n. 23 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 2017 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sesta sezione penale composta da Domenico Carcano - Presidente;

Andrea Tronci;

Pierluigi Di Stefano;

Massimo Ricciarelli;

Alessandra Bassi, relatore;

ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Imperia, nei confronti di Chebby Walid nato il 24 settembre 1980 avverso la sentenza del 22 aprile 2015 del Gip del Tribunale di Imperia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in pubblica udienza del 13 dicembre 2016, la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;

udito il Procuratore generale in persona del Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza in relazione all'art. 73, comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Imperia ha condannato, all'esito del giudizio abbreviato, Walid Chebby alle pene di legge, in ordine a due violazioni dell'art. 73 decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, riqualificate dal decidente ai sensi del comma 5 della stessa disposizione. In particolare, la prima contestazione sub capo A) ha ad oggetto la detenzione di 23 ovuli contenenti complessivamente 10,07 grammi di eroina, di cui 3773 mg di eroina-base pari a circa 150 dosi singole da 25 mg;

la seconda sub capo B) concerne la cessione continuata ad un primo acquirente, da novembre a dicembre 2013 - con cadenza di almeno quattro volte alla settimana (per un totale di circa 130 cessioni), e ad un secondo acquirente, da febbraio a marzo 2014 - con cadenza di due/tre volte alla settimana (per un totale di circa 140 cessioni) -, in ogni occasione di dosi di circa mezzo grammo di eroina, per il corrispettivo di 40 euro ciascuna. A sostegno della riqualificazione giuridica dei fatti nell'ipotesi lieve, il Giudice di merito ha valorizzato il modesto quantitativo delle singole dosi di volta in volta cedute, seppure per un ambito temporale di qualche mese, la natura di «droga da strada» dell'eroina - notoriamente connotata da una percentuale di principio attivo bassissima (del 2 o 3%) -, i ricavi modesti tratti dalle cessioni, l'assenza di elementi che consentano di ritenere che l'imputato sia dedito ad un traffico stabile e lucroso di stupefacenti, trattandosi piuttosto di un «manovale del crimine». In punto di trattamento sanzionatorio, il Gup ha applicato le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla contestata e ritenuta recidiva, in considerazione della condizione di tossicodipendenza dell'imputato e del suo buon comportamento processuale. 2. Ricorre avverso la sentenza il pubblico ministero presso il Tribunale di Imperia e ne chiede l'annullamento per inosservanza o erronea applicazione di legge e contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione in relazione al riconoscimento dell'ipotesi lieve di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonche' delle circostanze attenuanti generiche. In particolare: 2.1. in relazione al primo profilo di doglianza, la parte pubblica ricorrente evidenzia come, nella specie, non ricorrano i presupposti dell'ipotesi lieve dal momento che l'imputato, in relazione alla contestazione sub capo A), deteneva sulla persona di 23 involucri di eroina pronti per essere ceduti - contenenti un quantitativo complessivo di eroina base pari a 3773 mg da cui erano ricavabili circa 150 dosi singole da 25 mg ciascuna -;

era dedito ad un'attivita' di smercio con modalita' professionali - stante la vendita abituale e quotidiana in uno stesso luogo con l'utilizzo di ben due utenze cellulari, sulle quali i clienti effettuavano gli ordinativi, con una clientela ben piu' ampia dei due acquirenti, identificati ed escussi dagli inquirenti, di cui al capo B) -;

