n. 18 SENTENZA 5 dicembre 2018- 14 febbraio 2019 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 714, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», come sostituito dall'art. 1, comma 434, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, con ordinanza del 28 febbraio 2018, iscritta al n. 70 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 2018. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 28 febbraio 2018 la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 714, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», come sostituito dall'art. 1, comma 434, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), in riferimento agli artt. 81 e 97 della Costituzione, autonomamente e in combinato disposto con gli artt. 1, 2, 3 e 41 Cost., e agli artt. 24 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, nonche' all'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU firmato a Parigi il 20 marzo 1952 e ratificato con la stessa legge n. 848 del 1955. L'art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, come sostituito dall'art. 1, comma 434, della legge n. 232 del 2016, prevede che, «[f]ermi restando i tempi di pagamento dei creditori, gli enti locali che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne hanno conseguito l'approvazione ai sensi dell'articolo 243-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prima dell'approvazione del rendiconto per l'esercizio 2014, se alla data della presentazione o dell'approvazione del medesimo piano di riequilibrio finanziario pluriennale non avevano ancora provveduto ad effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, possono rimodulare o riformulare il predetto piano, entro il 31 maggio 2017, scorporando la quota di disavanzo risultante dalla revisione straordinaria dei residui di cui all'articolo 243-bis, comma 8, lettera e), limitatamente ai residui antecedenti al 1º gennaio 2015, e ripianando tale quota secondo le modalita' previste dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 2 aprile 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2015 [...]». Il rimettente riferisce che, con deliberazione della commissione straordinaria del 19 febbraio 2013, n. 40, il Comune di Pagani aveva fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP) prevista dall'art. 243-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), per gli enti in cosiddetto predissesto, adottando un piano decennale per il recupero del disavanzo. Tale piano era stato approvato dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, con delibera 14 marzo 2016, n. 53/2016/PRSP. Successivamente, il Comune di Pagani, in applicazione della disposizione censurata, con deliberazione del Consiglio comunale del 30 maggio 2017, n. 31, aveva proceduto alla rimodulazione del predetto piano, avvalendosi della facolta' di ripiano trentennale del disavanzo residuo e di quello frattanto accertato dalla Corte dei conti a seguito del monitoraggio previsto dall'art. 243-quater, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 - che potrebbe condurre, in caso di accertamento negativo, alla deliberazione del dissesto - per passivita' non contabilizzate (essenzialmente costituite da debiti fuori bilancio). In tal modo, al netto della quota di disavanzo frutto del riaccertamento straordinario dei residui ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), la quota annuale di disavanzo da ripianare veniva a essere, in ragione della piu' diluita ripartizione, inferiore alla precedente, determinando il recupero di un margine di spesa corrente per l'ente. Tanto rilevato in sede di monitoraggio ai sensi dell'art. 243-quater, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, dopo aver sollecitato il contraddittorio del Comune di Pagani, la Corte dei conti, prima di pronunciarsi sul rispetto degli adempimenti da parte dell'ente in predissesto, ha sollevato la descritta questione di legittimita' costituzionale. 1.1.- Anzitutto, il rimettente assume di essere legittimato a sollevare l'incidente di costituzionalita', come gia' riconosciuto da questa Corte, nell'ambito del controllo di legittimita' sui bilanci degli enti locali. Come in tali casi, infatti, non si tratterebbe di un controllo collaborativo - che si estrinseca in un referto sconfinante nel merito amministrativo e funzionale alla promozione di comportamenti auto-correttivi delle amministrazioni controllate - ma di un controllo di legittimità-regolarita' (al pari di quelli in relazione ai quali la legittimazione a sollevare questione di legittimita' costituzionale e' stata ammessa), la cui genesi troverebbe spiegazione nel rafforzamento, in Costituzione, del precetto dell'equilibrio di bilancio e il cui esito comporterebbe conseguenze giuridiche specifiche, ossia, nella fattispecie, il passaggio dal regime del piano di riequilibrio finanziario a quello del dissesto. Detto controllo sarebbe esercitato da un "giudice", tale per composizione, terzieta' e imparzialita' rispetto al sistema delle autonomie, al servizio del principio di legalita' e a presidio del bilancio quale "bene pubblico", nell'ambito di un procedimento connotato da un alto tasso di contraddittorio e dalla pubblica adunanza - in applicazione analogica delle norme dettate per il controllo preventivo - destinato a confluire in una decisione suscettibile di acquisire stabilita' giuridica e condizionante in modo definitivo la possibilita' di rimanere nell'ambito della procedura di predissesto, evitando quella di dissesto. Diversamente, qualora si negasse la legittimazione del rimettente a sollevare questione di legittimita' costituzionale, la norma applicata, soprattutto ove conducesse a un giudizio positivo in merito alla PRFP, si collocherebbe in una zona d'ombra, sottratta allo scrutinio di costituzionalita', risultando difficile, se non impossibile, identificare un soggetto diverso dall'ente locale titolare di una situazione giuridica soggettiva di segno opposto e giustiziabile. 1.2.- Il rimettente evidenzia come l'art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, come sostituito dall'art. 1, comma 434, della legge n. 232 del 2016, consenta all'ente locale, che alla data di presentazione o approvazione del piano di riequilibrio non abbia ancora provveduto a effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi ai sensi dell'art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011, di modificare il piano sotto il profilo temporale e quantitativo, scorporando la quota di disavanzo risultante dalla revisione straordinaria dei residui di cui all'art. 243-bis, comma 8, lettera e), del d.lgs. n. 267 del 2000 e ripianando la stessa nell'arco di trenta anni. Tale regime di ripiano del disavanzo eccederebbe gli ordinari argini temporali del ciclo di bilancio cosi' come quelli, piu' ampi, previsti per il suo riequilibrio in caso di crisi strutturale della finanza degli enti locali, senza che il lasso trentennale sia collegato al mutamento del paradigma contabile - quale quello risultante dal d.lgs. n. 118 del 2011, che determinerebbe la potenziale crescita esponenziale di disavanzi in ragione dei nuovi standard di prudenza e trasparenza, da fronteggiare senza pregiudizio per altri valori costituzionalmente rilevanti e, segnatamente, per l'erogazione delle prestazioni di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. - trattandosi di squilibri determinati dall'emersione di crediti suscettibili di essere considerati inesigibili gia' in virtu' della precedente disciplina e non in correlazione alla nuova. Pertanto, la disposizione censurata, insuscettibile di interpretazione costituzionalmente orientata in ragione dell'incontrovertibile dato testuale, violerebbe gli artt. 81 e 97 Cost., autonomamente e «in combinato disposto» con gli artt. 1, 2, 3 e 41 Cost., in quanto, in assenza di una valida ragione giustificatrice, prevederebbe una misura di salvaguardia dell'equilibrio di bilancio destinata a dipanarsi in un arco temporale dilatato ben oltre il ciclo triennale di bilancio, cosi' ampliando la capacita' di spesa dell'ente in condizioni di conclamato squilibrio. In tal modo, inoltre, la disciplina in questione: a) sottrarrebbe gli amministratori locali al vaglio della loro responsabilita' politica nei confronti dell'elettorato;

  1. non assolverebbe il dovere di solidarieta' nei confronti delle generazioni future, su cui lo squilibrio non tempestivamente risanato sarebbe destinato a riverberarsi in ragione del principio di continuita' dei bilanci;

  2. non consentirebbe di supportare con risorse effettive le politiche volte a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che...

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