n. 190 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 aprile 2016 -

LA CORTE DEI CONTI (Sezione Giurisdizionale per la Regione Liguri

  1. Composta dai Magistrati: dott. Luciano Coccoli: Presidente;

    dott. Tommaso Salamone: consigliere;

    dott. Pietro Maltese: consigliere relatore. Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita' iscritto al n. 19708 del registro di segreteria, promosso dalla Procura Regionale presso questa Sezione;

    Contro: V. S., non costituito;

    N. M., non costituito;

    B. L., non costituito;

    C. A., non costituito. Esaminati gli atti e i documenti di causa;

    Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 gennaio 2016 dal Consigliere Pietro Maltese;

    Udito il pubblico ministero in persona del vice Procuratore generale dott. Gabriele Vinciguerra;

    Ritenuto in fatto In occasione del vertice dei capi di Stato, denominato G8, tenutosi a Genova nel luglio del 2001, gli agenti C., B., N. e V., tutti appartenenti alla Polizia di Stato, in concorso tra loro e con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in violazione delle norme disciplinanti la facolta' di arresto da parte degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, nonche' dei doveri del personale della Polizia, privavano della liberta' personale i cittadini spagnoli A. S. G. e L. A. L. G. intenzionalmente operando un arresto al di fuori dei presupposti di legge e abusando dei poteri inerenti le loro funzioni. Gli stessi agenti, inoltre, incolpavano i menzionati cittadini spagnoli, pur sapendoli innocenti, dei reati di resistenza aggravata e possesso ed utilizzo di armi, affermando falsamente nel verbale di arresto e nelle successive relazioni di servizio che A. S. G. veniva sorpreso mentre effettuava all'indirizzo dei reparti schierati della Polizia il lancio di un ordigno incendiario e che L. A. L. G. si scagliava contro le forze di Polizia, armato di un tubolare di ferro, effettuando anche resistenza per sottrarsi all'arresto. La Corte d'appello di Genova con sentenza del 13 luglio 2010, in totale riforma della sentenza di primo grado riteneva colpevoli del reato continuato di falsita' ideologica i convenuti, condannandoli alla pena di quattro anni di reclusione ciascuno, oltre all'interdizione dai pubblici uffici per anni cinque, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili da liquidarsi in separato giudizio, al versamento di una provvisionale di €

    15.000,00 per ciascuna parte civile, e al pagamento delle spese processuali. Gli altri reati di cui gli imputati erano accusati (calunnia ed abuso di ufficio) venivano dichiarati estinti per prescrizione. A seguito del rigetto del ricorso in Cassazione proposto dai convenuti, la sentenza di condanna e' passata in giudicato. Per i fatti in questione i convenuti sono stati chiamati dalla Procura contabile a rispondere del danno patrimoniale indiretto subito dal Ministero della giustizia, causalmente ricollegabile alla loro condotta illecita, per il pagamento di €

    10.584,00 a titolo di spese di costituzione in giudizio delle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato nei processi di primo e secondo grado relativi ai fatti in questione, nonche' dell'ulteriore danno patrimoniale subito dal Ministero dell'interno per avere anticipato la somma di €

    10.000,00 per le spese legali degli imputati, somma non restituita a seguito della condanna. La Procura contabile, atteso il notevole clamore suscitato dall'intera vicenda la cui notizia e' stata ampiamente riportata e diffusa sugli organi di stampa e sugli altri mezzi di informazione, ha inoltre chiesto il risarcimento del danno all'immagine della Polizia di Stato, gravemente lesa dal comportamento delittuoso dei condannati, danno quantificato in €

    200.000,00. Essendo la relativa azione preclusa dall'ari. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009 n. 78, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009 n. 102, modificato dall'art. 1 comma 1 lettera c) n. 1 del decreto-legge 3 agosto 2009 n. 103 convertito dalla legge 3 ottobre 2009 n. 141, che per effetto del rinvio contenuto nella predetta norma all'art. 7 della legge 27 marzo 2001 n. 97, legittima la proposizione dell'azione risarcitoria per danni all'immagine dell'ente pubblico da parte della procura operante presso il giudice contabile soltanto se detto danno e' conseguente a un reato ascrivibile alla categoria dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, la Procura contabile ha proposto questione di legittimita' costituzionale della norma de qua, per contrasto della stessa con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Il contrasto con l'art. 3 Cost. viene denunciato per «l'intrinseca irragionevolezza» della disciplina regolatrice dell'azione risarcitoria per danno all'immagine, ritenuta non conforme a valori di giustizia ed equita' ed a criteri di coerenza logica, nonche' per violazione del principio di uguaglianza, anche a seguito delle nuove figure di danno all'immagine introdotte dal legislatore successivamente alla norma censurata, di cui all'art. 55-quinquies, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 (aggiunto dall'ari. 69, comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150), all'art. 1, comma 12, della legge 6 novembre 2012, n. 190 e all'art. 46, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Secondo la disciplina normativa in vigore, verrebbero, infatti, escluse dall'azione risarcitoria per danno all'immagine fatti di reato altrettanto gravi e anche piu' gravi di quelli che integrano gli estremi dei reati contro la P.A. e soprattutto certamente piu' gravi dei fatti non costituenti reato descritti dalle nuove figure di violazioni di doveri del pubblico dipendente, si e' innanzi fatto cenno, creando sperequazioni manifestamente irragionevoli tra fatti che producono i medesimi effetti dannosi e dando luogo anche a situazioni paradossali. A titolo esemplificativo, si evidenzia che risulta inspiegabilmente escluso il risarcimento del danno all'immagine della pubblica amministrazione nelle ipotesi di reati contro l'amministrazione della giustizia, non compresi capo I, libro II titolo II del codice penale, che sussiste danno all'immagine risarcibile per la violazione del segreto d'ufficio (326 c.p.) ma non per la rivelazione di segreto di Stato (261 c.p.) commessa da pubblico ufficiale, che sussiste danno all'immagine per l'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all'art. 316-ter del c.p. ma non per la truffa aggravata per il conseguimento delle medesime erogazioni pubbliche di cui all'art. 640-bis del codice penale e cioe' per lo stesso fatto di reato commesso con artifici e raggiri, che e' ammesso...

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