n. 1 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 ottobre 2017 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Seconda sezione penale composta da: Ugo De Crescienzo, Presidente;

Andrea Pellegrino;

Ignazio Pardo;

Fabio Di Pisa;

Sandra Recchione - estensore. Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: S.C. nato il ... a ... avverso la sentenza del 22 febbraio 2017 della Corte d'appello di Bari;

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Sandra Recchione;

Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore F. Marinelli che ha concluso per l'inammissibilita'. Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Bari confermava la responsabilita' del S. per i reati di cui agli articoli 628, comma 2 codice penale e 75 comma 2 del decreto legislativo n. 159 del 2011. All'imputato era stato contestato il reato previsto dall'art. 75, comma 2 del decreto legislativo 159 del 2011 «perche' nelle stesse circostanze di tempo e di luogo sub. a), pur sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di Bitonto per la durata di mesi 10 e giorni 11 in virtu' del provvedimento del Tribunale di Bari - sezione Misure di prevenzione n. 216/2011 R.G.M.P. (gia' 209/2010 R.G.M.P.) del 14 dicembre 2011, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Bari (verbale di risottoposizione alla medesima misura di prevenzione della Sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno del 10 febbraio 2016), violava le prescrizioni di cui al punto 4 («vivere onestamente, rispettare le leggi dello Stato e non dare ragione alcuna di sospetto in ordine alla propria condotta») quando commetteva il delitto sub. a) [rapina aggravata] indicato in Bari il 1° giugno 2016». Per tale delitto veniva inflitto un aumento di pena, in continuazione con la sanzione relativa al reato di rapina, di anno uno, mesi sei di reclusione ed euro 400 di multa. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'imputato, che deduceva vizio di legge e di motivazione in ordine alla definizione del trattamento sanzionatorio e, segnatamente, in ordine al giudizio di bilanciamento tra le circostanze ed alla individuazione della pena base. Considerato in diritto 1. Il collegio ritiene di sollevare d'ufficio la seguente questione di costituzionalita': se l'art. 75, comma 2 del decreto legislativo n. 159 del 2011, nella parte in cui sanziona penalmente l'obbligo di «vivere onestamente e di rispettare le leggi», sia compatibile con gli articoli 25 e 117 della Carta fondamentale, letto questo secondo articolo in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ed all'art. 2 del Protocollo n. 4 della stessa Convenzione, interpretati alla luce della ratio decidendi espressa dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, Grande camera, De Tommaso c. Italia del 23 febbraio 2017. 2. Per inquadrare il problema di costituzionalita' rilevato, e' necessario richiamare alcune sentenze delle «Alte Corti» (Corte costituzionale, Corte Edu e Cassazione a sezioni unite) che si sono espresse sulla determinatezza e prevedibilita' della legge che le disciplina. 2.1. Segnatamente, si ritengono rilevanti le seguenti decisioni: la sentenza della Corte costituzionale n. 282 del 2010: in tale decisione e' stata vagliata la rispondenza al principio di legalita' della fattispecie prevista dall'art. 9 secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (riprodotta integralmente, con la sola esclusione dell'obbligo di «non dare ragioni di sospetto, nell'art. 75, comma 2 del decreto legislativo n. 159 del 2011 attualmente vigente e contestato al S.). In tale occasione il Giudice delle leggi ha ritenuto non fondata la questione ed ha affermato che «la prescrizione di «vivere onestamente», se valutata in modo isolato, appare di per se' generica e suscettibile di assumere una molteplicita' di significati, quindi non qualificabile come uno specifico obbligo penalmente sanzionato. Tuttavia, se essa e' collocata nel contesto di tutte le altre prescrizioni previste dall'art. 5 della legge n. 1423 del 1956 e successive modificazioni e se si considera che e' elemento di una fattispecie integrante un reato proprio, il quale puo' essere commesso soltanto da un soggetto gia' sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, la prescrizione assume un contenuto piu' preciso, risolvendosi nel dovere imposto a quel soggetto di adeguare la propria condotta ad un sistema di vita conforme al complesso delle suddette prescrizioni, tramite le quali il dettato di «vivere onestamente» si concreta e si individualizza. Quanto alla prescrizione di rispettare le leggi», essa non e' indeterminata ma si riferisce al dovere, imposto al prevenuto, di rispettare tutte le norme a contenuto precettivo, che impongano cioe' di tenere o non tenere una certa condotta;

