Le Modalità di Proposizione Dell'Appello nei Giudizi di Opposizione a Sanzione Amministrativa, Prima e Dopo il d.l.VO N. 150/2011

AutoreGiampaolo De Piazzi
CaricaAvvocato Vicario dell'Avvocatura civica del Comune di Treviso
Pagine677-682
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Dottrina
Arch. giur. circ. e sin. strad. 9/2015
LE MODALITÀ DI PROPOSIZIONE
DELL’APPELLO NEI GIUDIZI
DI OPPOSIZIONE A SANZIONE
AMMINISTRATIVA, PRIMA
E DOPO IL D.L.VO N. 150/2011
di Giampaolo De Piazzi (*)
SOMMARIO
1. Premessa ed inquadramento generale. 2. La prima fase e
l’affermazione del primato del rito ordinario. 3. L’introduzio-
ne del D.L.vo n. 150/2011. Il capovolgimento della situazione
ed i chiarimenti delle Sezioni unite.
1. Premessa ed inquadramento generale
Occorre preliminarmente chiarire che il presente la-
voro si occupa in modo particolare del grado di appello
dei giudizi aventi ad oggetto l’impugnazione dei verbali di
contestazione delle violazioni a disposizioni contenute nel
Originariamente, secondo l’impianto normativo dise-
gnato nell’art. 23 L. n. 689/1981, il giudizio di opposizione
avverso i provvedimenti irrogativi di sanzioni amministra-
tive non prevedeva, per la parte rimasta soccombente,
la possibilità di presentare appello avverso la sentenza
emessa (originariamente dal pretore e, poi, dal giudice di
pace) a conclusione del giudizio. L’unico rimedio concesso
dal legislatore per insorgere avverso detta sentenza era
la proposizione di un ricorso avanti la Corte Suprema di
Cassazione.
Disponeva, infatti, l’art. 23, ultimo comma, L. n.
689/1981 (nel testo vigente “ratione temporis”), che la
sentenza che conclude il giudizio di opposizione a san-
zione amministrativa «è inappellabile ma è ricorribile per
cassazione».
La disposizione risultava coerente con i princìpi genera-
li dettati dal legislatore in materia processuale, atteso che
l’art. 339, primo comma, c.p.c., se da un lato pref‌igura l’ap-
pello come il normale strumento di gravame nei confronti
delle sentenze di primo grado, dall’altro espressamente lo
dichiara non esperibile qualora risulti escluso dalla legge.
La limitazione dell’impugnazione alla proposizione del
ricorso avanti la Corte di Cassazione sembrava però co-
stituire una limitazione di tutela nei confronti della par-
te rimasta soccombente all’esito del giudizio “de quo” (a
prescindere che tale fosse il ricorrente, ovvero l’autorità
opposta). Ed infatti, la struttura del giudizio avanti la Cor-
te Suprema, limitata al mero scrutinio di legittimità, sot-
traeva la possibilità di sottoporre la decisione censurata
ad una seconda valutazione di merito.
Posto che, per la giurisprudenza, il giudizio di opposi-
zione avverso un provvedimento irrogativo di una sanzione
amministrativa pecuniaria conf‌igura un ordinario proces-
so civile di cognizione (1) (sebbene sottoposto, per taluni
aspetti, alle disposizioni di una legge speciale, dettate al
f‌ine di assicurare uno svolgimento particolarmente celere
ed informale del giudizio), e precisamente un giudizio di
accertamento della pretesa sanzionatoria avanzata dalla
P.A. (2), avente ad oggetto il diritto del cittadino a non
essere assoggettato ad una pretesa patrimoniale da par-
te della P.A., al di fuori dei casi pref‌igurati dal legislatore
(commissione di un illecito amministrativo), la limitazio-
ne ad un solo scrutinio di merito sembrava priva di una
ragionevole giustif‌icazione, e ciò tanto più se si pensa che
anche per giudizi strutturati su procedimenti più snelli
rispetto allo schema previsto per quello ordinario di co-
gnizione, risultava comunque previsto il doppio grado di
merito (basti pensare, ad es., al processo del lavoro).
La disposizione in esame non si presentava però con-
traria ai princìpi costituzionali relativi all’esercizio del
diritto di difesa, considerato che, come già affermato dalla
giurisprudenza per differente materia (il giudizio di oppo-
sizione alla stima dell’indennità di espropriazione, devo-
luto alla cognizione della corte d’appello in unico grado),
il principio del doppio grado del giudizio di merito non
costituisce un valore costituzionale, di modo che l’artico-
lazione della fase del merito poteva ritenersi rientrante
nella discrezionalità del legislatore.
Ed è proprio nell’esercizio di tale discrezionale potestà,
che il legislatore decideva di intervenire “in subiecta ma-
teria” e, con l’art. 26, comma 1, lett. b), della L. n. 40/2006,
disponeva l’abrogazione dell’ultimo comma dell’art. 23
della L. n. 689/1981. In tal modo, espungendo dal testo
normativo la disposizione che dichiarava inappellabi-
le la sentenza resa all’esito del giudizio di opposizione a
sanzione amministrativa, il legislatore rendeva applica-
bile anche per tale giudizio il principio generale scolpito
nell’art. 323 c.p.c., che dichiara l’appello un mezzo di im-
pugnazione delle sentenze.
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