n. 210 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2016 -

IL TRIBUNALE DI GENOVA Prima Sezione Civile composto dai magistrati: Dott. Luigi Costanzo, Presidente;

Dott. Lorenza Calcagno, Giudice;

Dott. Ada Lucca, Giudice relatore;

ha pronunciato la presente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nel procedimento di reclamo, promosso ai sensi dell'art. 669-terdecies codice procedura civile con ricorso depositato dal Ministero dell'interno e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

Contro B. D. in relazione alla ordinanza cautelare pronunciata in data 26 gennaio 2016 dal Tribunale di Genova. La vicenda processuale Con ricorso per provvedimenti urgenti ai sensi dell'art. 700 del codice procedura civile depositato in data 23 novembre 2015, D. B. chiedeva a questo Tribunale di consentirle di continuare ad utilizzare la patente di guida n. cat. B di cui era titolare, ovvero di adottare ogni diverso provvedimento ritenuto opportuno al fine di tutelare in via d'urgenza i suoi diritti, disapplicando l'illegittimo provvedimento di revoca della patente di guida disposto dal Prefetto di Genova il 27 maggio 2015. Chiedeva che, se fosse stato ritenuto necessario, venisse sollevata alla Corte costituzionale questione di legittimita' dell'art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, nel testo modificato dall'art. 3, comma 52, della legge 15 luglio 2009 n. 94, in relazione agli articoli 3, 16 e 25, commi 1 e 2, e 117 comma 1 della Costituzione. Riferiva la ricorrente che il provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida era stato assunto il 27 maggio 2015 sul presupposto che la ricorrente non fosse piu' in possesso dei requisiti morali previsti dall'art. 120 del codice della strada: la stessa era stata condannata con sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Genova del 16 giugno 2009 n. 753 per reati commessi tra il settembre e il novembre 2007 in violazione dell'art. 73.5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, quando la ricorrente, all'epoca venticinquenne, versava in condizioni di tossicodipendenza e di grave disagio familiare. In epoca successiva ai fatti, ella aveva superato la tossicodipendenza e conduceva una vita del tutto regolare e si occupava delle tre figlie minorenni. Cio' premesso allegava, relativamente al presupposto del fumus boni juris, che: la modifica dell'art. 120 del codice della strada introdotta dall'art. 3, comma 52, legge n. 94/2009 inseriva nell'elenco di soggetti che non possono conseguire la patente di guida (o ai quali deve essere revocata, se ne sono gia' in possesso), come i delinquenti abituali, professionali o per tendenza o altre categorie ivi previste, anche le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al Presidente della Repubblica n. 309/1990. Tale modifica non si sarebbe dovuta applicare al caso di specie poiche', introducendo una sanzione accessoria per i soggetti che commettono uno dei reati suindicati, essa riguarderebbe solo i fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore. I reati commessi dalla ricorrente, invece, risalivano al novembre 2007 ed erano quindi precedenti all'entrata in vigore della norma in questione. D'altra parte, l'applicazione retroattiva della norma sarebbe stata esclusa non solo dall'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ma anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. 196/2010);

