n. 10 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 gennaio 2015 -

Proposto dalla regione Veneto (codice fiscale 80007580279 - partita IVA 02392630279), in persona del presidente della giunta regionale dott. Luca Zaia (codice fiscale ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera della giunta regionale n. 2470 del 23 dicembre 2014 (allegato 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avvocati Ezio Zanon (codice fiscale ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'avvocatura regionale, prof. Luca Antonini (codice fiscale NTNLCU63E27D869I) del foro di Milano e Luigi Manzi (codice fiscale MNZLGU34E15H501V) del foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org. Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, intitolato «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive» come convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 (in supplemento ordinario n. 85, relativo alla Gazzetta Ufficiale 11 novembre 2014, n. 262): art. 17, comma 1, lettera G, per violazione degli articoli 3, 23, 117, commi 3 e 4, 118, 119, 120 della Costituzione;

art. 35, commi 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 9, per violazione degli articoli 3, 11, 117, commi 1, 3 e 4, 118, 119 e 120 della Costituzione;

art. 38, commi 1, 1-bis, 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 10, per violazione degli articoli 3, 9, 11, 32, 97, 117, I, III e IV comma, 118, 119, 120 della Costituzione;

art. 42, comma 1, per violazione degli articoli 3, 77, 117, III comma, 119, Costituzione e il principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Costituzione. Motivi 1) Illegittimita' costituzionale art. 17, comma 1, lettera G, per violazione degli articoli 3, 23, 117, commi 3 e 4, 118, 119, 120 della Costituzione. L'art. 17 (Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia), nell'apportare numerose modifiche al testo unico edilizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001), al comma 1, lettera g), contiene una serie di disposizioni che incidono sul contributo per il rilascio del permesso di costruire. In particolare al n. 3 della lettera g) viene introdotto (nuova lettera d-ter del comma 4 dell'art. 16 del testo unico edilizia) un criterio di valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso. Viene altresi' stabilito che tale maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, venga suddiviso in misura non inferiore al 50% tra il comune e la parte privata ed erogato da quest'ultima, al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzarsi nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilita', edilizia residenziale sociale o opere pubbliche. Con riferimento a tale disciplina di calcolo del maggior valore, il nuovo comma 4-bis dell'art. 16 del testo unico edilizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001) - che viene introdotto dal numero 3-bis) della lettera g) - fa salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali. La salvezza di tali disposizioni viene ribadita dal numero 4) della lettera g) dell'articolo che qui si censura, anche con riferimento all'utilizzo, da parte dei comuni, dei citati criteri nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione. Il suddetto intervento normativo mira, in questi termini, a disciplinare la cd. perequazione inerente all'urbanistica contrattata, ovvero quella forma di perequazione che e' diretta alla riappropriazione di quota parte del valore che l'amministrazione determina con le decisioni in materia urbanistica. Tale quota viene ritenuta vuoi una sorta di prelievo fiscale addizionale diretto al parziale recupero del plusvalore fondiario, vuoi un contributo per il miglioramento delle citta' in corrispettivo dell'attribuzione di una maggiore edificabilita' o di un mutamento di destinazione urbanistica piu' favorevole (un esempio, a livello legislativo, si trova nell'art. 11, comma 5 della legge regionale lombarda n. 12/2005). E' utile ricordare che su questa forma di perequazione e' intervenuta in piu' occasioni la giurisprudenza amministrativa con diverse pronunce, come ad esempio nel caso del piano regolatore di Roma, bocciato dal TAR Lazio e ritenuto legittimo dal Consiglio di Stato (in altri casi, ad es. Cons. di Stato, sez. IV, n. 4833 del 2006, previsioni analoghe, anche se non speculari, sono state ritenute invece illegittime). Nella fattispecie si trattava delle previsioni del PRG che introducevano la possibilita' di attribuire un'edificabilita' aggiuntiva per mezzo di un meccanismo convenzionale che prevedeva la