n. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 aprile 2015 -

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Prima) Ha pronunciato la presente Ordinanza sul ricorso numero di registro generale 12165 del 2014, proposto da: Giovanni Zotta, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paola Salvatore, Mario Sanino, Marco Di Lullo, con domicilio eletto presso lo Studio Legale del medesimo avv. Sanino in Roma, viale Parioli, n. 180;

Contro la Corte dei conti e il Segretariato Generale della Corte dei conti, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell'economia e delle finanze, non costituiti in giudizio;

Per l'annullamento: del provvedimento adottato dal Segretario generale della Corte dei conti con nota prot. n. 0003365 del 18 luglio 2014 con la quale e' stato preannunciato che, a decorrere dal mese di agosto 2014, il trattamento in godimento quale magistrato con la qualifica di Consigliere dei ruoli della stessa Corte dei conti, sarebbe stato decurtato della somma pari a €

83.556,35 come attestato dalla scheda contabile allegata allo stesso provvedimento;

di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto e/o consequenziale nonche' per la declaratoria;

del diritto al trattamento retributivo e a quello pensionistico spettanti senza applicazione delle decurtazioni di cui all'art. 1, comma 489, legge 27 dicembre 2013 n. 147 e ss.mm. nonche' per la condanna dell'Amministrazione al versamento e alla restituzione delle somme nelle more illegittimamente trattenute e recuperate. Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Corte dei conti e del Segretariato generale della Corte dei conti;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2015 il dott. Raffaello Sestini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato e ritenuto in fatto ed in diritto: 1 - Che con il ricorso in epigrafe, proposto da un consigliere della Corte dei conti nominato dal Governo ai sensi dell'art. 7 del r.d. n. 1214 del 1934, del provvedimento adottato dal Segretario generale della Corte dei conti con nota prot. n. 0003365 del 18 luglio 2014 con la quale e' stato preannunciato che, a decorrere dal mese di agosto 2014, il trattamento in godimento quale magistrato con la qualifica di Consigliere dei ruoli della stessa Corte dei conti, sarebbe stato decurtato della somma pari a €

83.556,35 come attestato dalla scheda contabile allegata allo stesso provvedimento, unitamente ad ogni altro atto annesso, connesso, presupposto o consequenziale. Il ricorrente chiede inoltre l'accertamento del diritto a percepire, nella loro interezza, gli emolumenti connessi al servizio prestato come magistrato della Corte dei conti, nonche' al versamento dei relativi contributi previdenziali e degli accantonamenti per il trattamento di fine servizio (TFS), con la conseguente condanna dell'Amministrazione al versamento ed alla restituzione delle somme nelle more indebitamente trattenute;

2 - Che il contenzioso in esame concerne la vicenda applicativa conseguente all'adozione dell'art. 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214, il quale stabilisce, al comma 1, primo periodo, che «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e' definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione»;

3 - Che, in attuazione della citata disposizione, il Presidente del Consiglio dei ministri ha adottato il decreto 23 marzo 2012 che, all'art. 3, stabilisce che «a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto, il trattamento retributivo percepito annualmente, comprese le indennita' e le voci accessorie nonche' le eventuali remunerazioni per incarichi ulteriori o consulenze conferiti da amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza [...] non puo' superare il trattamento economico annuale complessivo spettante per la carica al Primo Presidente della Corte di cassazione, pari nell'anno 2011 a €

293.658,95. Qualora superiore, si riduce al predetto limite». Successivamente, l'art. 1, comma 489, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha previsto che «ai soggetti gia' titolari di trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche, le amministrazioni e gli enti pubblici (...) non possono erogare trattamenti economici onnicomprensivi che, sommati al trattamento pensionistico, eccedano il limite» e che «Nei trattamenti pensionistici di cui al presente comma sono compresi i vitalizi, anche conseguenti a funzioni pubbliche elettive, facendo peraltro salvi "i contratti e gli incarichi in corso fino alla loro naturale scadenza prevista negli stessi". L'ultimo periodo della disposizione prevede che "gli organi costituzionali applicano i principi di cui al presente comma nel rispetto dei propri ordinamenti". Infine, l'art. 13 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, ha stabilito che "a decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni e integrazioni, e' fissato in €

240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente»;

4 - Che il ricorrente afferma l'illegittimita' degli atti impugnati deducendo i motivi di ricorso di seguito sintetizzati: eccesso di potere sotto plurimi profili sintomatici e violazione della normativa di legge di riferimento, e in particolare violazione dell'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013, non avendo l'Amministrazione applicato la prevista deroga concernente «i contratti e gli incarichi in corso fino alla loro naturale scadenza», nonostante la condizione del ricorrente di pubblico funzionario gia' in carica all'entrata in vigore della previsione di legge;

la medesima decurtazione della remunerazione determinerebbe altresi' una violazione del diritto al lavoro e dell'obbligo di retribuzione proporzionata alla qualita' e quantita' del lavoro svolto ai sensi degli artt. 4 e 36 Cost. ed un vulnus allo status di indipendenza ed autonomia dei magistrati (anche contabili), protetto dagli artt. 100, 101, 104 e 108 Cost., oltre a violare il principio di irretroattivita' dei trattamenti in pejus ed il legittimo affidamento del ricorrente in violazione dell'art. 6 CEDU e quindi dell'art. 117 Cost.;

in via subordinata, illegittimita' derivata dall'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 489, della legge n. 147 del 2013, se interpretato nel senso di escludere il ricorrente...

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