n. 220 SENTENZA 7 ottobre - 5 novembre 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), promosso dal Tribunale ordinario di Verona nel procedimento penale a carico di B.V. con ordinanza del 7 agosto 2014, iscritta al n. 5 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2015 il Giudice relatore Giuseppe Frigo. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza depositata il 7 agosto 2014, il Tribunale ordinario di Verona, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nella parte in cui - nel disporre che «Al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale» - non stabilisce, per tale reato, la procedibilita' a querela. Il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata di violazione continuata degli artt. «12-sexies e 6 della legge n. 898 del 1970, in relazione all'art. 570, comma 2, n. 2, c.p.», per essersi sottratto all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a titolo di contributo al mantenimento, all'istruzione e all'educazione della figlia minore, posto a suo carico con sentenza del 14 gennaio 2010 in sede di pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Riferisce, altresi', che il procedimento penale era stato avviato a seguito di querela sporta dal coniuge divorziato. Successivamente, peraltro, quest'ultimo aveva rimesso la querela e l'imputato aveva accettato la remissione. Al riguardo, il giudice a quo osserva che, in base ad un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimita', il reato di omessa corresponsione dell'assegno divorzile deve ritenersi procedibile d'ufficio e non gia' a querela della persona offesa. Il rinvio all'art. 570 cod. pen., operato dall'art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970, si riferisce, infatti, esclusivamente al regime sanzionatorio del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare e non anche al relativo regime di procedibilita'. La conclusione risulterebbe avvalorata, secondo il giudice rimettente, dalla considerazione che l'art. 570 cod. pen. stabilisce, al suo interno, un regime di procedibilita' differenziato: sempre a querela per le ipotesi previste dal primo comma e d'ufficio solo per alcune delle ipotesi piu' gravi previste dal secondo comma. Con la conseguenza che apparirebbe problematico anche individuare quale regime, tra questi, sarebbe stato eventualmente richiamato dalla norma denunciata. La remissione della querela e la sua accettazione, intervenute nel caso di specie, rimarrebbero pertanto irrilevanti. Secondo il giudice a quo, tuttavia, la mancata previsione della perseguibilita' a querela del reato in esame porrebbe la norma censurata in contrasto con l'art. 3 Cost., generando irragionevoli disparita' di trattamento di situazioni analoghe. La sperequazione denunciata si riscontrerebbe, anzitutto, in rapporto alla figura criminosa di cui all'art. 388, secondo comma, cod. pen., che punisce la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice concernente l'affidamento di minori: compreso, quindi, il provvedimento adottato con la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Ai sensi dell'ultimo comma del medesimo art. 388, tale reato e', infatti, perseguibile a querela. Il diverso regime di procedibilita' delle due ipotesi criminose apparirebbe, peraltro, privo di ogni razionale giustificazione. Con riguardo al medesimo provvedimento giudiziale, il legislatore avrebbe, infatti, rimesso alla volonta' dei privati coinvolti la perseguibilita' delle condotte illecite che incidono sull'affidamento dei minori (materia normalmente sottratta al potere dispositivo delle parti), rendendo, invece, perseguibili d'ufficio quelle che investono i soli aspetti patrimoniali (soggetti, di norma, al predetto potere dispositivo). La procedibilita' officiosa del reato di cui all'art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 non potrebbe essere, dunque, spiegata con la maggiore gravita' dei comportamenti repressi da detta disposizione. Al contrario, sarebbe il reato previsto dalla norma del codice penale a risultare piu' grave, non soltanto sul piano dei beni tutelati, ma anche in relazione alla condotta e al trattamento sanzionatorio. La norma denunciata reprime, infatti, la mera inottemperanza al provvedimento del giudice, mentre l'art. 388, secondo comma, cod. pen. colpisce solo le piu' insidiose condotte elusive di quel provvedimento. Con la sentenza 31 gennaio-31 maggio 2013, n. 23866, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno, d'altra parte, chiarito che la pena applicabile per la violazione dell'obbligo di corrispondere l'assegno divorzile e' quella prevista dal primo comma dell'art. 570 cod. pen.: pena inferiore - quanto al massimo della pena detentiva alternativa - a quella stabilita per il reato di cui all'art. 388, secondo comma, cod. pen. Una discrasia similare sarebbe ravvisabile in rapporto al reato previsto dall'art. 6 della legge 4 aprile 2001, n. 154 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari), che punisce con la pena indicata dall'art. 388, primo comma, cod. pen. «Chiunque elude l'ordine di protezione previsto dall'articolo 342-ter del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio». Anche in questo caso, infatti, richiamando l'ultimo comma dello stesso art. 388 cod. pen., il legislatore ha reso il reato procedibile a querela. La perseguibilita' e', dunque, rimessa alla libera determinazione delle parti persino nel caso di elusione del provvedimento con cui il giudice abbia disposto l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto una condotta gravemente pregiudizievole per l'integrita' fisica o morale, ovvero per la liberta' dell'altro coniuge o convivente. Il che renderebbe ancora piu' evidente l'incongruenza di un sistema che sottrae, invece, a tale libera determinazione la perseguibilita' dell'inottemperanza al provvedimento del giudice, reso anche nel medesimo ambito, che stabilisce meri obblighi pecuniari. Da ultimo, anche il raffronto con il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, previsto dall'art. 570 cod. pen. - dal quale quello in esame riprende la risposta punitiva - evidenzierebbe irrazionali dissimmetrie. Verrebbero in rilievo, al riguardo, le considerazioni sulla cui base la sesta sezione penale della Corte di cassazione, in una sentenza del 2004, aveva ritenuto, in via...

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