n. 23 SENTENZA 28 gennaio - 27 febbraio 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 459, comma 1, del codice di procedura penale, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Avezzano nel procedimento penale a carico di D.G.A., con ordinanza del 7 agosto 2013, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 2015 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano. Ritenuto in fatto 1.- Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Avezzano, con ordinanza del 7 agosto 2013, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione, dell'art. 459, primo comma, cod. proc. pen. (come sostituito dall'art. 37, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 479 - Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennita' spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), nella parte in cui prevede la facolta' del querelante di opporsi, in caso di reati perseguibili a querela, alla definizione del procedimento con l'emissione di decreto penale di condanna. Premette il rimettente che l'ufficio del pubblico ministero ha esercitato l'azione penale nei confronti dell'imputato D.G.A., depositando richiesta di emissione di decreto penale di condanna in relazione al reato di cui all'art. 388, terzo e quarto comma, cod. pen., nonostante l'espressa opposizione del querelante alla definizione del procedimento mediante decreto penale di condanna formulata ex art. 459, comma 1, cod. proc. pen. Unitamente alla richiesta di emissione di decreto penale l'Ufficio del pubblico ministero ha chiesto di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 459, comma 1, cod. proc. pen. nella parte in cui prevede, per i soli reati perseguibili a querela, il potere in capo al querelante di opporsi alla definizione del procedimento con decreto penale di condanna, per contrasto di detta norma con gli artt. 3, 101 e 111 Cost. In particolare, il rappresentante dell'ufficio della Procura rileva il contrasto della norma citata con l'art. 3 Cost., sotto il duplice profilo dell'irragionevolezza della disposizione e della violazione del principio di uguaglianza, in quanto il potere attribuito dalla legge al querelante di opporsi alla definizione del procedimento attraverso il rito monitorio non risponderebbe ad alcun interesse giuridicamente apprezzabile. Secondo il pubblico ministero, la persona offesa dal reato e', in primo luogo, portatrice di un interesse a veder dichiarata la penale responsabilita' dell'autore del reato con la conseguente irrogazione di una sanzione penale, interesse che viene parimenti soddisfatto sia attraverso lo svolgimento del processo con un qualsiasi rito, anche speciale, che si conclude con una sentenza, sia attraverso il rito speciale di cui all'art. 459 e seguenti, cod. proc. pen. attesa la natura di sentenza del decreto penale di condanna. In secondo luogo, la persona offesa dal reato e' portatrice di un interesse al risarcimento dei danni patrimoniali e non conseguenti al reato, interesse che non sempre e' soddisfatto all'esito della definizione del processo penale sia nel caso di definizione con decreto penale di condanna, che in caso di definizione con «patteggiamento», ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. Infatti, in tali casi, e' esclusa dal legislatore qualsiasi delibazione da parte del giudice penale in ordine alla pretesa risarcitoria della parte offesa, che dovra' essere fatta valere successivamente in sede civile. Pertanto il querelante non vede leso alcun suo diritto dalla definizione del procedimento a mezzo del rito di cui all'art. 459 cod. proc. pen., visto che detto rito si conclude con l'applicazione di una sanzione penale nei confronti del responsabile e che, in ogni caso, e' garantita la tutela risarcitoria in sede civile come avviene anche in caso di patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. La possibilita' concessa dalla legge al querelante di opporsi alla definizione del procedimento a mezzo dell'emissione del decreto penale di condanna sarebbe, dunque, irragionevole, risolvendosi esclusivamente nell'infliggere al querelato la sofferenza consistente nello svolgimento del processo, in modo da trasformare quest'ultimo da strumento di accertamento dei fatti in una sanzione nei confronti dell'autore del reato. Sottolinea, infine, il pubblico ministero che la facolta' concessa dall'art. 459 cod. proc. pen. di opporsi alla definizione del procedimento con decreto penale di condanna, contrasterebbe con il principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost. in quanto l'instaurazione del processo con rito ordinario a seguito dell'opposizione comporterebbe una inevitabile dilatazione dei tempi processuali, nonche' una violazione dell'art. 101 Cost. in quanto sottrarrebbe al pubblico ministero la titolarita' dell'esercizio dell'azione penale. Premesso quanto sopra, il GIP del Tribunale ordinario di Avezzano ritiene, innanzitutto, che sussista la rilevanza della questione atteso che dalla decisione della stessa dipende la definizione del procedimento mediante l'emissione di decreto penale di condanna come richiesto dal pubblico ministero, ovvero l'obbligo di rigettare la richiesta con rimessione degli atti al pubblico ministero perche' proceda con altro rito. Inoltre, secondo il rimettente, la questione non e' manifestamente infondata in quanto la norma configura un vulnus al principio di obbligatorieta' dell'azione penale previsto dall'art. 112 Cost., principio di carattere generale che, nell'attuale sistema costituzionale, non prevede deroghe ne' con riferimento all'esercizio dell'azione ne' con riferimento alle modalita' di esercizio della stessa da parte del pubblico ministero. Con particolare riguardo al profilo della modalita' di esercizio dell'azione penale, il rimettente osserva che l'ordinamento processuale rimette la scelta del rito (giudizio direttissimo, immediato, ordinario, procedimento per decreto) esclusivamente all'ufficio del pubblico ministero, in presenza ovviamente dei presupposti di legge previsti per i singoli riti. Fanno eccezione solo il rito abbreviato in cui la scelta e' rimessa alla volonta' dell'imputato e l'applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. dove e' richiesto l'accordo tra accusa ed...

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