n. 183 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2018 -

TRIBUNALE DI AGRIGENTO Sezione I penale Il giudice dell'esecuzione, dott. Alessandro Quattrocchi, letti gli atti del procedimento penale di esecuzione nei confronti di P. S. , nato a il, condannato con sentenza del Tribunale di Agrigento emessa in data 21 ottobre 2015 (confermata dalla Corte di appello di Palermo in data 31 marzo 2017, definitiva in data 14 febbraio 2018) alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 300,00 di multa per il reato di cui agli articoli 110, 624-bis codice penale, perche', come da contestazione del P.M., in concorso con altro soggetto, «al fine di trarne profitto, si introducevano nell'abitazione di M. S. sita in e s'impossessavano di un televisore marca Philips 32 pollici, sottraendolo allo stesso»;

letta l'istanza con cui il condannato, personalmente, chiedeva, attraverso la procedura incidentale di esecuzione, ai sensi dell'art. 670 codice di procedura penale, la sospensione dell'ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dal pubblico ministero presso il Tribunale di Agrigento in data 10 marzo 2018 al fine di accedere alle misure alternative alla detenzione in carcere previste dagli articoli 47 e ss. della legge 26 luglio 1975, n. 354, atteso che, in uno all'ordine di esecuzione, il pubblico ministero non aveva emesso il decreto di sospensione ai sensi dell'art. 656, comma 5, codice di procedura penale;

sentite le parti in Camera di consiglio;

Osserva 1. - Preliminarmente, va rilevato che la disciplina di cui all'art. 656, comma 9, codice di procedura penale elenca tutte le fattispecie in relazione alle quali il pubblico ministero e' tenuto ad emettere ordine di carcerazione, non potendo viceversa disporre la contestuale sospensione dell'esecuzione ex art. 656, comma 5, codice di procedura penale, volta ad una preventiva valutazione da parte del Tribunale di sorveglianza in ordine all'accessibilita' del condannato alle misure alternative alla detenzione in carcere. In particolare, le ipotesi tipizzate alla lettera a) del succitato comma 9 dell'art. 656 codice di procedura penale rinvengono la propria ratio nella scelta legislativa di ritenere (rectius, presumere) la maggiore pericolosita' dei condannati per taluni reati (ex multis, Cassazione, Sez. 1, n. 16708 del 18 marzo 2008). L'art. 656, comma, 9, lett a), codice di procedura penale originariamente prevedeva che non potesse sospendersi l'ordine di carcerazione esclusivamente «nei confronti dei condannati per i delitti dl cui all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354», vale a dire per quei reati che gia' nella normativa sull'ordinamento penitenziario sono gravati dal «divieto di concessione dei benefici». Il che risponde ad una scelta di evidente razionalita', atteso che non soddisferebbe alcuna logica sospendere l'ordine di carcerazione per coloro i quali non hanno in nessun caso la possibilita' di accedere a misure alternative alla detenzione carceraria. Successivamente, l'art. 2, lettera m), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125 e facente parte del c.d. «pacchetto sicurezza», varato al fine di «contrastare fenomeni di illegalita' diffusa collegati all'immigrazione illegale e alla criminalita' organizzata», ha esteso tale elenco mediante l'aggiunta, nel summenzionato comma 9, lettera a), dell'art. 656 codice di procedura penale, della previsione per cui la sospensione non trova applicazione neppure per i delitti «di cui agli articoli 423-bis, 624, quando ricorrono due o piu' circostanze tra quelle indicate dall'art. 625, 624-bis del codice penale» («nonche' per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'art. 61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice», sebbene quest'ultima previsione sia stata dichiarata incostituzionale in via conseguenziate con sentenza della Corte costituzionale n. 249 del 2010). Da ultimo, con l'art, 1, comma 1, lett, b), n. 3, punto a), del decreto-legge 1º luglio 2013, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 21 febbraio 2013, n. 94, alla lettera a) del comma 9 dell'art. 656 codice di procedura penale sono state apportate ulteriori modificazioni, eliminando dall'elenco dei reati che non ammettono sospensione dell'ordine di carcerazione il furto pluriaggravato e introducendo i reati di cui agli articoli 572, secondo comma, e 612-bis, terzo comma, codice penale. Per tale gruppo di reati, dunque, la sospensione dell'esecuzione, prevista all'art. 656, comma 5, codice di procedura penale per l'esecuzione di pene detentive - anche se costituenti residuo di maggiore pena - non superiori a tre anni (quattro anni, alla stregua della sentenza della Corte costituzionale, n. 41 del 2018), non puo' essere disposta;

anche se non e' stata modificata la disciplina che consente al Tribunale di sorveglianza di valutare senza ulteriori limiti la possibilita' di concedere - a posteriori - delle misure alternative al condannato gia' detenuto, non essendovi stato un allineamento del disposto dell'art. 656, comma 9, codice di procedura penale con quello di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario. Ne consegue che, per effetto della vigente normativa, la pena comminata agli autori dei reati indicati dall'art. 656, comma 9, lettera a), codice di procedura penale deve essere ab origine espiata in regime di detenzione carceraria, non essendo consentita una preventiva valutazione, da parte del Tribunale di sorveglianza, precedente all'ingresso in carcere del condannato, relativamente all'applicazione di misure alternative alla detenzione carceraria. E cio' anche - come nel caso di specie - in relazione al reato di furto in abitazione ex art. 624-bis codice di procedura penale, che l'ordinamento considera, con una presunzione iuris et de iure, espressivo di una maggiore capacita' a delinquere del suo autore, come tale non meritevole ex ante dei benefici previsti dalla normativa sull'ordinamento penitenziario. 2. - Tanto premesso, va in primo luogo affermata la competenza di questo giudice a promuovere...

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