n. 143 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 febbraio 2017 -

TRIBUNALE DI TRENTO Esecuzioni mobiliari Ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Nel procedimento n. 780/16 promosso da M M - creditrice procedente nei confronti di L P - debitore, il giudice dell'esecuzione: letti gli atti della procedura esecutiva di cui all'epigrafe;

sciogliendo la riserva presa alla udienza del 10 ottobre 2016;

rilevato che il credito di M M nei confronti di L P - ammonta in base al precetto ad €

19.101,28 sulla base della sentenza della Corte d'appelo di Trento n. 90/13 Reg. Sent. 21/12 Reg. Gen. del 3 aprile 2013 depositato il 10 aprile 2013 oltre le spese della procedura esecutiva;

rilevato che il terzo pignorato: G G - S.n.c., in data 4 agosto 2016, ha reso dichiarazione positiva del suo obbligo di corrispondere al debitore uno stipendio mensile netto di circa €

900.00 (al netto delle ritenute previste dalla legge);

rilevato che deve applicarsi il regime di pignorabilita' degli stipendi ed altri emolumenti riguardanti il rapporto di lavoro;

rilevato che in base all'art. 545 c.p.c. «Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni, ed in eguale misura per ogni, altro credito» e che da tale disposizione si ricava che lo stipendio e' pignorabile fino ad 1/5, e che un quinto dello stipendio ammonta ad €

180,00 per cui resterebbero al debitore €

720,00 per la sua sopravvivenza (non risultando agli atti che abbia altre fonti di sostentamento);

rilevato che nel decreto-legge n. 16/2012 (cd. «decreto semplificazioni») convertito in legge n. 44/2012, l'art. 3, comma 5, che ha aggiunto, nel decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, in materia di pignoramento presso terzi disposto dall'agente della riscossione per i tributi dovuti allo Stato (in tema di pignoramenti Equitalia), l'art. 72-ter, recante il titolo «Limiti di pignorabilita'», secondo il quale: «Le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennita' relative al rapporto di lavoro o di impegno, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall'agente della riscossione: a) in misura pari ad 1/10 per importi fino a €

2.500,00;

  1. in misura pari ad 1/7 per importi da €

2.500,00 a €

5.000,00». «Resta ferma la misura di cui all'art. 545, comma IV, c.p.c., se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennita' relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro»;

rilevato che, nella ipotesi di pignoramento della pensione, la Corte costituzionale con la nota sentenza 4 dicembre 2002, n. 506 in merito alla questione di legittimita' costituzionale sollevata relativamente all'art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153, afferma la pignorabilita' per ogni credito, nei modi e nei limiti stabiliti dall'art. 545 c.p.c., solo di quella parte della pensione che non sia necessaria a garantire al pensionato i «mezzi adeguati alle sue esigenze di vita»;

rilevato che in relazione alle pensioni la soglia minima impignorabile non era stata originariamente definita dal legislatore ma era stata individuata in prima battuta dalla giurisprudenza che aveva ritenuto trattarsi di questione di merito rimessa alla valutazione del giudice della esecuzione (cfr. Cass. n. 6548/11 confermata da Cass. III civ. 18755/2013 «le soluzioni che si riforma alle normative la cui utilizzabilita' diretta era gia' stata esclusa dalla sentenza della Corte costituzionale, ed in particolare quella che si rifa' alla pensione sociale, nonche' la soluzione che applica direttamente il trattamento minimo di cui alla legge n. 488 del 2001, art. 38, commi 1 e 5 e della legge n. 289 del 2002, art. 39, comma 8, presentano margini di opinabilita', poiche' i relativi presupposti paiono tutti orientati esclusivamente alle specifiche finalita' previdenziali o assistenziali dei singoli istituti e non sono suscettibili, se non altro in via immediata, di adeguata generalizzazione, sicche' non solo, il trattamento minimo, ma neppure l'importo della pensione sociale corrispondono necessariamente al minimo indispensabile per la suissistenza in vita in condizioni dignitose. Il principio di diritto che si intende confermare allora non puoi che essere quello di cui alla sentenza appena citata, per il quale l'indagine circa la sussistenza o l'entita' della parte di pensione necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle sue esigenze di vita, e come tale legittimamente assoggettabile al regime di assoluta impignorabilita' - con le sole eccezioni, tassativamente indicate, di crediti qualificati e' rimessa, in difetto di interventi del legislatore al riguardo, alla valutazione in fatto del giudice dell'esecuzione ed e' incensurabile in cassazione se logicamente e congruamente motivata»;

rilevato che sul punto e' successivamente finalmente intervenuto il legislatore modificando l'art. 545 c.p.c. e fissando per le pensioni, al comma VII, un parametro legale corrispondente «alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentata della meta'» con cio' disattendendo le precedenti argomentazioni della giurisprudenza di legittimita' sia per aver ora previsto per legge tale limite, costituente garanzia di un minimo assolutamente impignorabile, sia per averlo determinato con riferimento al parametro della pensione sociale;

rilevato che, per contro, il legislatore, al comma VIII dell'art. 545 c.p.c. non ha provveduto in modo analogo a disporre un generale minimo assolutamente impignorabile per le retribuzioni, prevedendo un regime speciale solo per i pignoramenti delle retribuzioni effettuati sul conto corrente o postale;

rilevato che il pensionato, essendo ritirato dal lavoro non deve farsi carico delle spese necessarie a produrre il proprio reddito, mentre il lavoratore si presuppone che debba recarsi con mezzi propri sul luogo di lavoro, vestirsi in modo adeguato alla funzione svolta, utilizzare energie anche fisiche che richiedono una alimentazione piu' ricca di chi e' a riposo, e quindi sostenere delle spese indispensabili alla produzione di un reddito, oltre a quelle necessarie per la mera sopravvivenza (nutrirsi, coprirsi, riscaldarsi, assicurarsi un alloggio etc.);

ritenuto che anche per il lavoratore debba essere individuata un minimo vitale indispensabile e non pignorabile. che non possa essere distolto dalla funzione primaria del salario, che e' quella appunto di consentire la sopravvivenza e l'utilizzo delle proprie capacita' lavorative a chi abbia come sola risorsa il proprio lavoro;

ritenuto che appare illogico che tale minimo sia previsto per le pensioni e non per le retribuzioni e altrettanto illogico sarebbe se questo secondo venisse determinato secondo criteri difformi da quelli adottati nel VII comma per le pensioni (come nel citato esempio delle retribuzioni versate in conto corrente o postale per le quali comma dell'art. 545 c.p.c. prevede che «possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento;

quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonche' dalle speciali disposizioni di legge») alla luce delle comune funzione sostanziale, e cioe' di rappresentare il mezzo di sostentamento in primis alimentare del percipiente;

ritenuto che in assoluto, sotto il profilo della pignorabilita', il legislatore non ha escluso l'equiparazione del trattamento delle pensioni a quello delle retribuzioni, atteso che tale parificazione avviene nel caso di retribuzioni versate in conto corrente in forza il combinato disposto dei commi VII e VIII dell'art. 545 c.p.c. e pertanto e' il legislatore stesso ad avere apportato un vulnus al dogma della non equiparabilita' delle due fattispecie;

ritenuto che il legislatore, al comma VIII, mediante richiamo al comma VII, ha esplicitamente parificato stipendi e pensioni nel disciplinare le somme di impignorabilita' in relazione all'ipotesi in cui la pensione o lo stipendio vengano pignorati quando sono gia' stati accreditati sul conto corrente con cio' infrangendo il dogma della non estensibilita' della limitazione del «minimo vitale» alla pignorabilita' di versamenti di natura non pensionistica;

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