n. 11 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 gennaio 2015 -

Ricorso per la Regione Veneto (c.f. 80007580279;

p.iva 02392630279), in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale Dott. Luca Zaia, con sede in Venezia, Palazzo Balbi, Dorsoduro 3901, rappresentata e difesa, giusta deliberazione della Giunta regionale n. 2471 del 23 dicembre 2014 e pedissequo mandato speciale a margine del presente ricorso, dagli avv.ti prof. Mario Bertolissi del Foro di Padova (c.f. BRTMRA 8T28 L483 I;

pec: mario.bertolissi@ordineavvocatipadova.it;

fax: 049 83 60 938), Ezio Zanon coordinatore dell'Avvocatura regionale (c.f. ZNNZEI57L07B563 K;

pec: ezio.zanon@coavenezia.it;

fax: 041 27949 2) e dall'avv. Luigi Manzi del Foro di Roma (c.f. MNZLGU34E15 H501Y;

pec: luigimanzi@ordineavvocatiroma.org;

fax: 06 3211370), con domicilio eletto presso lo studio legale del terzo, in Roma, via F. Confalonieri n. 5;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore (c.f. 80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587), con sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 4, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9;

7, commi 2 e 3;

42, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, rubricato «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive», convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, pubblicata nel Supplemento ordinario n. 85 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 262 del 11 novembre 2014, per violazione degli artt. 2, 3, 97, 114, comma 1, 117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. Fatto Con il d.l. n. 133 del 12 settembre 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 dell'11 novembre 2014, il legislatore statale e' intervenuto in diversi settori con disposizioni finalizzate a consentire al nostro Paese il superamento della situazione di grave crisi economica che lo attanaglia, tant'e' che tale decreto-legge e' meglio conosciuto come decreto c.d. Sblocca Italia. La Regione Veneto ha individuato, nel corpo del provvedimento, una serie di disposizioni normative che appaiono lesive dell'autonomia regionale costituzionalmente garantita: in una prospettiva che guarda all'avvenire del Paese. In ragione di cio', la Regione Veneto deve chiedere a codesto ecc.mo Collegio la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle disposizioni normative in epigrafe indicate per i seguenti motivi di Diritto I. Premesse 1. Nonostante rappresenti ormai, senz'altro a parole, un luogo comune la denuncia di un'evasione fiscale e contributiva enorme e di tassi insostenibili di inefficienza (1) , tali da porre il Paese in condizione di non essere in grado di escogitare rimedi da opporre a un doloroso, preoccupante declino;

nonostante sia noto a tutti che misure indifferenziate - c.d. lineari, che si ricollegano alla spesa storica di ciascun ente - siano, sul versante delle entrate e delle spese, destinate non a ridurre, ma ad incrementare gli squilibri territoriali;

nonostante tutto cio', i Governi che si sono succeduti, l'uno all'altro, pare procedano secondo una logica deterministica, vale a dire in assenza di cio' che illumina le scelte, rendendole, ad un tempo, razionali e ragionevoli. Certo, non sono mancate le sollecitazioni. Per rimanere fermi all'ottica del giudizio di legittimita' costituzionale delle leggi, proprio la Regione Veneto ha sottoposto a codesto Ecc.mo Collegio - da cinque lustri almeno, con garbo e precisione millimetrica, attraverso questo patrocinio - il problema costituzionale della differenziazione, il cui principio e' stato formalizzato con la novella costituzionale del 2001, che ha modificato l'art. 118 Cost.;

mentre, per l'innanzi, poteva dirsi espressione dell'art. 3, comma 2, Cost., che e' sicuro presidio di un'eguaglianza che non vuole mai trasformarsi in egualitarismo, anche ai sensi di cio' che dispone - e impone - l'art. 97 Cost. Simili prospettive - che hanno dato voce a pulsioni istituzionali coerenti, ad un tempo, con principi politici e costituzionali di alto profilo - si ricollegavano e si ricollegano tutt'ora a una preoccupazione risalente di tanti (2) , i quali, pur nella "diversita' delle opinioni", hanno "espresso la medesima preoccupazione, e cioe' che i settori parassitari della societa' italiana, che traggono i loro privilegi dal rapporto con il potere politico, abbiano raggiunto una massa critica, che mette seriamente a repentaglio le possibilita' di crescita e di sviluppo civile dell'Italia" (3) . A distanza, pur cosi' grande, di tempo, e' necessario ripartire da qui: da questa inascoltata sollecitazione, visti gli esiti negativi cui si e' giunti, avendone trascurato il senso profondo;

