n. 107 SENTENZA 4 aprile - 11 maggio 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 8 (recte: art. 8, comma 1, lettera l), e 17, commi dal 3 al 6, 19, comma 10, 21, comma 1, lettera d), 22, comma 4, lettera a), della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (Prime misure per la razionalizzazione della spesa e per il rilancio della economia campana - Legge collegata alla legge regionale di stabilita' per l'anno 2016), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 3-7 giugno 2016, depositato in cancelleria il 13 giugno 2016 ed iscritto al n. 30 del registro ricorsi 2016. Visto l'atto di costituzione della Regione Campania;

udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 2017 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi l'avvocato dello Stato Francesco Sclafani per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Almerina Bove per la Regione Campania. Ritenuto in fatto 1.- Con il ricorso in epigrafe, notificato il 3-7 giugno 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 8, 17, commi dal 3 al 6, 19, comma 10, 21 comma 1, lettera d), e 22, comma 4, lettera a), della legge della Regione Campania, 5 aprile 2016, n. 6 (Prime misure per la razionalizzazione della spesa e per il rilancio della economia campana - Legge collegata alla legge regionale di stabilita' per l'anno 2016), pubblicata sul BUR del 5 aprile 2016, n. 22. Ad avviso del Governo l'art. 8 (recte: art. 8, comma 1, lettera l), della legge regionale impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione sia all'art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)» (da qui, TUE), sia al comma 10 dell'art. 5 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106;

i commi dal 3 al 6 dell'art. 17 sarebbero in conflitto con gli artt. 9 e 117, commi primo e secondo, lettere e), l) ed s) Cost.;

il successivo art. 19, comma 10, sarebbe in contrasto con il disposto dell'art. 81, terzo comma, Cost., mentre l'art. 21, comma 1, lettera d), violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento all'art. 44-bis del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia di documentazione amministrativa (Testo A)»;

infine, l'art. 22, comma 4, lettera a), della legge in oggetto sarebbe in conflitto con l'art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento sia all'art. 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), sia ai commi 80 e 95 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)». 2.- Evidenzia il ricorrente che l'art. 8 della legge regionale impugnata apporta modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa), in precedenza gia' oggetto di altre innovazioni rispetto all'impianto originario. In particolare, il ricorrente segnala che con il comma 1 del citato art. 8, lettere b), e), f) e g), l'applicabilita' di alcuni degli incentivi in deroga di cui alla legge regionale n. 19 del 2009 (segnatamente quelli previsti dal comma 2 dell'art. 4, dal comma 4 dell'art. 6-bis, nonche' dai commi 5 e 8-bis dell'art. 7), e' stata ancorata alla data di entrata in vigore della legge della Regione Campania 18 gennaio 2016, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2016 - 2018 della Regione Campania - Legge di stabilita' regionale 2016». Il Governo rimarca, inoltre, che il citato art. 8, comma 1, lettera h), ha modificato la disciplina di cui all'art. 7-bis (Recupero dei complessi produttivi dismessi) della legge regionale n. 19 del 2009, cosi' da conferire ai comuni la facolta' di assentire interventi di recupero e riutilizzo di complessi industriali e produttivi dismessi pur senza imporre il rispetto del previgente vincolo di destinazione ad attivita' produttive. 2.1.- Cio' premesso, osserva il Governo che l'art. 8, comma 1, lettera l), della legge regionale n. 6 del 2016, nel sostituire il comma 4-bis dell'art. 12 (Norma finale e transitoria) della legge regionale n. 19 del 2009, cosi' recita: « il comma 4-bis dell'art. 12 e' sostituito dal seguente: "4-bis. Le disposizioni di cui all'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 si applicano anche agli interventi previsti dalla presente legge e realizzati dopo la sua entrata in vigore, privi di titolo abilitativo o in difformita' da esso, ma che risultano conformi alla stessa legge sia al momento della realizzazione degli stessi interventi, sia al momento della presentazione della domanda"». Tali disposizioni sarebbero in contrasto con l'art. 36 del TUE il quale, ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, richiede la doppia conformita' alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, cioe' la conformita' dell'intervento alla normativa in vigore sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione della domanda. Ad avviso del Governo, a seguito della modifica oggetto di censura, le deroghe assentite dalla legge regionale n. 19 del 2009 sarebbero applicabili anche ad interventi che, eseguiti nei periodi intercorrenti tra le varie modifiche ad opera delle leggi regionali sopravvenute nel tempo fino alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 1 del 2016, avrebbero dovuto essere realizzati in conformita' alla disciplina urbanistica ed edilizia medio-tempore in vigore. La disposizione impugnata, dunque, consentirebbe il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria pur in presenza di abusi non solo formali ma anche sostanziali, in aperta contraddizione con il disposto dell'evocato art. 36 del TUE cui questa Corte ha riconosciuto natura di principio fondamentale vincolante per la legislazione regionale, siccome finalizzato a garantire l'assoluto rispetto della disciplina urbanistica e edilizia durante tutto l'arco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta ad ottenere il permesso in sanatoria. Secondo il ricorrente, un esempio evidente di siffatta violazione sarebbe offerto dalle modifiche apportate all'art. 7-bis (Recupero dei complessi produttivi dismessi) della legge regionale n. 19 del 2009, introdotte dall'art. 8, comma 1, lettera h), della legge regionale impugnata;

