n. 186 SENTENZA 24 giugno - 23 luglio 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 maggio 2014, n. 81, promosso dal Tribunale di sorveglianza di Messina nel procedimento di sorveglianza nei confronti di M.S., con ordinanza del 16 luglio 2014, iscritta al n. 247 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 giugno 2015 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto in fatto 1.- Il Tribunale di sorveglianza di Messina, con ordinanza del 16 luglio 2014 (r.o. n. 247 del 2014), ha sollevato, in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 25, 27, 29, 30, 31, 32, 34, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 10 dicembre 1948, una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 maggio 2014, n. 81, «nelle parti in cui stabilisce che l'accertamento della pericolosita' sociale "e' effettuato sulla base delle qualita' soggettive della persona e senza tenere conto delle condizioni di cui all'articolo 133, secondo comma, numero 4, del codice penale" e che "non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosita' sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali"». Il Tribunale di sorveglianza premette di essere investito dell'appello avverso l'ordinanza del 28 febbraio 2014, con la quale il Magistrato di sorveglianza di Messina aveva rigettato l'istanza di revoca anticipata della misura di sicurezza detentiva della casa di cura e di custodia, prevista fino al 3 maggio 2015 nei confronti di una persona internata nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto. In seguito alla sentenza irrevocabile della Corte d'appello di Palermo, che aveva condannato M.S. alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione per il reato di tentato omicidio, con la diminuente di cui all'art. 89 del codice penale ritenuta equivalente all'aggravante di aver agito con crudelta' e alla recidiva reiterata, e aveva applicato al medesimo la misura della casa di cura e custodia per due anni, la Procura della Repubblica di Palermo aveva chiesto al Magistrato di sorveglianza di procedere all'accertamento della pericolosita' sociale del condannato, al fine di disporre l'applicazione della citata misura di sicurezza. Il Magistrato di sorveglianza di Palermo, in seguito a un complesso esame della vicenda individuale, familiare, sociale, psichiatrica e giudiziaria di M.S. e dopo avere considerato il delitto contestato, alla luce della sentenza di condanna e delle risultanze peritali, aveva disposto, con ordinanza dell'8 ottobre 2012, l'applicazione della misura di sicurezza detentiva della casa di cura e custodia per la durata di due anni. Nell'ordinanza si dava atto che il condannato soffriva di un disturbo diagnosticato come «discontrollo degli impulsi in soggetto con esiti di trauma cranico», tale da incidere «sulla capacita' di intendere e volere dello stesso, con conseguente applicazione della diminuente prevista dall'art. 89 c.p.». Inoltre si precisava che nella patologia riscontrata era insito un «forte grado di pericolosita', posto che, specie se associata all'assunzione, anche minima, di sostanze alcoliche (cui il M. e' dedito) puo' dar luogo a reazioni molto violente e incontrollate» e si aggiungeva che M.S. era senza fissa dimora, senza occupazione, e privo di punti di riferimento familiare. Con la successiva ordinanza del 28 febbraio 2014, il Magistrato di sorveglianza di Messina aveva rigettato l'istanza di revoca anticipata della misura di sicurezza, precisando tra l'altro, che non era stato possibile predisporre per M.S. «un progetto terapeutico perche' non [era] possibile la presa in carico, non essendo residente nel territorio». Con provvedimento dell'11 aprile 2014, la Direzione dell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, in considerazione delle stabili condizioni psichiche di M.S., lo aveva ammesso al lavoro esterno ex art. 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'). Il giudice a quo sottolinea che la richiesta del difensore e' volta ad ottenere la revoca anticipata della misura di sicurezza detentiva, anche ai fini del rientro nel paese d'origine, o, in via subordinata, l'applicazione della liberta' vigilata. In punto di rilevanza della questione, il Tribunale di sorveglianza osserva che l'impossibilita' di utilizzare a fini prognostici dei fattori essenziali, come le condizioni individuali, familiari e sociali e l'assenza di progetti terapeutici individuali, incide «in modo determinante e profondamente distorsivo sul giudizio in corso», impedendo una valutazione compiuta della concreta pericolosita' sociale di M.S. e del suo grado attuale. Questi aveva dimostrato condizioni psichiche stabili e aveva tenuto una condotta positiva, partecipando alle attivita' trattamentali con valenza terapeutica, si' da essere ammesso al lavoro ex art. 21 della legge n. 354 del 1975. La sua situazione individuale, familiare e socio-assistenziale pero' era «caratterizzata in chiave negativa dalla lontananza della famiglia residente in Tunisia, dalla mancanza di concreta prospettiva lavorativa e risocializzante, essendo sprovvisto di permesso di soggiorno in quanto scaduto, nonche' dalla mancanza della presa in carico da parte dei servizi sanitari territoriali in quanto non residente e dall'assenza di un progetto terapeutico e socio-riabilitativo». La prognosi di pericolosita' risulterebbe pertanto impossibile o radicalmente alterata, non potendosi considerare i fattori attinenti alle condizioni individuali, familiari, socio-assistenziali e sanitarie, con la conseguenza di affidare «ad un volontarismo giudiziario arbitrario, cognitivamente inadeguato e teleologicamente disorientato» la scelta sulla misura...

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