n. 18 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 marzo 2016 -

Ex art. 127 Cost. e art. 32 legge n. 87 del 1953. Nell'interesse della Regione Puglia, codice fiscale n. 80017210727, in persona del Presidente in carica, Dott. Michele Emiliano con sede in 70121 - Bari, Lungomare N. Sauro n. 33, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 152 del 23 febbraio 2016 (All. A), rappresentato e difeso, per mandato in calce al seguente atto, unitamente e i disgiuntamente dagli avv.ti prof Luca Antonini (codice fiscale NTNLCU63E27D869I) del Foro di Milano e dal prof. Stelio Mangiameli (codice fiscale: MNGSTL54D16C351N, P.E.C.: steliomangiameli@ordineavvocatiroma.org, Fax: 06-5810197), in virtu' di procura a margine del presente atto, ed elettivamente domiciliato in Roma, via A. Poerio n. 56, presso lo Studio professionale di quest'ultimo Contro: la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica nella propria nota sede in 00187 - Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna n. 370;

la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, presso l'avvocatura generale dello Stato, in 00186 Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la Declaratoria di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 302 del 30 dicembre 2015: 1) art. 1, comma 239, per contrasto con gli artt. 3;

97;

117, comma 2, lett. s), e comma 3;

118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione e del principio di ragionevolezza;

2) art. 1, comma 240, lett. b), per contrasto con l'art. 117, comma 1, Cost., in combinato disposto con la Direttiva 94/22/CE, nonche' del principio di leale collaborazione;

3) art. 1, comma 240, lett. c), per contrasto con gli artt. 3;

117, comma 3;

118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione e del principio di ragionevolezza. Premesso che a - Occorre, anzitutto, precisare l'occasio legis delle modifiche normative di cui col presente ricorso si chiede la dichiarazione di illegittimita' costituzionale. Con Deliberazioni dei Consigli regionali di Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania, Molise erano state formulate sei richieste referendarie ex art. 75 Cost., rispettivamente riguardanti: (1) l'art. 38, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 214, n. 133;

(2) l'art. 38, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133;

(3) l'art. 38, comma 5 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, (4) l'art. 57, comma 3-bis del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5;

(5) l'art. 1, comma 8-bis della legge 23 agosto 2004, n. 239;

(6) l'articolo 6, comma 17 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. b - L'Ufficio Centrale per il Referendum della Corte di Cassazione, con Ordinanze del 26 novembre 2015, dichiarava conformi alla legge le sei richieste referendarie, previa assegnazione delle relative denominazioni. c - Notificate le predette Ordinanze ai delegati regionali e comunicate altresi' agli altri organi cui la legge lo impone, l'Ecc.ma Corte Costituzionale fissava la discussione del giudizio di ammissibilita' dei sei quesiti referendari per la Camera di consiglio del 13 gennaio 2016 (Reg. Ref. nn. 163-168) nelle cui more, tuttavia, il quadro legislativo su cui si basavano le richieste referendarie era mutato per effetto dell'approvazione della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», entrata in vigore il 1° gennaio 2016. d - L'Ufficio Centrale per il Referendum, valutata l'incidenza di tali modifiche normative nella Seduta straordinaria del 7 gennaio 2016, con ordinanza di pari data, ha disposto che per tutti i quesiti le operazioni referendarie non avessero piu' corso, fatta eccezione per il sesto, concernente l'art. 6, comma 17, del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale e' stato trasferito sulla nuova formulazione della stessa norma (recata dal comma 239 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, oggi impugnato) e, in particolare, sulle parole «per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale». e - Dal canto proprio, l'Ecc.ma Corte costituzionale, con le sentenze nn. 16 e 17 del 2 febbraio 2016 ha, per un verso, dichiarato ammissibile la richiesta referendaria appena richiamata e, per altro verso, dichiarato estinti i giudizi (ammissibilita' concernenti gli altri cinque quesiti. f - Nondimeno il 25 gennaio 2016 sei Consigli regionali promotori (Basilica, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto), ritenendo che le modifiche legislative di cui alle lett. b) e c) del comma 240 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 (oggi impugnate), non solo non fossero satisfattive della seconda e della terza richiesta referendaria, ma menomassero le facolta' loro costituzionalmente attribuite ex art. 75 Cost., hanno proposto due distinti ricorsi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. g - Col primo ricorso (concernente il secondo quesito referendario), i Consigli regionali ricorrenti concludevano nel senso di richiedere: «l'annullamento dell'art. 1, comma 240, lett b), della legge n. 208 del 2015, per violazione degli artt. 3 e 75 Cost., al fine di determinare la reviviscenza dell'art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014 e di consentire lo svolgimento delle operazioni referendarie nei termini originariamente deliberati dai Consigli regionali indicati in epigrafe, gia' considerati legittimi dalla Corte di Cassazione;

l'annullamento dell'Ordinanza dell'Ufficio Centrale per il Referendum della Corte di Cassazione del 7 gennaio 2016, nella parte in cui dichiara che per il quesito de quo le operazioni elettorali non abbiano piu' corso». h - Col secondo ricorso (concernente il terzo quesito referendario), i Consigli regionali ricorrenti concludevano nel senso di richiedere: «l'annullamento dell'Ordinanza dell'Ufficio Centrale per il Referendum della Corte di Cassazione del 7 gennaio 2016, nella parte in cui dichiara che per il quesito de quo le operazioni elettorali non abbiano piu' corso». i - Dal canto proprio, la Regione oggi ricorrente, latrice del diverso e peculiare interesse a che le leggi dello Stato non ledano le proprie prerogative costituzionalmente attribuite, ritiene che le disposizioni impugnate siano costituzionalmente illegittime, per i seguenti Motivi 1) illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 239, della legge n. 208 del 2015, per violazione degli artt. 3;

97;

117, comma 2, lett. s), e comma 3;

118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione e del principio di ragionevolezza. L'art. 1, comma 239, della legge n. 208 del 2015 interviene sull'art. 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, nel testo sostituito dall'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, aveva - prima della novella oggi censurata - la seguente formulazione: «Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtu' di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attivita' di ricerca, di prospezione nonche' di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto e' altresi' stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonche' l'efficacia dei titoli abilitativi gia' rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attivita' di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Le predette attivita' sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attivita' di cui al primo periodo, fatte salve le attivita' di cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma e' abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239.(...)». La modifica normativa recata dalla legge di stabilita' ha sostituito i periodi secondo e terzo. Per l'effetto, ora la norma ha il seguente tenore letterale (in neretto la parte novellata): «Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtu' di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attivita' di ricerca, di prospezione nonche' di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto e' altresi' stabilito nelle zone di mare poste entro...

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