n. 201 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 dicembre 2015 -

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Terza Ter) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 16181 del 2014, proposto da: Energo s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Maria Alessandra Sandulli e prof. Massimo Luciani, elettivamente domiciliata presso lo studio della prima in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 349;

contro: il Ministero dello sviluppo economico, Presidenza del Consiglio dei ministri e Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati;

GSE - Gestore dei servizi energetici s.p.a., in persona del direttore degli affari legali, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Carlo Malinconico, Stefano Malinconico, Maria Antonietta Fadel e Antonio Pugliese, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 284;

per l'annullamento: del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 16 ottobre 2014, recante «Approvazione delle modalita' operative per l'erogazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116»;

del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, recante "Modalita' per la rimodulazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26, comma 3, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116";

di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale e, in particolare, per quanto occorrer possa: i) del parere dell'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico n. 504/2014/I/efr del 16 ottobre 2014;

ii) delle «Tabelle dei fattori moltiplicativi per la rimodulazione delle tariffe incentivanti ai sensi del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014», adottate dal GSE e pubblicate sul relativo sito il 27 ottobre 2014;

iii) delle «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014», adottate dal GSE e pubblicate sul relativo sito il 3 novembre 2014;

nonche' per l'accertamento: del diritto della ricorrente alla corresponsione degli incentivi come originariamente riconosciuti e/o comunque dovuti e per la condanna del GSE alla relativa liquidazione e delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni. Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Relatore nell'udienza pubblica del 25 giugno 2015 il cons. M.A. di Nezza e uditi i difensori delle parti come da verbale;

I) Rilevato in fatto. Con ricorso passato per le notificazioni il 17 dicembre 2014 (dep. il 30 dicembre), la societa' in epigrafe, deducendo di essere titolare di un impianto fotovoltaico con potenza nominale superiore a 200 kW, che fruisce delle tariffe incentivanti riconosciute in base al decreto ministeriale 19 febbraio 2007 (II° conto energia) con i termini e le modalita' stabilite nella convenzione stipulata con il GSE, per un periodo di venti anni dall'entrata in esercizio (15 aprile 2011), ha chiesto: a) l'annullamento dei provvedimenti con cui e' stata data attuazione all'art. 26, commi 2 e 3, decreto-legge n. 91/2014;

b) l'accertamento del proprio diritto alla percezione degli incentivi secondo le condizioni convenzionalmente pattuite. Illustrati gli scopi generali del regime di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, costituente parte qualificante delle politiche energetiche e ambientali internazionali, europee e nazionali, essa ha esposto gli effetti pregiudizievoli della «rimodulazione» degli incentivi prevista dall'art. 26, commi 2 e 3, cit. e dai menzionati atti applicativi - venutisi ad aggiungere ad altre misure penalizzanti (quali: l'eliminazione dal 2014 del «prezzo minimo garantito»;

l'assoggettamento, a partire dal 2011, alla c.d. Robin Tax;

la qualificazione, operata dall'amministrazione finanziaria a far tempo dal 2013, degli impianti fotovoltaici come beni immobili, con applicazione anche di IMU e TASI;

l'introduzione dell'obbligo di pagare i cc.dd. «oneri di sbilanciamento», di cui alla delib. Aeeg n. 281/2012, modificata con delib. 522/2014 del 23.10.2014) - e ha prospettato i seguenti motivi di illegittimita': i) Illegittimita' in via autonoma di tutti gli atti impugnati per violazione del diritto UE (sub lettera B ric.): violazione del Trattato sulla Carta dell'energia (articoli 10 e 13), delle direttive 2001/77/CE (art. 3) e 2009/28 (conss. 14 e 61 e articoli 13 e 16), dei principi eurounitari di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento;

degli articoli 16, 17 e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (Carta di Nizza), dell'art. 11 Cost.: le misure della «rimodulazione o e della revisione delle «modalita' di erogazione» degli incentivi gia' riconosciuti e convenzionalmente definiti, oltre a denotare l'«inaffidabilita'» dello Stato italiano sui mercati internazionali, contrasterebbero con i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, massimamente garantiti in riferimento ai diritti di impresa e di proprieta' (articoli 16 e 17 Carta di Nizza) e alla tutela dell'ambiente (art. 37 Carta di Nizza);

