Incidente stradale mortale: Danni parentali chiesti per la morte del terzo trasportato. la corte cassa con rinvio la decisione riduttiva della corte di appello di roma. Il parere del medico legale

AutoreAngelo fiori
CaricaProfessore, direttore dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università Cattolica di Roma.
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La sentenza in oggetto, estesa da un giurista che sin dagli anni 90 si era battuto contro l’interpretazione restrittiva e tradizionale del danno tanatologico (vedi in particolare il capitolo XI parte terza de “Il risarcimento del danno biologico”, Utet ed. 1997, pag. 264 e ss.), esprime finalmente con grande chiarezza il raccordo tra etica, bioetica, diritto alla vita e tutela adeguata, senza lacune.

Poiché mi lega al giurista una lunga amicizia, conosco le ragioni di un decennale silenzio, e non comprendo il silenzio della dottrina giuridica, verso un autorevole autore, che argomenta e non ripete l’ipse dixit (riferito alla nomofilachia di indirizzo pitagorico). Che la vita sia il bene esistenziale per eccellenza, lo avevano capito anche le Sezioni Unite nella celebre sentenza n. 500 del 1999, dove si discettava dei beni della vita, tutelabili anche contro i provvedimenti della pubblica amministrazione, mancava tuttavia in quella prestigiosa sentenza (redatta dal Cons. Preden che ora presiede la III sez. civile della Cassazione) la necessaria reductio ad unum, al bene primo (la vita) senza il quale tutti gli altri beni, economici e spirituali e culturali e sociali, si perdono.

Reductio che seguita a mancare anche nelle sentenze gemelle novembrine del 2008, scritte sempre da Preden, ma sotto un controllo superiore, malgrado la elaborazione e la pubblicazione siano successive alla ratifica italiana della Carta di Nizza, dove appunto il bene della vita ha una sua autonomia ontologica ed è ricondotto sotto il valore universale ed europeo della dignità umana. Nozione giuridica ed etica nello stesso tempo, profondamente incardinata nei valori della humanitas cristiana1.

Questa sentenza pone fine ad una lacuna culturale della Corte, con una chiara presa di posizione, condivisa collegialmente dalla III sezione, e dalla medicina legale italiana sin dai tempi della scuola universitaria romana e dell’insegnamento magistrale del Prof. Garin. Anche l’esistenzialismo di Cendon e gli studi sulla bioetica, da un punto di vista scientifico e interdisciplinare evidenziavano la miopia di una giurisprudenza che non comprendeva l’evoluzione della scienza e dell’esperienza, dove la vita umana ha un valore limitato e si tende, con un cinismo coperto da pietosa ipocrisia, ad eliminare il danno maggiore ponendo una lapide sopra il caro estinto (e comparando la perdita al costo della lapide)2.

Sappiamo ora, che anche la Cassazione sta prendendo...

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