disponeva della somma di 195 euro in contanti, suddivisa in banconote di piccolo taglio, in assenza di alcuna lecita attivita' lavorativa. 2.2. In merito alla seconda censura, il ricorrente rimarca come l'imputato non possa ritenersi meritevole delle circostanze attenuanti generiche alla luce della condizione di assuntore di stupefacenti ne' delle telegrafiche spontanee dichiarazioni che rendeva in udienza, dopo due interrogatori nei quali si era avvalso della facolta' di non rispondere, al chiaro scopo di ottenere una mitigazione del trattamento sanzionatorio, in assenza di una sincera resipiscenza. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che sussistano i presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli articoli 25, 3 e 27 Cost., in relazione all'art. 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, nella parte in cui detta norma prevede - a seguito della sentenza n. 32 dell'11 febbraio 2014 della Corte costituzionale - la pena minima edittale di otto anni in luogo di quella di sei anni introdotta con l'art. 4-bis del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni con la legge 21 febbraio 2006, n. 49. 2. In via preliminare, occorre notare come la questione sia rilevante ai fini della decisione del ricorso sottoposto al vaglio di questo Collegio. 2.1. Il pubblico ministero di Imperia ha proposto ricorso avverso la sentenza pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del medesimo Tribunale, all'esito del giudizio abbreviato, nei confronti di Walid Chebby, per due violazioni dell'art. 73 decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, riqualificate dal decidente ai sensi del comma 5 della stessa disposizione. In particolare, il pubblico ministero ritiene che non sia ravvisabile l'ipotesi lieve con riguardo a nessuna delle condotte in contestazione: quanto alla prima, in considerazione del rilevante dato ponderale della sostanza detenuta e dall'elevato grado di purezza dello stupefacente - da cui erano ricavabili ben 150 dosi -, della suddivisione della sostanza in 23 involucri, nonche' delle ulteriori «modalita' e circostanze dell'azione» del caso concreto - quali la disponibilita' in capo all'imputato di una rilevante somma di denaro in contanti e della operativita' in una vasta e florida piazza di spaccio -, indicative della professionalita' dell'illecito agire. Quanto alla seconda condotta ascritta, in ragione del rilevante ambito temporale in cui si sono dipanate le condotte illecite (almeno otto mesi), della cadenza ravvicinata delle cessioni ai due acquirenti, del comprovato inserimento dell'imputato in una rete organizzata di distribuzione nonche' della abitualita' e serialita' dell'attivita' di spaccio in assenza di una qualunque fonte lecita di reddito, elementi indicativi dell'ampia rete di smercio facente capo all'imputato, ben oltre i due unici clienti individuati dalla polizia giudiziaria sulla base dell'esplorazione della memoria digitale dei telefoni cellulari in uso allo Chebby. 2.2. Orbene, ritiene il Collegio che le censure mosse dalla parte pubblica con riguardo ad entrambe le contestazioni colgano nel segno. Quanto alla contestazione sub capo A), mette conto di rilevare che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte regolatrice, l'avvenuta trasformazione della fattispecie prevista dall'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, da circostanza attenuante ad ipotesi autonoma di reato - per effetto dell'art. 2 decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10 - non ha comportato alcun mutamento nei caratteri costitutivi del fatto di lieve entita', che continua ad essere configurabile nelle ipotesi di minima offensivita' penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalita', circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. 4, n. 15020 del 29 gennaio 2014, Bushi, Rv. 259353;

conf. n. 27480/2014 e n. 29260/2014, non massimate). Mantengono pertanto inalterata validita' i principi espressi da questa Corte nel suo piu' ampio consesso, secondo cui tale fattispecie puo' essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensivita' penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalita', circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. U, n. 35737 del 24 giugno 2010, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911). Allorche' la quantita' di stupefacente risulti «considerevole», risulta evidente la significativa potenzialita' offensiva del fatto ed il pericolo di diffusivita' della sostanza, che impediscono di ravvisare la fattispecie incriminatrice in parola. 2.3. Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche, giudica il Collegio che la decisione del Giudice a quo - nel senso della ritenuta sussistenza dei presupposti del fatto di lieve entita' di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 -, non possa ritenersi corretta. Cio' sia a fronte del rilevante dato ponderale del materiale drogante oggetto della condotta sub capo A), da cui erano ricavabili 150 dosi singole, di per se' difficilmente conciliabile con l'ipotesi lieve, che - come sopra rilevato - presuppone una trascurabile entita' della lesione o della messa in pericolo del bene protetto dalla norma incriminatrice, che va appunto riferito all'interesse sociale ad evitare ogni diffusione delle sostanze droganti;

sia delle ulteriori circostanze dell'agire - ben lumeggiate dall'inquirente sulla scorta della stessa ricostruzione in fatto del Giudice della cognizione -, tali da connotare il fatto...

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