n. 18 SENTENZA 7 dicembre 2016- 24 gennaio 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli, nel procedimento penale a carico di C.F., con ordinanza del 10 luglio 2015, iscritta al n. 277 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 dicembre 2016 il Giudice relatore Franco Modugno. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 10 luglio 2015, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che, avendo ravvisato, nel corso della stessa udienza preliminare, un fatto diverso da quello contestato, abbia invitato il pubblico ministero a procedere, nei confronti dello stesso imputato e per il medesimo fatto storico, alla modifica dell'imputazione, invito cui il pubblico ministero abbia aderito. Il rimettente riferisce che, nel processo principale, il pubblico ministero aveva chiesto il rinvio a giudizio dell'imputato per i reati di divulgazione di materiale pornografico minorile (art. 600-ter, terzo comma, del codice penale) e di tentata violenza privata (artt. 56 e 610 cod. pen.). Con ordinanza emessa nell'udienza preliminare del 3 giugno 2015, il giudice a quo, ritenuto che i fatti accertati fossero diversi da come contestati, aveva fatto ricorso al «meccanismo correttivo» delineato dalle sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza 20 dicembre 2007-1° febbraio 2008, n. 5307, invitando il pubblico ministero a modificare l'imputazione. In adesione all'invito, il pubblico ministero aveva quindi contestato i reati di produzione di materiale pornografico minorile (art. 600-ter, primo comma, cod. pen.) e di atti persecutori (art. 612-bis, primo, secondo e terzo comma, cod. pen.). Nella successiva udienza, il difensore dell'imputato aveva eccepito la sopravvenuta incompatibilita' del giudice rimettente ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen., in conseguenza del provvedimento adottato. A tale riguardo, il giudice a quo osserva che - secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimita' e dalla stessa Corte costituzionale (sentenza n. 88 del 1994) - il giudice dell'udienza preliminare, ove ritenga che il fatto sia diverso da quello contestato, puo' disporre, in applicazione analogica dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen., la trasmissione degli atti al pubblico ministero, perche' «la corrispondenza dell'imputazione a quanto emerge dagli atti e' un'esigenza presente in ogni fase processuale e, quindi, anche nell'udienza preliminare». Il provvedimento di trasmissione degli atti non potrebbe essere, tuttavia, adottato - pena la sua abnormita' - senza la previa attivazione del «meccanismo correttivo» individuato dalle sezioni unite con la decisione dianzi citata. Tanto premesso, il rimettente rileva che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 455 del 1994, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che abbia, all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen. Nell'occasione, la Corte ha posto in evidenza che il giudice, quando accerta che il fatto e' diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio, compie una penetrante delibazione del merito della regiudicanda. Di conseguenza, un secondo dibattimento riguardante lo stesso fatto storico e il medesimo imputato non puo' non essere attribuito alla cognizione di altro giudice, alla luce della stessa esigenza di tutela dell'imparzialita' e della serenita' di giudizio che informa la regola posta dall'art. 34 cod. proc. pen., in punto di incompatibilita' del giudice che abbia pronunciato sentenza in un precedente grado di giudizio nel medesimo procedimento. Con la sentenza n. 224 del 2001, la Corte costituzionale ha d'altro canto riconosciuto che, a seguito delle modifiche apportate alla sua originaria disciplina, l'udienza preliminare ricade ormai nel novero delle sedi suscettibili di essere pregiudicate dalla precedente valutazione...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT