n. 13 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 2015 -

TRIBUNALE ORDINARIO DI VARESE Sezione penale Ordinanza di sottoposizione alla Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale Il Tribunale in composizione collegiale, composto dai seguenti magistrati: Dott.ssa Anna Azzena - Presidente;

Dott. Stefano Colombo - Giudice estensore;

Dott.ssa Antonella Vitale - Giudice onorario;

Rileva quanto segue. Con decreto che dispone il giudizio del 15 maggio 2014, P.S. e G.A. sono stati rinviati a giudizio dinnanzi a questo Tribunale in composizione collegiale per rispondere del delitto di cui agli art. 110, 567 comma 2 c.p.p., perche', in concorso fra loro, nella formazione di un atto di nascita, alteravano lo stato civile di una neonata, mediante false attestazioni. In particolare, nell'atto di dichiarazione di nascita del giorno ... presso l'Ospedale del ... dichiaravano che la bambina neonata di nome M.S. era nata dall'unione naturale dei dichiaranti;

cio' contrariamente al vero, in quanto il padre biologico non era P.S. (commesso in ... il ...). All'esito dell'istruttoria dibattimentale, gia' precisate le conclusioni delle parti, questo Tribunale ritiene profilarsi questione di legittimita' costituzionale dell'art. 567 comma 2 c.p., norma incriminatrice astrattamente applicabile al caso concreto in esame, nella parte in cui stabilisce un trattamento sanzionatorio eccessivo, con riferimento al disvalore della condotta penalmente rilevante, nonche' manifestamente sproporzionato, anche alla luce di un'interpretazione sistematica della norma, comparata con le altre disposizioni del Capo III del Titolo XI del Codice Penale, cosi' ponendosi in contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 27 della Costituzione, che costituiscono i parametri di riferimento della questione sottoposta a questa Ecc.ma Corte. 1. Non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. La questione si presenta, anzitutto, non manifestamente infondata. L'art. 567 commma 2 c.p., com'e' noto, sanziona con la reclusione da un minimo di 5 ad un massimo di 15 anni chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsita'. La cornice edittale cosi' individuata si presenta, da un lato, eccessiva, per quanto riguarda, in modo particolare, il minimo edittale pari a 5 anni di reclusione, dall'altro lato, sproporzionata, sol che si raffronti la condotta incriminata dalla disposizione de qua con le altre norme di sistema, in particolare con quelle del medesimo Capo III del Titolo Xl del Codice, che sanzionano comportamenti illeciti della medesima indole, oltre che - a parere di questo Tribunale remittente - ben piu' gravi sotto il profilo della capacita' a delinquere e tali da destare un maggiore allarme sociale. In primo luogo, ritiene questo Tribunale che la disposizione che viene sottoposta al vaglio di questa ecc.ma Corte preveda un minimo edittale di pena manifestamente eccessivo, tale da non consentire di adeguare la sanzione alle circostanze specifiche del fatto concreto e, in modo particolare, agli effettivi profili di allarme sociale conseguenti alla condotta posta in essere dagli imputati P. e G. A tal proposito, e' necessario premettere come la ratio incriminatrice dell'art. 567 comma 2 c.p. debba essere individuata, anche con il conforto della miglior dottrina penalistica, nell'esigenza di assicurare la certezza e la fedelta' dello stato civile del neonato, attribuitogli al momento della nascita, attraverso la corretta e veritiera formazione del documento finalizzato a certificarlo, ossia l'atto di nascita, in modo tale da garantire l'attribuzione al neonato della sua discendenza effettiva (maternita' e paternita' naturali), mettendolo al riparo da ogni tentativo di mistificazione ed alterazione del suo stato, a qualsiasi titolo posti in essere. Il bene giuridico tutelato dalla norma in questione dev'essere, quindi, ravvisato nella certezza all'attribuzione veritiera e fedele della propria maternita' e della propria paternita' naturale, che costituisce un diritto fondamentale di ogni individuo, tanto sotto un profilo di carattere morale (inteso quale diritto a conoscere le proprie radici e la propria discendenza) quanto sotto un profilo di natura materiale (per quanto riguarda gli aspetti di natura successoria, conseguenti al rapporto di filiazione, anche al di fuori dei vincolo matrimoniale). E' evidente che, allorquando e' stato promulgato il Codice Penale, l'atto di nascita, contenente le dichiarazioni presentate all'Ufficiale di Stato Civile al fine di attribuire la maternita' e la paternita' naturali al neonato, costituiva il principato - se non l'unico - strumento per attestare e dimostrare lo stato civile dello stesso. Conseguentemente, era necessario tutelare il bene giuridico sopra indicato;

ossia il diritto del neonato alla corretta e veridica attribuzione della propria discendenza, attraverso la previsione di una sanzione penale particolarmente incisiva e severa, che potesse, tra le altre finalita', svolgere un'adeguata funzione deterrente, al fine di scoraggiare (in un'ottica general-preventiva) ogni tentativo di formazione di un atto di nascita non corrispondente al vero, mediante false attestazioni, false certificazioni o altre falsita'. Non puo' non mettersi in evidenza, infatti, la circostanza che, stante la mancanza di strumenti alternativi all'atto di nascita che consentissero di ricostruire con certezza gli effettivi rapporti di maternita' e paternita' naturali del neonato, la formazione - attraverso dichiarazioni contrarie al vero - di un atto di nascita infedele avrebbe reso estremamente ardua, se non addirittura impossibile (soprattutto con il trascorrere del tempo), la corretta attribuzione dell'effettivo stato civile del neonato. La previsione di un range di pena estremamente elevato (con un minimo di 5 ed un massimo di 15 anni di reclusione) trovava, quindi, la propria ragione giustificativa nel disvalore eccezionalmente grave della condotta, atteso che...

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