n. 213 SENTENZA 26 settembre - 12 ottobre 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 486 e 487, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)», promossi dalla Commissione giurisdizionale per il personale della Camera dei deputati con ordinanze del 10 dicembre 2014 e del 3 marzo 2015, iscritte ai nn. 92 e 129 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 21 e 27, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visti gli atti di costituzione di Berardi Pierino ed altri e di Michelini Alessandro ed altri, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 settembre 2017 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

uditi l'avvocato Federico Sorrentino per Berardi Pierino ed altri e per Michelini Alessandro ed altri e l'avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Nel corso di due giudizi - promossi da altrettanti gruppi di ex dipendenti della Camera dei deputati per ottenere l'annullamento della delibera 4 giugno 2014, n. 87, con la quale l'Ufficio di Presidenza di quella Camera aveva disposto la decurtazione delle pensioni dei ricorrenti, per l'importo e la durata stabiliti dal comma 486, ed il versamento dei correlativi risparmi all'entrata del bilancio dello Stato, con (implicito) riferimento a quanto previsto dal successivo comma 487, dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)» - l'adita Commissione giurisdizionale per il personale della Camera dei deputati, premessane la rilevanza (in ragione della coincidenza di contenuto precettivo della delibera impugnata e delle richiamate disposizioni di legge) e la non manifesta infondatezza in riferimento agli artt. 3, 53 e (implicitamente anche) all'art. 136 della Costituzione, ha sollevato, con le due (pressoche' identiche) ordinanze in epigrafe, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 486 e 487, della suddetta legge n. 147 del 2013. Secondo la Commissione rimettente, il "contributo di solidarieta'" introdotto dalle norme censurate (non connotato da «elementi tali da escludere manifestamente che esso abbia natura tributaria») violerebbe, appunto, gli evocati artt. 3 e 53 Cost., in quanto «applicandosi ad una sola categoria di cittadini percettori di reddito (vale a dire i pensionati), tale contributo non consente di escludere manifestamente la menomazione "dei principi fondamentali di uguaglianza a parita' di reddito, attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti passivi"»;

e - «introducendo un prelievo consistentemente maggiore rispetto a quello previsto, in particolare, dal (distinto) "contributo di solidarieta'" richiesto a tutti i percettori di reddito dal comma 590 del medesimo art. 1 della legge n. 147/2013» - contrasterebbe, «anche sotto questo profilo», con il principio di eguaglianza dei cittadini a parita' di reddito. L'odierno «contributo di solidarieta'» presenterebbe, inoltre, ad avviso della stessa rimettente, «significativi elementi di identita' con il "contributo di perequazione" a suo tempo introdotto dall'art. 18, comma 22-bis, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e in seguito dichiarato costituzionalmente illegittimo con la [...] sentenza della Corte costituzionale n. 116/2013». Dal che il sospetto ulteriore di «violazione del giudicato formatosi sulla predetta [...] sentenza n. 116/2013». 2.- In entrambi i giudizi si sono costituiti altrettanti gruppi di pensionati della Camera dei deputati, svolgendo (con identica difesa) diffuse argomentazioni a sostegno delle questioni sollevate dalla Commissione rimettente - della quale hanno inteso, ribadire, in premessa, la natura di giudice a quo - e prospettando ulteriori profili di contrasto, delle disposizioni censurate, con il principio del legittimo affidamento sulla stabilita' del trattamento previdenziale. 3.- Nei due riferiti giudizi, e' anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita' delle questioni sollevate, sotto il triplice profilo della carenza di effettiva motivazione sulla rilevanza, della mancanza di autonoma motivazione sulla non manifesta infondatezza e dell'omessa previa verifica di una possibile interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate. Nel merito, l'Avvocatura ha concluso per la non fondatezza delle questioni stesse. L'intervento normativo sulle pensioni piu' elevate sarebbe, infatti, a suo avviso, «pienamente conforme alle norme costituzionali che erroneamente si considerano violate ed anzi rende[rebbe] evidente che, in assenza di tali interventi, si sarebbe creata un "zona franca" sottratta a quella logica di...

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