n. 153 SENTENZA 9 giugno - 14 luglio 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitivita' e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, promosso dalla Regione Campania con ricorso spedito per la notifica il 21 agosto 2014, depositato in cancelleria il 22 agosto 2014 ed iscritto al n. 64 del registro ricorsi 2014. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 giugno 2015 il Giudice relatore Daria de Pretis;

uditi l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Campania e l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con il ricorso in epigrafe, la Regione Campania impugna l'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitivita' e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, per contrasto con gli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119, 120 e 123 della Costituzione. La ricorrente, in primo luogo, afferma che le norme censurate, imponendo un tetto massimo al trattamento economico annuo onnicomprensivo del personale regionale (fissato in euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente), avrebbero invaso la potesta' legislativa residuale delle Regioni in materia di organizzazione amministrativa, riconosciuta dall'art. 117, quarto comma, Cost. Non limitandosi poi a prescrivere un determinato contenimento della spesa pubblica regionale, bensi' individuando specificamente e selettivamente la voce di spesa regionale da ridurre, le medesime disposizioni sarebbero altresi' lesive dell'autonomia finanziaria della Regione, la quale si esplica anche nella scelta delle spese da limitare a vantaggio di altre. L'intervento normativo in esame non sfuggirebbe al giudizio di incostituzionalita' nemmeno ove, pur in assenza di una sua espressa qualificazione in tale senso, fosse ricondotto alla materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». In tale caso, infatti, risulterebbe comunque violato l'art. 117, terzo comma, Cost., posto che il legislatore statale non si sarebbe limitato a sancire un principio generale, bensi' avrebbe disposto la diretta limitazione di una singola voce di spesa, in palese contrasto con la giurisprudenza costituzionale che circoscrive l'esercizio della potesta' legislativa statale alla fissazione di mere norme di principio (viene citata la sentenza n. 297 del 2009). Sotto altro profilo, l'estensione temporale dell'efficacia di tali previsioni anche ai rapporti in corso colliderebbe con l'art. 97 Cost., per gli effetti, si suppone negativi, che ne deriverebbero sul buon andamento dell'azione amministrativa. Il vulnus arrecato alla autonomia regionale sarebbe ancora aggravato dalle conseguenze che le disposizioni impugnate (in particolare, quella di cui al comma 3 dell'art. 13) collegano al mancato adeguamento dell'ordinamento regionale al nuovo limite sancito dal legislatore statale. La norma, invero, nella parte in cui impone alle Regioni di adeguarsi «ai sensi dell'articolo 1, comma 475 della legge 27 dicembre 2013, n. 147», sembra da interpretare (in ragione del rinvio a sua volta contenuto nell'art. 1, comma 475, all'art. 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012) nel senso di far derivare dal mancato adeguamento nei termini indicati il taglio dei trasferimenti di risorse statali nei confronti delle Regioni (nelle quantita' indicate dallo stesso all'art. 2, comma 1 del d.l. n. 174 del 2012). Tale misura sanzionatoria, da un lato, determinerebbe conseguenze gravemente sproporzionate rispetto agli obiettivi di contenimento della spesa prefissati (tali da svilire e depotenziare l'attivita' di programmazione e l'esercizio delle funzioni amministrative dell'ente territoriale);

dall'altro, eliderebbe qualsivoglia discrezionalita' della Regione in ordine all'an o al quomodo della riduzione della propria spesa, con gravissima lesione delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute. Da ultimo, le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 del censurato art. 13, laddove impongono alle Regioni di adeguare il proprio ordinamento al previsto abbassamento del parametro massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo del personale interessato e alle altre modifiche apportate dal medesimo decreto ai commi 471, 472 e 473 dell'articolo unico della legge n. 147 del 2013, entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della stessa legge n. 147 del 2013 (ovvero entro il 1° luglio 2014), sarebbero costituzionalmente illegittime per contrasto con gli articoli 3, 97 117, 118, 119 e 120 Cost. Per garantire un corretto adeguamento degli ordinamenti regionali a tali innovazioni occorrerebbero tempi adeguati e congrui, mentre la legge di conversione del d.l. n. 66 del 2014, definitivamente entrata in vigore il 23 giugno 2014, lascerebbe alle Regioni soltanto otto giorni per l'adeguamento, il cui termine spirerebbe il 1° luglio 2014. Si tratterebbe dunque di un periodo di tempo irragionevolmente breve e lesivo del principio di leale collaborazione, in quanto chiaramente inadeguato rispetto alla tempistica ordinaria di espletamento dell'iter normativo necessario a conformare l'ordinamento regionale alle nuove norme statali, con conseguente illegittimita' della previsione, sulla base di...

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