievi» (in realta' lievissime ex art. 582, secondo comma, cod. pen.) e' commesso in danno del figlio adottivo, risulta compreso tra le fattispecie di cui all'art. 282-bis, comma 6, del codice di procedura penale, il quale consente l'applicazione «della misura dell'allontanamento dalla casa familiare», anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280 cod. proc. pen.;

mentre, la' dove la medesima condotta risulti posta in essere in danno di un discendente, qual e' il figlio naturale, sussistendo la competenza del giudice di pace, deve escludersi l'applicabilita' della citata misura cautelare personale, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 274 del 2000. Vi sarebbe, pertanto, un'evidente incoerenza intrinseca in considerazione della piena equiparazione della tutela giurisdizionale riservata al figlio adottivo rispetto al figlio naturale, vittime di condotte poste in essere in ambito familiare. Ne', precisa il rimettente, sarebbe possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, atteso il suo chiaro significato letterale. Sussisterebbe, altresi', la violazione dell'art. 24 Cost., perche' la disposizione censurata determina un pregiudizio per i diritti dell'indagato, costituito dalla oggettiva impossibilita' per il giudice di adottare un provvedimento ex art. 131-bis cod. pen. per la lieve entita' del fatto, trovando applicazione l'art. 4, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 274 del 2000, nella parte in cui, per il reato di lesioni «lievi» in danno del figlio naturale, individua quale giudice competente per materia il giudice di pace, impossibilitato a definire il procedimento con un provvedimento di archiviazione ai sensi dell'art. 131-bis citato. 2.- In punto di rilevanza della questione, il GIP rimettente riferisce che all'udienza camerale ai sensi dell'art. 409, comma 2, cod. proc. pen., il difensore dell'indagato chiedeva l'archiviazione del procedimento, in via principale, per l'infondatezza della notizia di reato e, in via subordinata, per l'operativita' della causa di non punibilita' per la particolare tenuita' del fatto, di cui all'art. 131-bis cod. pen. Osserva il rimettente come tale epilogo decisorio risulti a lui precluso in quanto obbligato a rilevare la propria incompetenza per materia ai sensi dell'art. 22 cod. proc. pen., essendo prevista per il reato in questione la competenza del giudice di pace, dal momento che la disposizione censurata esclude la competenza di quest'ultimo in ordine al delitto di cui all'art. 582, secondo comma, cod. pen. per i soli fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, secondo comma, cod. pen. e non anche per i fatti commessi in danno del figlio naturale, che ricadono nell'ipotesi aggravata di cui al numero 1) del primo comma dello stesso art. 577. 3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto nel presente giudizio di legittimita' costituzionale chiedendo a questa Corte di dichiarare l'inammissibilita' o l'infondatezza delle questioni. In primo luogo, l'interveniente osserva che il rimettente lamenta l'irrazionalita' della norma sulla competenza perche' preclude la possibilita' di applicare al caso sottoposto al suo esame la speciale causa di non punibilita' di cui all'art. 131-bis cod. pen., sicche' la questione non puo' ritenersi direttamente rilevante ai fini della decisione del processo nel corso del quale e' stata sollevata. Secondo l'Avvocatura generale difetterebbe la pregiudizialita' rispetto al giudizio a quo, in quanto le questioni si riferirebbero all'applicazione di una norma che presuppone la competenza del giudice di pace. Inoltre - osserva ancora l'Avvocatura - il rimettente non si sarebbe misurato con quella giurisprudenza di legittimita', seppur minoritaria, che ritiene applicabile l'istituto di cui all'art. 131-bis cod. pen. anche nel procedimento davanti al giudice di pace. Considerato in diritto 1.- Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Teramo, con ordinanza del 7 marzo 2017, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), come modificato dall'art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche' in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito, con modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, nella parte in cui per il delitto previsto dall'art. 582 del codice penale - limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte (lesioni lievissime) - non esclude la competenza del giudice di pace anche per i fatti aggravati ai sensi dell'art. 577, primo comma, numero 1), cod. pen., commessi contro il discendente e segnatamente, come nella specie, contro il figlio naturale (da ritenersi, sebbene non precisato dal rimettente, quello nato sia in costanza di matrimonio, sia al di fuori), cosi' come per i fatti commessi contro il discendente adottivo. Il rimettente lamenta l'irragionevole previsione, per il medesimo reato, di un diverso criterio di attribuzione della competenza per materia, tra giudice di pace e tribunale ordinario, secondo che la parte offesa del reato di lesioni volontarie lievissime sia, in particolare, il figlio naturale o il figlio adottivo, con violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.). Sussisterebbe, altresi', la violazione dell'art. 24 Cost., perche' la disposizione censurata determina un pregiudizio per l'indagato costituito dall'impossibilita' per il giudice di adottare un provvedimento di archiviazione ai sensi degli artt. 411, comma 1-bis, del codice di procedura penale e 131-bis cod. pen. per difetto di punibilita' in ragione della particolare tenuita' del fatto. 2.- Preliminarmente, deve considerarsi che l'art. 577 cod. pen., richiamato, limitatamente al secondo comma, dalla disposizione censurata, e' stato modificato dall'art. 2 della legge 11 gennaio 2018, n. 4 (Modifiche al...

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