viste le prospettive, che non si possono alimentare di ragionamenti che si basano su premesse ordinamentali prive di fondamento. Infatti, la rilevanza costituzionale e il significato normativo dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, di cui all'art. 118, comma 1, Cost., non possono prescindere da cio' che e' ed accade: da quella che Francesco De Sanctis denominava la "cosa effettuale" (4) Con la conseguenza - dovrebbe, finalmente, divenire scontata - che la legge non puo' disporre trascurando, oltretutto in nome dell'irresponsabilita', azioni positive e negative, meriti e demeriti, in violazione, tra l'altro, degli artt. 2, 3, 97, 117, 118 e 119 Cost., che vorrebbero, prefigurandola sottotraccia, una Repubblica coesa. Non soltanto formalmente una e indivisibile, come promette l'art. 5 Cost., sulla carta (5) . 2. Sostiene il Presidente del Consiglio - Matteo Renzi - che, nei decenni che lo hanno preceduto, forieri dell'attuale tracollo del sistema-Paese, Parlamenti, Governi e relative maggioranze non hanno saputo risolvere alcun problema strutturale. D'altra parte, con i consueti, collaudati e ripetuti criteri di giudizio non c'e' riuscita, ancorche' incolpevolmente, la Corte costituzionale (6) e neanche, per parte sua, questa difesa della Regione Veneto. Tuttavia, e' indispensabile, per almeno tentare di uscire dalle secche, ripensare portata e limiti delle disposizioni costituzionali-parametro qui fatte valere - gli artt. 2, 3, 97, 117, 118 e 119 Cost. - le quali non possono continuare a misurarsi con riferimenti di indole astratta e, per cio' solo, irreali;

dovendosi confrontare, invece, con dati di fatto che riassumono in se' la vita quotidiana di cio' che l'art. 114 Cost. definisce come Repubblica: insieme di enti e, soprattutto, di collettivita' (7) Per costruire un percorso limpido nelle sue premesse e nei suoi sviluppi, e' opportuno, comunque, ricordare, in estrema sintesi, quel che e' accaduto quanto meno a partire dal 2001: spartiacque tra il testo originario del Titolo V della Parte II della Costituzione e il nuovo testo, introdotto dalla legge costituzionale n. 3/2001. Prima, i rapporti Stato-Regioni sono stati regolati sulla base del limite dell'interesse nazionale (e delle altre Regioni) che, abbinato al limite territoriale, e' stato concepito, contrastando nettamente le intenzioni del Costituente e la lettera stessa della Legge fondamentale, come limite di legittimita'. La potesta' regionale finanziaria e' stata ridotta, non a caso, a potesta' sostanzialmente regolamentare (8) Dopo, le materie-funzione hanno sostituito l'interesse nazionale e il risultato non e' mutato: fatta eccezione per l'ulteriore amministrativizzazione del contezioso costituzionale, cui e' indispensabile ridare slancio sul piano qualitativo. Avrebbe dovuto concorrere a realizzare un simile programma l'attuazione del c.d. federalismo fiscale, ma gli sviluppi istituzionali sono stati ben altri: piu' precisamente, del tutto diversi. Di cio' bisogna essere consapevoli, se si intende concorrere alla riforma della Repubblica, che esige un netto cambio di rotta (9) . Per il momento, vale la pena di accennare a quel che si era auspicato: di concepire il federalismo fiscale quale strumento di contrasto del "declino [dell'Italia] che ha imboccato nell'ultimo decennio: la produttivita' ristagna, l'occupazione aumenta solo nella componente straniera, la pressione e l'evasione fiscale restano fra le piu' alte al mondo, i servizi pubblici permangono inefficienti, il welfare continua a privilegiare i padri e penalizzare i figli..." (10) ;

quindi, si sarebbe dovuto evitare di "aumentare le funzioni ad essi [enti regionali] delegate", funzioni destinate "ad attrarre maggiori risorse pubbliche, in cambio della promessa di usarle meglio in futuro" (11) ;

piuttosto, avendo di mira l'interesse del Paese, "il ceto politico" avrebbe dovuto rendersi conto "che l'unica possibilita' che ha l'Italia di fermare il declino e' di rimettere in movimento le sue locomotive, ossia i territori produttivi", attenuando progressivamente il "parassitismo dei territori piu' spreconi" (12) Tutto cio', sul presupposto che il regionalismo italiano era, fin dall'origine, a macchia di leopardo (13) , disancorato da qualunque responsabilita', e che vi erano stati massicci trasferimenti di risorse a favore del Sud (14) , senza risultati degni di nota, come testimoniano le vicende che hanno interessato, da ultimo, il Comune di Roma (15) Ma l'auspicio non si e' tradotto in realta'. Ed e' per questo che la questione va affrontata muovendo da quel che si e' sempre trascurato: la valorizzazione dei "territori produttivi", nell'interesse del Paese, che non puo' continuare a sopportare il "parassitismo dei territori piu' spreconi". Non si e' finora tradotto in realta' perche' il federalismo istituzionale e fiscale sono stati fraintesi. Infatti, "se andiamo alle radici e lasciamo da parte il folclore... e' piuttosto chiaro che la ratio principale del federalismo non era, all'origine, quella di rendere piu' efficiente la Pubblica amministrazione, o di restituire...

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