disposizione, questa, che oggi consente, a differenza del passato, il recupero dei complessi produttivi dismessi pur senza mantenere fermo il vincolo rappresentato dalla pregressa destinazione ad attivita' produttive. Per effetto della nuova disciplina transitoria, adduce il Governo, anche il recupero dei plessi produttivi non coerente con il precedente vincolo di destinazione, realizzato prima dell'entrata in vigore della modifica apportata dalla legge regionale impugnata, sarebbe suscettibile di sanatoria perche' conforme alla disciplina attualmente vigente. E tanto sarebbe in conflitto non solo con l'art. 36 del TUE ma anche con il disposto di cui all'art. 5, comma 10, del d.l. n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, il quale esclude, per gli immobili abusivi, l'applicabilita' delle misure di premialita' assentite dalle leggi regionali ricomprese, come quella della Regione Campania n. 19 del 2009, nel programma nazionale meglio noto con il sintagma «Piano Casa». 2.2.- Il Governo rimarca, inoltre, che, a seguito delle modifiche nel tempo apportate alla legge regionale n. 19 del 2016, le amministrazioni comunali si troveranno, con tutta probabilita', nella condizione di non essere in grado di individuare la data di esecuzione degli interventi oggetto di verifica di conformita' con riguardo alla disciplina urbanistico-edilizia vigente al momento della relativa realizzazione. Tanto renderebbe comunque inapplicabile il principio statale della doppia conformita', cosi' da porre la disciplina regionale in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza e buon andamento dell'azione amministrativa con conseguente violazione degli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost. 3.- Il ricorrente lamenta, altresi', l'illegittimita' dell'art. 17, commi dal 3 al 6, della legge regionale n. 6 del 2016, per la ritenuta violazione degli artt. 9 e 117, commi primo e secondo, lettere e), l) e s), Cost. L'art. 17 in oggetto, si segnala nel ricorso, contiene norme per lo sviluppo del turismo balneare;

piu' precisamente, i commi censurati, prevedono una procedura comparativa ad evidenza pubblica per il rinnovo delle concessioni demaniali marittime, in forza della quale il concessionario subentrante deve corrispondere al concessionario uscente un indennizzo basato su una stima del valore aziendale di riferimento. Tali disposizioni violerebbero l'art. 117, primo comma, Cost. perche' in contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e liberta' di stabilimento, introducendo un trattamento di favore per il concessionario uscente cosi' da ostacolare l'apertura del mercato. Le disposizioni in oggetto violerebbero, inoltre, l'art. 117, secondo comma, lettere e), l) e s) Cost., perche' sarebbero destinate ad operare in ambiti legislativi coperti dalla riserva ascritta allo Stato in materia di tutela della concorrenza, ordinamento civile e tutela dell'ambiente. Infine, la norma regionale in esame presenta aspetti di incostituzionalita' anche sotto il profilo della tutela del paesaggio e dell'ambiente, materie...

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