n. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 marzo 2018 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima Sezione Penale Composta da: Francesco Maria Silvio Bonito - Presidente;

Roberto Binenti;

Francesco Centofanti;

Gaetano Di Giuro;

Raffaello Magi - Rel. Consigliere. Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: M. N. nato il ... a ... . Avverso l'ordinanza del 20 ottobre 2016 del Trib. sorveglianza di Roma;

Sentita la relazione svolta dal consigliere Raffaello Magi;

lette/sentite le conclusioni del PG Roberto Aniello, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma con ordinanza emessa in data 20 ottobre 2016 ha respinto l'istanza proposta da M. N., tesa ad ottenere il differimento della pena, per grave infermita', al sensi dell'art. 147 cod. pen . Premesso che l'istante risulta ristretto in forza di titolo divenuto definitivo il 12 aprile del 2016 (sentenza di condanna per concorso in rapina aggravata) e che la pena residua da espiare e' pari ad anni sei, mesi quattro e giorni ventuno di reclusione, il Tribunale compie riferimento ai numerosi precedenti penali del M. e ne evidenzia il grado di pericolosita'. Viene, in seguito, evidenziato che in data 4 luglio 2016 ed in data 30 settembre 2016 si sono verifcati, in costanza di detenzione, due comportamenti autolesionistici (taglio della gola) posti in essere dal detenuto, che risulta seguito dal medico psichiatra del carcere. Nel valutare la attuale condizione del M., il Tribunale afferma che costui e' affetto esclusivamente da un disturbo di natura psichica, inquadrato dal consulente di parte in termini di «grave disturbo misto di personalita', con predominante organizzazione border line in fase di scompenso psicopatologico». Pur aderendo a siffatto inquadramento, il Tribunale rileva che la previsione di legge di cui all'art. 147 cod. pen. non risulta applicabile, in quanto trattasi di normativa che prende in esame esclusivamente la condizione di infermita' fisica e non quella di infermita' psichica. Nel caso del M. non si evidenziano ricadute di tipo fisico della patologia psichica, il che esclude l'applicabilita' della disposizione invocata. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - M. N., deducendo erronea applicazione della disciplina regolatrice e vizio di motivazione. 2.1 La difesa evidenzia che la storia clinica del M., sotto il profilo della patologia psichiatrica, e' radicata nel tempo, risalendo agli anni 70. Durante una precedente esecuzione si era accertata la particolare gravita' della patologia psichiatrica dell'attuale ricorrente con applicazione di detenzione domiciliare in luogo di cura (con allegazione di provvedimento con cui, in data 18 maggio 2001, il Tribunale di sorveglianza di Roma applicava la detenzione domiciliare in luogo esterno di cura, con diagnosi di depressione maggiore, ai sensi dell'art. 47-ter comma, 1 ord.pen.) a dimostrazione della non episodicita' degli atti autolesivi posti in essere nel 2016. 2.2 Si rappresenta, pertanto, che il caso andava inquadrato nella previsione di legge di cui all'art. 148 cod. pen., trattandosi di infermita' psichica sopravvenuta tale da impedire l'esecuzione della pena. Era stato chiesto, in alternativa, ricovero in luogo esterno di cura. Il ricorrente si duole della omessa esecuzione di una perizia, posto che il Tribunale, pur aderendo alla prospettazione del consulente di parte non ha ritenuto che il quadro patologico insorto potesse determinare la sospensione dell'esecuzione, ed evidenzia - quanto al preteso vizio argomentativo - da un lato che l'inquadramento operato appare semplicistico, posto che la gravita' della patologia psichica induce a ritenere probabili le ricadute sul piano fisico, dall'altro che - in ogni caso - la prosecuzione della detenzione finisce con il determinare una condizione contraria al senso di umanita'. Considerato in diritto 1. Il Collegio ritiene di sollevare d'ufficio - ai sensi dell'art. 23, comma 3, legge n. 87 del 11 marzo 1953 - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1 ter legge n. 354 del 26 luglio 1975 (da ora in avanti ord. pen.), per le ragioni che seguono. 2. In via preliminare, va precisato che la fase del giudizio di legittimita' risulta idonea alla proposizione dell'incidente di legittimita' costituzionale, nella misura in cui la Corte di cassazione - nell'esercizio delle funzioni decisorie sue proprie, perimetrate dai contenuti della decisione impugnata in quanto investiti dai motivi di ricorso (art. 609 cod.proc.pen) - rilevi che: a) in sede di merito, su un punto oggetto di ricorso, e' stata applicata una disposizione di legge i cui contenuti precettivi, pur esattamente ricostruiti dal giudice di merito, si pongano in contrasto con quelli desumibili da una o piu' norme della costituzione;

