n. 10 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 febbraio 2019 -

Ricorso per la Regione Umbria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore dott.ssa Catiuscia Marini, con sede in Perugia, corso Vannucci, n. 96, codice fiscale n. 80000130544, giusta procura speciale alle liti in calce al presente atto e in forza della delibera della Giunta regionale della Regione Umbria n. 86 del 28 gennaio 2019 rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Massimo Luciani del Foro di Roma (codice fiscale LCNMSM52L23H501G, fax 06.90236029, posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org) e Paola Manuali dell'Ufficio legale della Regione Umbria (codice fiscale: MNLPLA53H68G478;

fax 0755043625;

posta elettronica certificata: paola.manuali@avvocatiperugiapec.it), con domicilio eletto presso lo studio del primo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, nella cui sede in 00186 Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e' domiciliato ex lege, per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera a), b), c), d), e), f), i), l), m), n), n. 2, n-bis), o), p), q);

comma 2;

comma 3, lettera a), nn. 1 e 2;

comma 6;

comma 7;

comma 8;

comma 9;

dell'art. 12, comma 1, lettera a), b), c), d);

comma 2, lettera a), b), c), d), nn. 1 e 2, e), f), g), h), i), l), m), n);

comma 3;

comma 4;

comma 5;

comma 5-bis;

comma 6;

dell'art. 13, comma 1, lettera a), n. 2, lettera b), lettera c);

dell'art. 28, comma 1;

del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 ottobre 2018, n. 231, come convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 1° dicembre 2018, n. 132, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 3 dicembre 2018, n. 281. Fatto 1.- Con decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale 4 ottobre 2018, n. 231), conv., con modif., in legge 1° dicembre 2018, n. 132 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale 3 dicembre 2018, n. 281), sono state adottate «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata». Le disposizioni di maggiore rilievo del decreto-legge n. 113 del 2018, per quanto qui interessa, sono quelle che seguono. i) L'art. 1, che ha sostituito il generale istituto del permesso di soggiorno «per motivi umanitari» di cui all'art. 5 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (recante il «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»), con una pluralita' di fattispecie tipizzate e, sulla scorta di tale scelta di fondo, nelle disposizioni qui impugnate, ha adottato la consequenziale disciplina di dettaglio, di coordinamento e di attuazione. ii) L'art. 12 («Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti asilo»), che e' intervenuto sulle vigenti disposizioni relative al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), con disposizioni tutte lesive, a eccezione di quelle escluse dalla presente impugnazione. iii) L'art. 13, qui interamente gravato, a eccezione del comma 1, lettera a), n. 1, il quale, in particolare, alla lettera a), n. 2), ha novellato l'art. 4 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 («Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonche' della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale»), inserendovi un comma 1-bis, a tenor del quale «il permesso di soggiorno di cui al comma 1 non costituisce titolo per l'iscrizione anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, e dell'art. 6, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Lo stesso art. 13, al comma 1, lettera b), n. 1, ha poi sostituito il comma 3 dell'art. 5 del decreto legislativo n. 142 del 2015, disponendo che «l'accesso ai servizi previsti dal presente decreto e a quelli comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti e' assicurato nel luogo di domicilio individuato ai sensi dei commi 1 e 2». iv) L'art. 28, comma 1, che ha novellato l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (recante il «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali», hinc inde anche TUEL), inserendovi un comma 7-bis, a tenor del quale «Nell'ipotesi di cui al comma 7, qualora dalla relazione del prefetto emergano, riguardo ad uno o piu' settori amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un'alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l'imparzialita' delle amministrazioni comunali o provinciali, nonche' il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, il prefetto, sulla base delle risultanze dell'accesso, al fine di far cessare le situazioni riscontrate e di ricondurre alla normalita' l'attivita' amministrativa dell'ente, individua, fatti salvi i profili di rilevanza penale, i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l'adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici. Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all'ente un ulteriore termine, non superiore a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta, all'amministrazione inadempiente. Ai relativi oneri gli enti locali provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci». Gli articoli 1, comma 1, lettera a), b), c), d), e), f), i), l), m), n), n. 2, n-bis), o), p), q);

comma 2;

comma 3, lettera a), nn. 1 e 2;

comma 6;

comma 7;

comma 8;

comma 9;

12, comma 1, lettera a), b), c), d);

comma 2, lettera a), b), c), d), nn. 1 e 2, e), f), g), h), i), l), m), n);

comma 3;

comma 4;

comma 5;

comma 5-bis;

comma 6;

13, comma 1, lettera a), n. 2, lettera b), lettera c);

28, comma 1;

del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 ottobre 2018, n. 231, come convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 1° dicembre 2018, n. 132, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 3 dicembre 2018, n. 281, sono lesivi degli interessi e delle attribuzioni costituzionali della Regione Umbria, che ne chiede la declaratoria d'illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di Diritto Premessa. Quanto all'incidenza, delle norme impugnate nelle attribuzioni costituzionali della Regione Umbria. Come risulta dal suo stesso titolo, riportato in epigrafe, il decreto-legge n. 113 del 2018 disciplina una varia pluralita' di oggetti, che, come vedremo al quinto motivo di ricorso, non sono caratterizzati dal tratto dell'omogeneita' e la cui regolazione, pei profili che qui interessano, non e' assistita dalla straordinaria necessita' e urgenza che, ai sensi dell'art. 77 della Costituzione, deve caratterizzare questa categoria di atti. Le norme del decreto-legge, inoltre, nelle parti qui censurate, sono gravemente lesive di plurimi parametri costituzionali ulteriori. Prima di illustrare i singoli motivi di doglianza, pero', conta ora mettere in luce, in via del tutto preliminare e con riferimento a tutte le previsioni censurate, che i vizi di legittimita' costituzionale di cui appresso si fara' illustrazione sono tutti contestabili in sede di giudizio di legittimita' costituzionale in via d'azione, a causa della loro evidente interferenza con le attribuzioni regionali, cui arrecano un grave pregiudizio. In primo luogo, l'art. 28 concerne attribuzioni di diretta spettanza regionale, poiche' l'ordinamento egli enti locali e' materia di competenza regionale residuale. In secondo luogo, come e' noto, l'art. 117, comma 2, lettera b) e h), della Costituzione, ricomprende la materia «immigrazione» e la materia «ordine pubblico e sicurezza» tra quelle assegnate alla competenza esclusiva dello Stato. Nondimeno, la stessa Costituzione, all'art. 118, comma 3, riconosce esplicitamente l'esistenza di un profondo legame fra questa materia e quelle di competenza concorrente, affidate (anche) alla cura delle Regioni. Stabilire che «La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'art. 117 [...]», infatti, equivale a dare atto dell'intreccio competenziale fra tali due materie e le molte altre di competenza regionale, come, in particolare e a tacer d'altro, «tutela e sicurezza del lavoro;

istruzione [...];

tutela della salute [...];

previdenza complementare e integrativa;

coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». Codesta Ecc.ma Corte, peraltro, con specifico riferimento alla materia «immigrazione» ha gia' chiarito, nella sentenza n. 299 del 2010, che «deve essere riconosciuta la possibilita' di interventi legislativi delle Regioni con riguardo al fenomeno dell'immigrazione, per come previsto dall'art. 1, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998...

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