anche nel caso in cui si ritenesse possibile disporre la revoca della patente di guida ai sensi dell'art. 120 del codice della strada, come modificato dalla legge n. 94/2009, in relazione a reati commessi prima dell'entrata in vigore di tale legge, sarebbe rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della suddetta norma. Quest'ultima, laddove consentisse un'applicazione retroattiva della disciplina, risulterebbe illegittima per violazione dell'art. 25, comma 2 Cost., dell'art. 117 comma 1 Cost., dell'art. 3 Cost. e dell'art. 16 Cost. Gli argomenti fin qui esposti dimostravano - secondo la ricorrente - la sussistenza del fumus boni iuris del ricorso per ottenere una pronuncia cautelare che, disapplicando il provvedimento del Prefetto di Genova, le consentisse di utilizzare la patente di guida. Quanto al periculurn in mora, la ricorrente rappresentava che il possesso della patente di guida era per lei essenziale per ottemperare ai suoi oneri genitoriali. Infatti, dovendo provvedere da sola a mantenere ed accudire le sue tre figlie, necessitava della patente di guida per poterle accompagnare in auto a scuola, atteso che le bambine frequentavano istituti diversi ed i tempi dei mezzi pubblici non le consentivano di adempiere a tali incombenti nei tempi imposti dagli orari scolastici. Evidenziava anche problematiche di salute delle minori. Costituendosi nel procedimento cautelare, il Ministero dell'interno ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti chiedevano la reiezione del ricorso in base al rilievo che la revoca della patente di guida ai sensi dell'art. 120 del codice della strada non costituirebbe, in questo caso, una conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, ma deriverebbe dalla mera constatazione dell'insussistenza (originaria o sopravvenuta) dei requisiti morali prescritti per il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida. Pertanto, la condanna avrebbe solo un valore di fatto storico ostativo al rilascio (o mantenimento) della patente. In tal senso, la natura sanzionatoria del provvedimento di revoca della patente di guida, emesso ai sensi dell'art. 120 del codice della strada, sarebbe stata ormai definitivamente esclusa dalla giurisprudenza di legittimita' (Cass. Sez. Un. 14 maggio 2014 n. 10406). Inoltre, a conferma della natura non sanzionatoria della revoca, il provvedimento non implicherebbe alcun esercizio di discrezionalita' amministrativa, trattandosi di misura vincolata (Cons. Stato, 15 febbraio 2012, n. 786). Pertanto, negata la natura sanzionatoria, verrebbero meno i dubbi di incostituzionalita' per il presunto contrasto con i principi di irretroattivita' della legge penale. La Corte costituzionale, con sentenza n. 118/1994, aveva inoltre precisato che, in casi di tal genere, non puo' discorrersi di retroattivita' della legge quanto piuttosto di operativita' immediata della legge (nello stesso senso Tribunale Genova, 4 novembre 2015, n. 3179/2015). Inoltre, con sentenza n. 281 del 28 novembre 2013, la Corte costituzionale aveva affermato la retroattivita' della disposizione recata dall'art. 120 codice della strada a seguito delle modifiche apportatevi dalle disposizioni della legge n. 94/2009, che hanno introdotto, quale legittima causa di revoca della patente conseguita o di impedimento al suo rilascio, l'intervenuta condanna in relazione ad uno dei reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico sugli stupefacenti;

stabilendo poi che tale applicazione retroattiva della disposizione contrasta con la Costituzione solo quando le condanne siano state pronunciate ex art. 444 del codice procedura penale, prima dell'entrata in vigore della novella. Quindi, se la Corte costituzionale aveva implicitamente ritenuto conforme alla Costituzione l'applicazione retroattiva dell'art. 120 codice della strada anche alle condanne pronunziate prima dell'entrata in vigore della legge n. 94/2009, a maggior ragione tale applicazione retroattiva dovrebbe essere ritenuta legittima, in presenza - come nella fattispecie - di condanne pronunziate successivamente all'entrata in vigore della suddetta disposizione normativa, seppur relative a reati commessi antecedentemente. L'ordinanza reclamata, emessa il 26 gennaio 2016, adottando un'interpretazione costituzionalmente orientata, riteneva inapplicabile la revoca della patente ai casi di reati commessi prima dell'entrata in vigore della modifica apportata nel 2009 all'art. 120 del codice della strada e quindi accoglieva il ricorso, disponendo l'annullamento della revoca della patente. L'Avvocatura proponeva reclamo, lamentando l'erroneita' dell'interpretazione adottata dal primo giudice, dovendosi ritenere la revoca non quale provvedimento sanzionatorio, ma di mera constatazione della sopravvenuta insussistenza dei requisiti morali prescritti;

insisteva, pertanto, per l'insussistenza di un problema di retroattivita' nel caso di specie e per l'infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. Resisteva la reclamata, chiedendo la conferma della pronuncia (previa occorrendo modifica/correzione del dispositivo), anche previa eventuale proposizione di un giudizio di legittimita' costituzionale, in relazione agli articoli 3, 16, 25 e 117 Cost. Con ordinanza del 19 maggio 2016 questo Collegio rilevava che l'ordinanza reclamata aveva disposto l'annullamento del provvedimento di revoca della patente, segnalando alle parti le questioni della configurabilita' di tale misura in sede cautelare, della coerenza con quanto richiesto dalla ricorrente e delle conseguenze in sede di reclamo. All'udienza del 31 maggio 2016 l'Avvocatura sollevava eccezione di ultra-petizione, mentre la parte reclamata chiedeva, in via subordinata, la correzione della ordinanza (come risulta da verbale di udienza corretto all'udienza del 16 giugno 2016). Norma oggetto - Parametri costituzionali Questo Tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 120, commi 1 e 2, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 nella parte in cui ha introdotto la perdita dei requisiti morali e la conseguente revoca della patente...

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