n. 186 SENTENZA 26 settembre - 12 ottobre 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come modificato dall'art. 2, comma 25, lettera f), numero 3), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), promosso dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto, nel procedimento su reclamo di C. V., con ordinanza del 10 maggio 2017, iscritta al n. 120 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2018 il Giudice relatore Nicolo' Zanon. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 10 maggio 2017, iscritta al n. 120 del registro ordinanze 2017, il Magistrato di sorveglianza di Spoleto ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27 e 32 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come modificato dall'art. 2, comma 25, lettera f), numero 3), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui «impone che siano adottate tutte le necessarie misure di sicurezza volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilita' per i detenuti in regime differenziato di cuocere cibi». 1.1.- Il giudice a quo riferisce di essere investito del reclamo proposto da un detenuto sottoposto al regime ex art. 41-bis ordin. penit., con il quale l'interessato si duole dei divieti, impostigli dall'amministrazione penitenziaria, di acquistare cibi che richiedono cottura, nonche' di cucinare quelli di cui gli e' consentito l'acquisto (poiche' consumabili anche crudi), a pena della sottoposizione, in caso di violazione, ad una sanzione disciplinare. Il rimettente chiarisce, in via preliminare, che il reclamo e' stato proposto dall'interessato ai sensi degli artt. 35-bis e 69, comma 6, lettera b), ordin. penit., lamentando un pregiudizio grave e perdurante al proprio diritto a subire una pena non disumana ai sensi dell'art. 27 Cost., da scontare in condizioni di parita' di trattamento, ai sensi dell'art. 3 Cost., rispetto alle altre persone detenute presso il medesimo istituto penitenziario (casa circondariale di Terni), seppur in sezioni diverse da quella a regime differenziato in cui si trova. Riferisce, altresi', che il reclamante ha allegato la violazione del proprio diritto alla salute, «dovendo accontentarsi del vitto somministratogli dall'amministrazione e non potendo invece acquistare cibi da cuocere o comunque cucinare quelli di cui gli e' autorizzato l'acquisto»: al detenuto sarebbe percio' impedito di seguire la dieta alimentare di cui avrebbe bisogno per le proprie patologie, poi specificate nel corso dell'udienza fissata per la discussione del reclamo, mediante il deposito di certificazione medica attestante «gastrite cronica, malattia da reflusso gastroesofageo e tendenza alla ipercolesterolemia». Il reclamante avrebbe, altresi', avanzato anche la richiesta di «mangiare cibi piu' sani», per «ovviare cosi' ai deficit igienici che ha riscontrato nella distribuzione del vitto», che avverrebbe «con modalita' gravemente carenti, a suo modo di vedere, a causa del lungo percorso, senza le opportune cautele, che le pietanze preparate compiono dalle cucine alle stanze detentive». 1.2.- In ordine alle fonti normative dei contestati divieti, il giudice a quo espone che quello di cucinare cibo e' previsto, come risulta da una nota fatta pervenire dalla direzione dell'istituto penitenziario, dal punto M) della circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia n. 286202 del 4 agosto 2009, a sua volta emanata in diretta attuazione dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), ordin. penit., che espressamente vieterebbe la cottura di cibi, sicche' ai detenuti in regime differenziato sarebbe consentito l'uso di fornelli personali, ma per il solo riscaldamento di liquidi e cibi gia' cotti, nonche' per la preparazione di bevande. Il rimettente espone che, in base alle istruzioni ministeriali vigenti, i detenuti ristretti in regime differenziato possono acquistare al cosiddetto «mod. 72» anche i generi alimentari precotti, tra cui, ad esempio, alcune tipologie di cibi surgelati o legumi cotti in confezioni di tetrapak, partitamente indicati. Ricorda, inoltre, che i detenuti che contravvengano al divieto di cottura dei cibi, anche se rientranti tra quelli di cui e' comunque consentito l'acquisto, vengono sanzionati disciplinarmente. Il giudice a quo evidenzia che agli altri detenuti, ristretti presso le sezioni «comuni» e «alta sicurezza», e' invece consentito acquistare al cosiddetto «sopravvitto» un'ampia serie di «generi vittuari» da cucinare;

e' altresi' loro concessa la cottura di tutti i cibi consumabili anche crudi: gli unici limiti da rispettare sarebbero quelli settimanali e mensili sulle spese di acquisto, previsti in via generale, e il divieto di effettuare acquisti eccedenti, in quantita', il fabbisogno individuale, fissato in via generale dall'art. 14, comma 8, del d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della liberta'). Il giudice rimettente opera, poi, un confronto tra l'elenco di generi alimentari di cui e' consentito l'acquisto al cosiddetto «sopravvitto» presso una sezione «media sicurezza» o «alta sicurezza» della casa circondariale di Terni e il medesimo elenco redatto per la sezione a regime speciale in cui e' ristretto il reclamante, evidenziando come il secondo non contempli, a titolo esemplificativo, tutte le tipologie di carne (come pollo, agnello e maiale), le verdure e i legumi che richiedono cottura, nonche' tutte le paste, il riso e i relativi condimenti. 2.- In punto di rilevanza, il rimettente espone che l'oggetto del reclamo e' costituito dalla richiesta di eliminare i divieti imposti dall'amministrazione penitenziaria con ordini di servizio in materia di cottura dei cibi. I divieti illustrati, secondo il giudice a quo, si fondano sul punto M) - «sopravvitto e uso dei fornelli personali» - della circolare n. 286202 del 2009, emanata a seguito della modifica normativa del testo dell'art. 41-bis ordin. penit., nel cui comma 2-quater, lettera f), e' stato inserito il riferimento espresso all'obbligo per l'amministrazione di adottare tutte le misure di sicurezza necessarie, tra l'altro, a garantire l'assoluta impossibilita', per i detenuti in regime differenziato, di cuocere cibi. Solo la declaratoria d'illegittimita' costituzionale della norma contenuta nel comma 2-quater, lettera f), dell'art. 41-bis ordin. penit., in definitiva, consentirebbe al giudice a quo di disapplicare i provvedimenti amministrativi impositivi dei divieti oggetto del reclamo sottoposto alla sua cognizione. 3.- Quanto alla valutazione di non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, secondo il giudice a quo tre sarebbero i parametri costituzionali violati. 3.1.- In primo luogo, risulterebbe violato l'art. 3 Cost., poiche' la disposizione sospettata d'incostituzionalita' determinerebbe una disparita' di trattamento tra detenuti non giustificata...

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