n. 129 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 luglio 2018 -

TRIBUNALE DI PORDENONE Il Giudice dott.ssa Maria Paola Costa, nel procedimento cautelare ante causam iscritto al n. 1337/2018 di ruolo generale, promosso con ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile, depositato il 14 maggio 2018 da S. B. nata il ... a ... C.F. ... e C. D. nata il ... a ... entrambe residenti a ... in via ... rappresentate e difese, per mandati in calce al predetto ricorso, dall'avv. Maria Antonia Pili e presso il suo studio a Pordenone in viale Cassetti n. 20 elettivamente domiciliate, ricorrenti;

contro l'Azienda per l'assistenza sanitaria n. 5 Friuli Occidentale, con sede a Pordenone in via della Vecchia Ceramica n. 1, C.F. e P.IVA 01772890933, in persona del direttore generale e legale rappresentante pro tempore dott. Giorgio Simon, rappresentata e difesa, per mandato in calce alla memoria difensiva e di costituzione ed in forza di decreto di incarico n. 435 del 7 giugno 2018, dall'avv. Vittorina Colo' e presso la sede dell'Azienda a Pordenone in via della Vecchia Ceramica n. 1 elettivamente domiciliata, resistente;

Sentiti i procuratori delle parti;

Letti gli atti ed i documenti prodotti;

A scioglimento della riserva espressa all'udienza del 28 giugno 2018;

ha pronunciato la seguente ordinanza: 1. L'oggetto del giudizio. 1.a Con ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile, depositato il 14 maggio 2018, le ricorrenti S. B. e C. D. hanno evocato avanti al Tribunale di Pordenone la resistente Azienda per l'assistenza sanitaria n. 5 Friuli Occidentale (nel prosieguo, per ragioni di sintesi, anche solo Azienda o resistente), riferendo: di convivere more uxorio dal 2012 in una casa di proprieta' di S. B.;

di svolgere quest'ultima la professione di tecnico di radiologia presso l'Ospedale di Pordenone e C. D. la professione di dirigente medico radiologo presso lo stesso Ospedale;

di aver maturato nel corso del tempo il desiderio di genitorialita', avendo all'uopo intrapreso un percorso di procreazione medicalmente assistita (d'ora innanzi anche solo PMA) in Spagna;

che all'esito di tale percorso C. D. aveva dato alla luce ad Udine in data 19 settembre 2015 i due gemelli L. e B. D.;

di aver contratto in data 14 maggio 2017 unione civile presso il Comune di Porcia;

che anche S. B., in accordo con la compagna, intendeva realizzare il suo desiderio di maternita' sempre mediante PMA, non volendo, tuttavia, effettuare tale percorso all'estero, in quanto la legge n. 40 del 19 febbraio 2004 - come modificata dopo l'intervento della Corte costituzionale (sentenze numeri 162/2014 e 96/2015) ed alla luce di importanti arresti della Corte di cassazione (sentenze numeri 12962/2016, 19599/2016 e 14878/2017) - avrebbe agevolmente previsto siffatta possibilita' anche in Italia, una volta rimossi gli ostacoli ideologici che precludevano ingiustamente tale accesso alle coppie omosessuali;

che peraltro da qualche tempo era stato istituito a Pordenone, presso l'Azienda sanitaria n. 5 Friuli Occidentale, il servizio - Struttura semplice dipartimentale di procreazione medicalmente assistita sia omologa che eterologa, da effettuarsi gratuitamente a carico del Sistema sanitario nazionale;

che tale servizio costituiva per le odierne ricorrenti una garanzia sia in termini di qualita' sanitaria sia in termini economici, non costringendo la coppia a recarsi all'estero con modalita', tempi e costi piuttosto elevati, come era avvenuto all'epoca del percorso effettuato in Spagna da C. D.;

che del tutto illogico appariva alle ricorrenti non potersi avvalere dell'opportunita' offerta dall'Azienda sanitaria locale e soprattutto appariva gravemente discriminatorio costringere S. B. a portare a termine il percorso di PMA all'estero per poi far comunque nascere il bambino in Italia come cittadino italiano. Il tutto sulla base del loro orientamento sessuale;