corresponsione di un contributo straordinario a favore del comune. Il Consiglio di Stato ritenne legittimo tale contributo, in quanto derivante da un accordo con il privato ed escludendo quindi il carattere di prestazione patrimoniale imposta in violazione della riserva di legge di cui all'art. 23 della Costituzione. La pronuncia evidenziava, tuttavia «l'opportunita' che lo Stato intervenga a disciplinare in maniera chiara ed esaustiva la perequazione urbanistica, nell'ambito di una legge generale sul governo del territorio la cui adozione appare quanto mai auspicabile alla luce dell'inadeguatezza della normativa pregressa a fronte delle profonde innovazioni conosciute negli ultimi decenni dal diritto amministrativo e da quello urbanistico» (Cons. di Stato, sez. IV, n. 4544/2010). E' questo quindi il contesto normativo e giurisprudenziale in cui si inserisce la disposizione impugnata, che introduce un «contributo straordinario» (che verra' dunque a far parte del contributo per il rilascio del permesso di costruire) parametrato alla valutazione del maggior valore generato dagli interventi in variante urbanistica. La disposizione, introdotta in sede di conversione del decreto-legge n. 133/2014, cosi' come strutturata, risulta, tuttavia, viziata di incostituzionalita' sotto molteplici profili e palesemente irragionevole, non risolvendo in alcun modo l'esigenza prospettata dal Consiglio di Stato. Innanzitutto, infatti, in base alla disposizione impugnata il contributo straordinario viene determinato autoritativamente, senza possibilita' di contrattazione da parte del privato, sia pure con riferimento alle tabelle parametriche regionali (se esistenti, ma la norma, come si e' visto - numero 4 della lettera g) -, attribuisce al comune la facolta' di determinazione autoritativa anche se queste non sono adottate), che in ogni caso lasciano ampi margini di discrezionalita' all'amministrazione. Ma non solo. Una volta determinato il maggior valore, la disposizione nulla dice in ordine alla ripartizione tra il comune e il privato. Essa, infatti, afferma che «tale maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, e' suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata», ma cosi' stabilendo implica che dopo aver individuato il maggior valore, dovra' essere definita una parte di esso non inferiore al 50%, e questa parte dovra' essere suddivisa tra il comune ed il privato, secondo una percentuale di ripartizione che la norma non individua. Con la conseguenza che la stessa norma potra' giustificare sia previsioni perequative che sequestrino pressoche' interamente il plusvalore, sia previsioni che lo lascino pressoche' interamente al privato. Da questo punto di vista e' evidente la violazione dell'art. 23 Cost., dal momento che l'amplissima discrezionalita' amministrativa assegnata alle amministrazioni comunali non trova alcun adeguato contenimento nella base legislativa (cfr. al riguardo corte cost. sent. n. 435/2001). Ma vi e' di piu'. La norma, infatti, da un lato, si configura quale principio fondamentale in materia di urbanistica, ma nel contempo fa salve «le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali». Si tratta quindi di un principio fondamentale con una struttura del tutto irragionevole - poiche' lo scopo dei principi fondamentali dovrebbe essere quello di garantire l'uniformita' su tutto il territorio nazionale - al punto che un principio fondamentale cedevole rappresenta una contraddizione in termini, soprattutto considerando che nel caso di specie la cedevolezza e' disposta anche nei confronti di atti amministrativi, ovvero degli strumenti urbanistici generali comunali. Sotto altro profilo, anche l'affermazione secondo cui il contributo straordinario «attesta l'interesse pubblico» appare irragionevole, perche' sovrappone l'interesse pubblico al pagamento del contributo straordinario allo specifico interesse pubblico urbanistico che deve sostenere la variante o la deroga. In altre parole, l'interesse pubblico deriva ora automaticamente dalla corresponsione del contributo straordinario e non piu' dalla valutazione della variante urbanistica o della deroga: in questi termini, con le perverse conseguenze che si possono facilmente immaginare anche in termini di rischi ambientali paesaggistici e idrogeologici, risultano legittimati interventi edilizi rivolti solo allo scopo dell'interesse fiscale senza piu' adeguata considerazione dell'interesse urbanistico. La nuova norma prosegue poi precisando che il contributo...

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