esse sarebbero altresi' in conflitto con gli articoli 10 e 13 del Trattato sulla Carta dell'energia (sottoscritto anche dall'UE), impositivi dell'obbligo di assicurare agli investitori delle parti contraenti «condizioni stabili, eque, favorevoli e trasparenti» (vietando al contempo di sottoporre gli investimenti a nazionalizzazione, espropriazione o «misure di effetto equivalente»), e con l'esigenza di «creare certezza per gli investitori» ai fini del rispetto degli obiettivi del Protocollo di Kyoto, secondo quanto indicato dalle direttive comunitarie di settore;

ne sortirebbe l'illegittimita' e la conseguente necessita' di annullare gli atti impugnati, previa disapplicazione dell'art. 26 o, in subordine, previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della questione della compatibilita' di detta disposizione con i principi innanzi richiamati;

ii) in subordine, illegittimita' di tutti gli atti impugnati in via derivata in ragione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 (sub lettera C ric.) 1. violazione degli articoli 3 e 97 Cost.: le leggi di incentivazione, costituenti manifestazione del c.d. diritto premiale, avrebbero natura sostanzialmente contrattuale (stante il «sinallagma» tra previsione del beneficio e attivita' del privato);

a presidio del principio del «rispetto dell'impegno incentivante» starebbero gli articoli 3, impeditivo dell'introduzione di leggi irragionevoli, e 97, sul buon andamento dell'amministrazione, della Costituzione;

in questa prospettiva, l'art. 26 integrerebbe anzitutto una lesione del pubblico interesse (al rispetto del patto con i cittadini e con gli investitori stranieri);

  1. violazione degli articoli 3 e 117, 1° comma Cost., in relazione agli articoli 6 e 13 Convenzione europea dei diritti dell'uomo: l'art. 26 avrebbe leso il qualificato affidamento della ricorrente, nel cui patrimonio giuridico sarebbe ormai definitivamente presente il diritto alla percezione degli incentivi, tenuto conto della convenzione col GSE (peraltro in corso di esecuzione);

  2. violazione del legittimo affidamento della ricorrente, comportante illegittimita' dell'art. 26 per violazione dell'art. 3 e dell'art. 117, 1° comma Cost., in riferimento agli articoli 6 e 13 della CEDU: dagli articoli 6 e 13 CEDU, sul diritto a un equo processo e a un ricorso effettivo, la Corte europea dei diritti dell'uomo avrebbe ricavato i limiti all'introduzione di norme retroattive, giustificate solo in presenza di «motivi imperativi di interesse generale»;

    in questa prospettiva, il mero ottenimento di un beneficio per la pubblica amministrazione, che costituirebbe lo scopo dell'art. 26 cit., non integrerebbe il presupposto richiesto dalla stessa Corte per legittimare l'intervento, peraltro non connesso a impellenti esigenze di riequilibrio della finanza pubblica (come desumibile dalla relazione tecnica al d.d.l. di conversione del decreto-legge n. 91/2014 in merito all'art. 26);

  3. violazione dell'art. 117, 1° comma Cost., in riferimento ai «principi fondamentali dell'ordinamento eurounitario»: l'irragionevole portata retroattiva dell'art. 26 comporterebbe anche la violazione del principio dell'affidamento, costituente canone fondamentale dell'ordinamento giuridico europeo;

  4. violazione degli articoli 42 e 117, 1° comma Cost., in riferimento all'art. 1 del Primo protocollo della CEDU: l'art. 26 sortirebbe l'effetto pratico di espropriare la ricorrente di parte del proprio patrimonio d'impresa, cio' contrastando con l'art. 42 Cost. e con l'art. 1, Prot. n. 1, CEDU;

    tale lesione del diritto di credito non sarebbe infatti sorretta da una «causa normativa adeguata»;

  5. violazione dell'art. 77 Cost.: sarebbero assenti i presupposti per il ricorso alla decretazione d'urgenza, tenuto conto della «trasformazione radicale dell'intero sistema», dell'assenza di misure di immediata applicazione e di effetti rilevanti e immediati in termini di risparmio di spesa (quando questo sia l'obiettivo perseguito) nonche' dell'«evidente estraneita'» dell'art. 26 rispetto al contenuto del decreto-legge n. 91/2014;

  6. violazione degli articoli 9, 32 e 117 Cost. anche in relazione al Protocollo di Kyoto, alle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE e all'art. 37 Carta di Nizza...

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