n. 171 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 maggio 2018 -

TRIBUNALE ORDINARIO DI UDINE Sezione seconda civile Il giudice, nel procedimento n. r.g. 1100/2018 V.G., introdotto da Kainich Davide (C.F. KNCDVD72B29L483J) con il patrocinio dell'avv. Curri Pierpaolo - ricorrente;

Ha pronunciato la seguente: ORDINANZA Il sig. Kainich, con ricorso depositato in data 29 marzo 2018, propone ai suoi creditori un accordo di ristrutturazione e di soddisfazione alternativa dei loro diritti, ai sensi degli articoli da 6 a 12 della legge n. 3/2012. Il ricorrente e' un soggetto sicuramente sovraindebitato, non avendo possibilita' alcuna di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni (debiti scaduti: €

411.449,59;

beni patrimoniali attuali all'attivo: €

7.000;

flussi finanziari positivi netti attesi nel prossimo quinquiennio: €

8.000/anno). La sua proposta prevede il pagamento (nel corso di cinque anni) di circa €

92.000 ai creditori prededucibili e concorsuali, tutti collocati in chirografo (compresi tutti i privilegiati, attesa l'incapienza totale dei beni gravati) con una percentuale di soddisfazione del 18% circa. Il ricorrente non e' soggetto in alcun modo a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla legge n. 3/2012, posto che non esercita attivita' d'impresa commerciale e che il suo sovraindebitamento deriva quasi integralmente dalla condizione di responsabile solidale (ex art. 38 del codice civile) per le obbligazioni contratte dalla «Associazione sportiva dilettantistica Albaretta», nel cui nome egli ha agito in passato e di cui e' legale rappresentante. A sua volta l'ente debitore principale non e' soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle disciplinate dalla legge n. 3/2012, sia perche' non risulta esercitare attivita' d'impresa commerciale sia perche' comunque difettano in suo capo i requisiti di cui all'art. 1, comma secondo, legge fallimentare. Il ricorso e' corredato di tutti i documenti prescritti dall'art. 9, comma 2, legge n. 3/2012. Il ricorrente non ha mai fatto ricorso in precedenza alle procedure di cui alla legge n. 3/2012, ne' risulta aver compiuto atti in frode ai creditori nel quinquennio pregresso. Il professionista designato per svolgere le funzioni di organismo di composizione della crisi, ai sensi dell'art. 15, comma 9, legge n. 3/2012, attesta la fattibilita' del piano elaborato dal sig. Kainich e la veridicita' dei dati contenuti nel ricorso e nei documenti allegati, ed attesta altresi' il fatto che i beni del debitore, su cui i creditori privilegiati potrebbero far valere la loro collocazione preferenziale in caso di liquidazione forzata, hanno un valore di molto inferiore alla misura della soddisfazione ad essi offerta nel piano. Non vi sarebbero dunque fin qui ostacoli all'avvio da parte di questo giudice della successiva fase, regolata dall'art. 10, legge n. 3/2012. Tuttavia, fra i crediti privilegiati che il ricorrente propone di soddisfare solo parzialmente, figura anche l'obbligo di pagare all'Erario somme a titolo di imposta sul valore aggiunto (d'ora in poi: «IVA») per €

147.171;

credito che gode del privilegio generale mobiliare di cui all'art. 2752, terzo comma del codice civile. Tale previsione del piano e' in palese contrasto con la regola posta dall'art. 7, comma 1, terzo periodo, legge n. 3/2012, secondo cui: «In ogni caso, con riguardo (...) all'imposta sul valore aggiunto (...), il piano puo' prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento». Il ricorso si fa carico di tale contrasto, che dovrebbe condurre alla dichiarazione di inammissibilita' per difetto di uno specifico requisito legale, chiedendo in primo luogo la «non applicazione» della norma interna, per contrasto con quanto prevede l'ordinamento dell'U.E., ritenuto di immediata applicazione alla fattispecie. In subordine eccepisce che la norma nazionale interna citata viola l'art. 3 della Costituzione. La prima richiesta e' sostenuta dal ricorrente sulla scorta di alcune pronunce rinvenibili nella giurisprudenza di merito (Trib. PT 26 aprile 2017 su www.ilcaso.it - cfr. anche Trib. TO 7 agosto 2017, ibidem e Trib. PE 19 ottobre 2017, su www.fallimentiesocieta.it). Tale orientamento premette che la materia in discussione e' di competenza dell'ordinamento dell'U.E. e che i giudici comuni e la pubblica amministrazione, a fronte di una normativa interna che risulti incompatibile con il diritto comunitario dotato di effetti diretti, devono procedere senza indugio all'applicazione di quest'ultimo e alla «non applicazione» della norma interna. Si ricorda inoltre che la norma posta dall'Unione, qualora manchi di efficacia diretta, puo' comunque avere nei sistemi giuridici nazionali un valore precettivo indiretto: il giudice nazionale deve infatti interpretare le disposizioni interne in confomita' al diritto dell'U.E. (c.d. obbligo di esegesi conforme). In certi casi, poi, il giudice puo' anche prescindere dal limite dell'interpretazione conforme e passare direttamente alla «non applicazione» della norma interna contrastante. Ebbene secondo tale orientamento, siccome: la disciplina dell'IVA rientra senza dubbio nella sfera di competenza unitaria, alla luce della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (c.d. «direttiva IVA»);

l'art. 273 della «direttiva Iva» obbliga ogni Stato membro ad assicurare l'esatta riscossione dell'IVA e ad evitarne le evasioni, nel rispetto della parita' di trattamento;

tali disposizioni sono state interpretate dalla C.G.U.E. nel senso che ogni Stato membro beneficia di una certa liberta' circa l'individuazione dei mezzi a sua disposizione (sentenze Commissione/Italia, C-132/06, EU:C:2008:412, punto 38;

Belvedere Costruzioni, C-500/10, EU:C:2012:186, punto 21);

tuttavia tale liberta' e' limitata dall'obbligo di garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dell'Unione (sentenze Commissione/Italia, C-132/06, EU:C:2008:412, punto 39;

Commissione/Germania, C-539/09, EU:C:2011:733, punto 74;

Belvedere Costruzioni, C-500/10, EU:C:2012:186, punto 22);

non sono ammesse dunque misure nazionali che costituiscano una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell'Iva, quali quelle discusse nelle cause che hanno dato origine alle sentenze Commissione/Italia (C-132/06, EU:C:2008:412) e Commissione/Italia (C-174/07, EU:C:2008:704);

rinuncia in tali casi ritenuta contraria all'obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell'IVA nel proprio territorio nonche' la riscossione effettiva delle risorse proprie dell'Unione;

al contrario, una norma interna che permette ad un imprenditore commerciale in stato di insolvenza di pagare solo parzialmente il suo debito per IVA, qualora cio' avvenga...

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