non soltanto le norme penali, dunque, ma qualsiasi disposizione la cui inosservanza sia ulteriore indice della gia' accertata pericolosita' sociale. Ne' vale addurre che questo e' un obbligo generale, riguardante tutta la collettivita', perche' il carattere generale dell'obbligo, da un lato, non ne rende generico il contenuto e, dall'altro, conferma la sottolineata esigenza di prescriverne il rispetto a persone nei cui confronti e' stato formulato, con le garanzie proprie della giurisdizione, il suddetto giudizio di grave pericolosita' sociale. la sentenza emessa il 23 febbraio 2017 dalla Grande camera della Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso De Tommaso v. Italia: la Corte europea ha valutato la compatibilita' con la Convenzione della legge n. 1423 del 1956 (come si e' detto, in gran parte riprodotta nel decreto legislativo n. 159 del 2011), rilevando un difetto di tassativita' della legge italiana che disciplina le misure di prevenzione personali sia nella descrizione dei presupposti applicativi, che nella indicazione dei contenuti prescrittivi. Quanto ai presupposti applicativi i giudici di Strasburgo hanno affermato che «nonostante il fatto che la Corte costituzionale sia intervenuta in diverse occasioni per chiarire i criteri da utilizzare per valutare se le misure di prevenzione fossero necessarie, l'applicazione di tali misure resta legata a un'analisi prospettica da parte dei tribunali nazionali, dato che ne' la legge ne' la Corte costituzionale hanno individuato chiaramente le «prove fattuali» o le specifiche tipologie di comportamento di cui si deve tener conto al fine di valutare il pericolo che la persona rappresenta per la societa' e che puo' dar luogo a misure di prevenzione» (§ 117). La Corte ha ritenuto pertanto che la legge in questione non contenga «disposizioni sufficientemente dettagliate sui tipi di comportamento che dovevano essere considerati costituire un pericolo per la societa'» (§ 117). Con riferimento ai contenuti prescrittivi (che rilevano nel caso in esame) i giudici di Strasburgo hanno che «l'interpretazione da parte della Corte costituzionale nel 2010 non ha risolto il problema dell'imprevedibilita' delle misure di prevenzione» in quanto ai sensi dell'art. 5 comma 1 della legge in questione, il tribunale poteva applicare «qualsiasi misura ritenesse necessaria - senza specificarne il contenuto - in considerazione delle esigenze di tutelare la societa'» (§ 121). Con riguardo alla tassativita' delle prescrizioni i giudici europei hanno affermato: «la Corte non ritiene che gli obblighi di «vivere onestamente e rispettare le leggi» e di «non dare ragione alcuna ai sospetti» siano stati delimitati in modo sufficiente dall'interpretazione della Corte costituzionale, per i seguenti motivi. In primo luogo, il «dovere dell'interessato di adattare la propria condotta a uno stile di vita che osservi tutti i summenzionati obblighi» e' altrettanto indeterminato dell'«obbligo di vivere onestamente e rispettare le leggi», in quanto la Corte costituzionale rinvia semplicemente all'art. 5 stesso. Secondo la Corte tale interpretazione non fornisce indicazioni sufficienti per le persone interessate. In secondo luogo il «dovere della persona interessata di rispettare tutte le regole prescrittive che le chiedono di comportarsi, o di non comportarsi, in un particolare modo;

non solo le leggi penali, quindi, ma le disposizioni la cui inosservanza sarebbe un ulteriore indizio del pericolo per la societa' che e' gia' stato accertato» e' un riferimento a tempo indeterminato per l'intero ordinamento giuridico italiano, e non fornisce ulteriori chiarimenti sulle specifiche norme la cui inosservanza rappresenterebbe un ulteriore indizio del pericolo rappresentato dalla persona per la societa'. La Corte ritiene pertanto che questa parte della legge non sia stata formulata in modo sufficientemente dettagliato e non definisca con sufficiente chiarezza il contenuto delle misure di prevenzione che potrebbero essere applicate a una persona, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale» (§ 122). la sentenza pronunciata 27 aprile 2017 dalle Sezioni unite della Cassazione, nel caso Paterno': la Corte, nella sua composizione piu' autorevole, e' stata chiamata a valutare se la norma incriminatrice di cui all'art. 75, comma 2 del decreto legislativo n. 159 del 2011, che punisce la condotta di chi violi gli obblighi e le prescrizioni imposti con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo cit., abbia ad oggetto anche la violazione delle prescrizioni di' «vivere onestamente» e «rispettare le leggi». A tale quesito la Corte ha risposto affermando che l'inosservanza di tali prescrizioni da parte del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, non configura il reato previsto dall'art. 75, comma secondo, decreto legislativo n. 159 del 2011, il cui contenuto precettivo e' integrato esclusivamente dalle...

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