Motivazione Carente Del Provvedimento Cautelare E Poteri Del Tribunale Della Libertà Nella Riforma Del 2015

AutoreGaia Citterio
Pagine449-453
449
Arch. nuova proc. pen. 5/2016
Dottrina
MOTIVAZIONE CARENTE DEL
PROVVEDIMENTO CAUTELARE
E POTERI DEL TRIBUNALE
DELLA LIBERTÀ
NELLA RIFORMA DEL 2015 (*)
di Gaia Citterio
SOMMARIO
1. Una riforma necessaria. 2. . …realizzata a metà. 3. L’occa-
sione mancata dal legislatore.
1. Una riforma necessaria
Tra le novità introdotte dalla legge 16 aprile 2015, n. 47
(1) in tema di impugnazioni cautelari, desta particolare
interesse la nuova formulazione dell’art. 309 c.p.p.
Il legislatore ha modif‌icato i poteri decisori attribuiti al
tribunale della libertà, che ora, secondo quanto esplicita-
mente disposto, dovrà annullare il titolo cautelare «se la
motivazione manca o non contiene l’autonoma valutazio-
ne, a norma dell’art. 292 delle esigenze cautelari, degli in-
dizi e degli elementi forniti dalla difesa» (2). L’intento più
evidente è quello di rafforzare l’obbligo di motivazione (3)
al f‌ine di evitare l’appiattimento dell’apparato motivazio-
nale sulle richieste del P.M., richiedendosi al giudice della
cautela un particolare sforzo argomentativo, in ossequio
all’art. 292 c.p.p. (pure rivisto dalla riforma del 2015) (4).
Invero, l’art 309 c.p.p. sembrava già suff‌icientemente
chiaro nell’esigere la dichiarazione di invalidità del titolo
cautelare emesso con un carente apparato giustif‌icativo;
il comma 9 dispone infatti che il tribunale del riesame
«se non deve dichiarare l’inammissibilità della richiesta,
annulla, riforma o conferma l’ordinanza oggetto del rie-
same decidendo anche sulla base degli elementi addotti
dalle parti in udienza». Eppure, anche a fronte di una
simile esplicitazione, nella prassi si è assistito ad un pa-
lese «deterioramento della funzione di controllo critico
del riesame» (5) deputato a svolgere, piuttosto, un ruolo
di supplenza nei confronti del giudice della cautela, eve-
nienza che si verif‌ica ogniqualvolta il collegio de libertate
integra, con la propria, la motivazione del provvedimento
impugnato che risulta carente di uno degli elementi pre-
scritti a pena di nullità dall’art. 292 c.p.p.
Le ragioni dell’indebolimento di tale funzione di con-
trollo, sono da rinvenirsi principalmente nell’interpreta-
zione, affermatasi come maggioritaria in giurisprudenza
ed in dottrina, secondo cui il riesame sarebbe assimilabile
ad un gravame (6). Applicando il principio dell’insepara-
bilità tra giudizio rescindente e rescissorio, la giurispru-
denza di legittimità ha avvallato il potere del collegio di
integrare la motivazione cautelare carente. Del resto, la
tesi trova il suo fondamento in un argomento caratterizza-
to, almeno in apparenza, da un’indubbia forza persuasiva:
da una parte l’enunciazione solo facoltativa degli specif‌i-
ci motivi di doglianza e la conseguente piena cognizione
del tribunale della libertà, dall’altra l’esplicita previsione
del potere di conferma dell’ordinanza cautelare a norma
dell’art. 309 comma 9 c.p.p. «anche per ragioni diverse
da quelle indicate nel provvedimento cautelare». Di qui
si è tratta la convinzione che la motivazione del provve-
dimento coercitivo potrebbe addirittura non sussistere,
ben potendo il giudice del riesame confermare l’ordinan-
za cautelare anche per ragioni diverse, ed in ipotesi, del
tutto assenti nel provvedimento impugnato (7): in questa
prospettiva il provvedimento coercitivo e la decisione del
tribunale integrano gli estremi di una fattispecie comples-
sa (eventualmente) progressiva (8) nel cui ambito l’or-
dinanza cautelare, pur essendo immediatamente eff‌icace,
necessita della decisione del riesame per perfezionarsi.
Eppure, non sono mancate pronunce di segno opposto,
in qualche modo “sollecitate” dalla stessa Corte Costitu-
zionale (9); circoscrivendo progressivamente l’ambito
d’intervento del potere di integrazione del tribunale del
riesame, la giurisprudenza di legittimità ha imposto l’an-
nullamento del titolo cautelare per mancanza di motiva-
zione, ipotesi quest’ultima, integrata in caso di totale ca-
renza graf‌ica e di motivazione meramente apparente (10).
In prospettiva del tutto analoga è stato poi precisato che
per motivazione mancante deve intendersi anche il caso
in cui il giudice, nel recepire interamente il contenuto di
altro atto, si limiti all’utilizzo di mere clausole di stile, sen-
za esplicitare le ragioni per cui ritiene condivisibile l’atto
richiamato rispetto alla propria decisione (11).
Al contrario, si è rivelato più arduo determinare i con-
f‌ini del potere di annullamento nelle ipotesi di motivazio-
ne non già mancante, ma lacunosa, in quanto carente di
uno degli elementi prescritti a pena di nullità dall’art. 292
c.p.p. In questo senso, il Supremo Collegio non ha ritenuto
assolto l’obbligo motivazionale, in ordine alla sussisten-
za dei gravi indizi di colpevolezza, nel caso di apparato

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