n. 113 SENTENZA 10 aprile - 31 maggio 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Lazio 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie), come modificato dall'art. 8 della legge della Regione Lazio 27 gennaio 2005, n. 6, recante «Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie) e successive modifiche ed alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche», promosso dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici per le Regioni Lazio, Umbria e Toscana con ordinanza del 3 ottobre 2017, nel procedimento vertente tra M. C. e altro e l'Universita' agraria di Valmontone e altra, iscritta al n. 169 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto di costituzione di M. C. e altro;

udito nella udienza pubblica del 10 aprile 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi gli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli, Edoardo Di Giovanni e Maria Athena Lorizio per M. C. e altro. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 3 ottobre 2017, il Commissario per la liquidazione degli usi civici per le Regioni Lazio, Umbria e Toscana ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9, 117, secondo comma, lettere l) e s), e 118 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Lazio 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie), come modificato dall'art. 8 della legge della Regione Lazio 27 gennaio 2005, n. 6, recante «Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie) e successive modifiche ed alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche». La disposizione censurata, riportata integralmente nel considerato in diritto, prevede la possibilita' di alienare e sanare sotto il profilo urbanistico, le occupazioni di terreni gravati da uso civico e le costruzioni su di essi realizzate a condizione di particolare favore. 1.1.- In punto di fatto, il Commissario rimettente premette di aver iniziato, d'ufficio, a seguito di un esposto dei consiglieri dell'Universita' agraria di Valmontone, un processo per l'azione di accertamento della qualitas di un terreno con annesso magazzino sito in Valmontone, messo in vendita nonostante non vi fosse un certificato edilizio in sanatoria. L'Universita' agraria di Valmontone aveva, difatti, deciso di alienare un appezzamento di terreno chiedendo alla Regione Lazio il cambio di destinazione d'uso, ai sensi della legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del R. decreto 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del R. decreto 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del R. decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del R. decreto 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del R. decreto-legge 22 maggio 1924, n. 751);

quest'ultima aveva, invece, ritenuto, «trattandosi di alienazione di terreni demaniali edificati, ai sensi e per gli effetti del comma 1, lettera a) dell'art. 8 della L.R. n. 1/1986 e s.m.i. [....] e' compito degli Enti titolari dei diritti civici, procedere autonomamente all'alienazione senza la necessita' di acquisire l'autorizzazione regionale, stante la competenza». La predetta Universita' agraria si era quindi avvalsa della facolta', concessa dalla norma censurata, di alienare detti terreni di proprieta' collettiva di uso civico. Nelle more del giudizio, il Comune di Valmontone aveva rilasciato il permesso di costruire in sanatoria, determinando, secondo quanto previsto dalla norma impugnata, il venir meno degli usi civici e, conseguentemente, del vincolo ambientale, consentendo, in definitiva, l'alienazione. 1.2.- In ordine alla rilevanza della sollevata questione, il rimettente espone che, in base alla normativa regionale, con il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, il bene avrebbe acquisito natura disponibile e sarebbe legittimamente alienabile: il Commissario dovrebbe, quindi, limitarsi a prendere atto dell'avvenuta trasformazione del bene demaniale in allodiale e, conseguentemente, dichiarare l'avvenuta estinzione dei diritti di uso civico gravanti sui terreni oggetto di causa. L'univocita' della previsione legislativa non consentirebbe, infatti, interpretazioni differenti e la sdemanializzazione deriverebbe direttamente dalla legge impugnata, non essendo necessari ne' ulteriori atti amministrativi ne' ulteriori accertamenti istruttori nel corso della causa gia' matura per la decisione. 1.3.- Quanto alla non manifesta infondatezza della medesima questione, il Commissario rimettente osserva che la materia degli usi civici sarebbe disciplinata in modo tendenzialmente esaustivo dalla legge n. 1766 del 1927 e dal regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del Regno), al fine di garantire l'interesse della collettivita' alla conservazione degli usi civici e alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. Alle Regioni sono state, difatti, trasferite, con d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 (Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici) e con d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), le sole funzioni amministrative connesse alle ipotesi di liquidazione degli usi civici, cosicche' la Regione Lazio non avrebbe potuto emanare norme derogatorie a quelle statali introducendo nuove ipotesi di liquidazione degli usi civici non previste dalla normativa statale. La legge impugnata contrasterebbe, in definitiva, con l'art. 11 della legge n. 1766 del 1927 e con l'art. 42 del r.d. n. 332 del 1928, i quali richiedono che le limitazioni o la liquidazione dei diritti di uso civico siano precedute dall'assegnazione dei suoli alla categoria sub lettera a (terreni convenientemente utilizzati come bosco o come pascolo permanente) del medesimo art. 11. Costituirebbe, infine, principio fondamentale in materia il fatto che le eccezionali ipotesi di legittimazione o di alienazione non possano mai interrompere la continuita' del patrimonio collettivo venendo altrimenti compromessa la fruibilita' di detto patrimonio. 1.4.- Sotto altro profilo, il Commissario rimettente osserva che «le aree assegnate alle Universita' agrarie e le zone gravate da usi civici» sarebbero state sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), dapprima con l'art. 1, lettera h), della legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Integrazioni dell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), quindi con l'art. 142, comma 1, lettera f [recte h], del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Si tratterebbe di norma di grande riforma economico-sociale (sono citate le sentenze n. 210 del 2014, n. 207 e n. 66 del 2012, n. 226 e n. 164 del 2009) che limita l'esercizio della competenza legislativa primaria delle Regioni. La funzione di tutela dell'ambiente svolta dagli usi civici - prosegue il rimettente - e' stata affermata da questa Corte a partire dalle sentenze n. 133 del 1993 e n. 46 del 1995 e dall'ordinanza n. 316 del 1998. Sarebbe in sostanza lo stesso aspetto del territorio, per i suoi contenuti ambientali e culturali, un valore costituzionale di per se' (sentenza n. 367 del 2007). Ne deriva che la Regione «non possa assumere, unilateralmente, decisioni che liberano dal vincolo ambientale porzioni del territorio. Oltre alle ipotesi di mutamento di destinazione, che sostanzialmente rimodellano il vincolo ambientale verso una nuova finalita' comunque conforme agli interessi della collettivita', devono assolutamente soggiacere al meccanismo concertativo le ipotesi di sclassificazione, che sottraggono in via definitiva il bene alla collettivita' ed al patrimonio tutelato» (si cita la sentenza n. 103 del 2017). Nel caso in esame, la Regione Lazio avrebbe, in definitiva, determinato una sostanziale sclassificazione dei terreni gravati da uso civico in quanto edificabili o, addirittura, abusivamente edificati e quindi condonati, benche' sia certo che la normativa regionale «non puo', salvo i casi suscettibili di alienazione e legittimazione previsti dalla legge n. 1766 del 1927, servire a sanare indiscriminatamente occupazioni abusive» (si cita la sentenza n. 103 del 2017). In conclusione, la norma regionale eccederebbe dall'ambito di competenza legislativa regionale, incidendo nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», riservata al legislatore statale dall'art. 117, lettera s), Cost., come gia' riconosciuto da questa Corte (da ultimo, nelle sentenze n. 103 del 2017 e n. 210 del 2014);

incontrerebbe il limite delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, quali le evocate disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio (e' menzionata la sentenza n. 210 del 2014);

violerebbe, infine, la competenza statale esclusiva in materia anche sotto il profilo della pianificazione paesaggistica (art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004). 1.5.- Inoltre...

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