che pertanto S. B., anche per ragioni di eta' ovvero ritenendo di non avere piu' molto tempo di attesa per intraprendere il percorso di PMA in base ai protocolli vigenti, aveva presentato, nel mese di marzo 2018, unitamente alla compagna C. D., la richiesta presso l'Azienda sanitaria n. 5 servizio - Struttura semplice dipartimentale fisiopatologia riproduzione umana Banca del seme e degli ovociti per accedere a tale percorso, sottoponendosi altresi' alle visite/indagini mediche ed ematologiche richieste;

che tuttavia l'Azienda sanitaria n. 5, in persona del responsabile dei trattamenti di procreazione medicalmente assistita dott. F. T., aveva loro comunicato in data 3 maggio 2018 il rifiuto all'accesso alla tecnica di PMA, con la seguente motivazione: «Al termine del counseling il sottoscritto dott. F. T., medico responsabile della settore scientifico-disciplinare di procreazione medicalmente assistita, informa la coppia D. C. e B. S. che la legge n. 40/2004 all'art. 5 prevede - tra i requisiti soggettivi - l'accesso a tecniche di riproduzione assistita, solo a coppie di sesso diverso e che pertanto, pur rispettando pienamente la loro scelta di vita e la loro richiesta di accedere ad una tecnica di PMA eterologa con donazione di seme non posso consentire l'accesso a tale tecnica nel rispetto della sopra menzionata legge, presso la struttura da me diretta»;

che la causa di merito sottostante il giudizio cautelare andava individuata in un procedimento ordinario ex articoli 2910 e seguenti del codice civile (art. 2931 del codice civile: obbligo di fare). Tutto cio' premesso, ritenendo sussistenti i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di ordinare alla Azienda di consentire loro l'accesso alle tecniche di PMA e di sollevare, in via pregiudiziale, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge n. 40/2004, per contrasto (ove ritenuto non superabile in via interpretativa/analogica) con gli articoli 2, 3, 31, comma 2° e 32, comma 1° della Costituzione, nella parte in cui limitava tale accesso alle sole «coppie (...) di sesso diverso», inibendolo, dunque, alle coppie formate da persone dello stesso sesso, nonche' di sollevare, in via eventuale, questione di' legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1° della medesima legge n. 40/2004 (anche in tal caso qualora pure la questione relativa alla sterilita'/infertilita' per le coppie formate da persone dello stesso sesso non fosse ritenuta superabile in via interpretativa/analogica), per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui limitava il suddetto accesso «... ai casi di sterilita' o di infertilita'» anche per le coppie formate da persone dello stesso sesso. 1.b Si e' ritualmente costituita in giudizio l'Azienda per l'assistenza sanitaria n. 5 Friuli Occidentale, la quale ha eccepito preliminarmente l'incompetenza per materia del Giudice adito ex art. 442 del codice di procedura civile (essendo competente il Giudice del lavoro del Tribunale di Pordenone) e ha concluso nel merito per il rigetto della domanda (rilevando l'insussistenza dei requisiti di cui all'art. 700 del codice di procedura civile). 1.c All'udienza del 28 giugno 2018, essendosi le parti richiamate ai rispettivi atti difensivi ed avendo le stesse ulteriormente illustrato le reciproche deduzioni ed istanze, il Giudice ha trattenuto la causa in riserva. 1.d Un tanto esposto in fatto, va, anzitutto, affrontata, per essere disattesa, l'eccezione preliminare sollevata dalla resistente. Come si e' sopra accennato, l'Azienda eccepisce l'incompetenza per materia del Giudice adito, ritenendo che competente a decidere sulla domanda cautelare proposta dalle signore B. e D. sia il Giudice del lavoro del Tribunale di Pordenone. La medesima Azienda osserva, piu' precisamente, che, come chiarito dalla Suprema Corte (cfr. Cassazione civile, sezioni unite, 22 febbraio 2012, n. 2570 ed, ancor prima, Cassazione civile, sezioni unite, 24 aprile 2002, n. 6043), tra le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatone di cui all'ari. 442 del codice di procedura civile, di competenza ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura civile del Tribunale in funzione di Giudice del lavoro, rientrano anche quelle aventi ad...

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