  1. in sede di merito, su un punto oggetto di ricorso, non e' stata applicata una disposizione di legge il cui ambito regolativo avrebbe potuto, ove ritenuta applicabile, fornire alla parte ricorrente la tutela richiesta, li' dove la ragione della mancata applicazione risulti frutto - a sua volta - della violazione di norme costituzionali. In altre parole, va ritenuto che la cognizione «tipica» della Corte di cassazione, che non e' giudice del fatto ma della corretta interpretazione delle norme giuridiche applicate in sede di merito al caso trattato, non possa impedire ai giudice di legittimita' di apprezzare non soltanto «l'avvenuta applicazione» di una disposizione di legge di sospetta incostituzionalita' - li' dove il tema risulti rilevante al fine di decidere il ricorso - ma anche la «mancata applicazione» di una disposizione i cui contenuti, ove rimosso - in tesi - con decisione additiva da parte della Corte costituzionale il limite reputato irragionevole (o comunque contrastante con prinicipi costituzionali) avrebbero consentito di offrire al caso trattato una soluzione diversa ed aderente ai contenuti della Costituzione. Cio' che rileva e', infatti, che il dubbio di legittimita' costituzionale - sia esso introdotto dalla parte o formulato di ufficio - rilevi sull'esercizio dei poteri giurisdizionali tipici della fase di legittimita' e, dunque, sull'accoglimento o meno del ricorso (v. Sez. I n. 409 del 10 dicembre 2008, ric. Sardelli, rv 242456 in tema di riproponibilita' di eccezione di legittimita' costituzionale respinta in sede di merito;

    quanto al potere di sollevare di ufficio la questione, v. Sez. VI n. 1523 del 9 dicembre 1970, dep. 4 febbraio 1971, Benassi, rv 116570). E' evidente, infatti, che la Corte di cassazione - in quanto giurisdizione di controllo - e' chiamata a compiere una applicazione sui generis delle disposizioni di legge rilevanti per la soluzione del caso trattato, ponendosi quale organo cui spetta la verifica della corretta applicazione della legge vigente avvenuta nei precedenti gradi di giudizio, ma cio' non ridimensiona in alcun modo il potere/dovere di attivazione del controllo di legittimita' costituzionale li' dove la disposizione o il «complesso di disposizioni» incidenti sul tema determini un rilevante dubbio di legittimita' costituzionale. 3. Cio' posto, il caso in esame si caratterizza per i seguenti aspetti, in fatto: a) risulta pacifica l'insorgenza a carico di M. N., in costanza di esecuzione della pena, di una patologia di tipo psichico (anche i gravi disturbi di personalita' rientrano nella nozione di infermita', v. Sez. Un. 2005 ric. Raso), che lo stesso Tribunale di sorveglianza procedente finisce per l'individuare, assumendo come fondato il contenuto della consulenza di parte, in un «grave disturbo misto di personalita', con predominante organizzazione border line in fase di scompenso psicopatologico»;

  2. risulta altresi' pacifica la ricorrenza, in dipendenza di tali condizioni, di allarmanti gesti autolesivi posti in essere in costanza di detenzione carceraria da M. N. 3.1 In diritto, il Tribunale di sorveglianza riprende i contenuti della costante giurisprudenza di questa Corte, ferma nel ritenere che l'insorgenza di patologia di tipo psichico (non incidente sulla imputabilita' al momento del fatto) non trovi regolamentazione nel contenuto dell'art. 146 del codice penale (ipotesi di rinvio obbligatorio della esecuzione della pena), ove al comma 1 n. 3 si prende in esame l'ipotesi della «persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria.. ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione..», ne' tantomeno rientri nella ipotesi regolamentata nel corpo dell'art. 147, comma 1 n. 2 del codice penale (rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena) ove si prevede il caso di «chi si trova in condizioni di grave infermita' fisica». 4. Circa tale specifico aspetto, le doglianze esposte dal ricorrente sono da ritenersi infondate. La linea interpretativa seguita nel corso del tempo da questa Corte di legittimita' (si veda, di recente, Sez. I n. 37615 del 28 gennaio 2015, Pileri, rv 264876, nonche' tra i precedenti arresti Sez. I n. 11233 del 5 dicembre 2000) e' - per l'appunto - tesa a marcare una netta differenziazione tra...

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