Note in tema di millesimi condominiali e ripartizione spese

AutoreLeonardo Gemma Brenzoni
Pagine119-122

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Le norme sulla determinazione del valore degli enti del condominio e quelle sulla ripartizione delle spese fra i suoi partecipanti rivelano indubbie carenze.

Le disposizioni del c.c. riprendono in buona parte quelle del c.c. del 1865 (artt. 562-564), come la stessa relazione ministeriale al Libro III del c.c. riconosce; al cap. XXXII il relatore chiarisce di aver fuso nell'art. 1123 (in origine art. 312 Libro della proprietà) due norme del R.D.L. 15 gennaio 1934 n. 56 cioè gli artt. 13 e 14 1.

In questa fase di revisione, delle norme sul condominio, è opportuno a mio avviso affrontare alcuni dei principi informatori di questa materia, anche in considerazione di prassi non sempre confortata da principi di razionalità.

Valore delle quote. - Per quanto concerne i diritti «sulle parti comuni» dei partecipanti al condominio, il legislatore (art. 1118) accoglie, in mancanza di diversa disposizione del titolo di acquisto (o di costituzione del condominio), il principio che essi siano proporzionali al «valore» del piano o della porzione di piano di appartenenza. In pratica il «valore» attribuito a ciascun ente in proporzione agli altri.

La norma non ha carattere imperativo, ma sussidiario ove manchi diversa previsione nel titolo (di acquisto) o nel contratto tra le parti cioè nel regolamento di condominio.

Tale principio viene adottato sia per la formazione dei quorum assembleari (artt. 1136-1138, comma 3) e quindi per la determinazione della volontà del condominio, ma spesso per la ripartizione di varie spese.

Il richiamo al valore delle singole proprietà fa sorgere anzitutto spontanea la domanda se non sia auspicabile e, comunque possibile che la legge fornisca i criteri atti a stabilire il «valore», non tanto dei singoli «piani» ma quello che più conta della «proprietà di ciascuno». Meglio ancora sarebbe che si stabilisse un criterio atto a determinare i diritti e conseguentemente gli oneri, o alcuni degli oneri, che gravano su ciascun ente condominiale.

Mentre l'art. 1118 stabilisce che il diritto di ciascun condomino è «proporzionato al valore» del piano o porzione di piano che gli appartiene, l'art. 68 disp. att. c.c., in modo leggermente diverso e, forse, più preciso, parla di «valore proporzionale». Ma si ritorna inevitabilmente alle modalità di valutazione sulle quali la legge 2 non si esprime se non con l'aggettivo «proporzionale». In sostanza si potrebbe affermare che, per la legge, essenziale è che il valore del piano o porzione siano proporzionali al tutto, cioè all'intero edificio, il che però non è sufficiente a stabilire il criterio con il quale viene stabilito il valore del tutto e dei singoli piani od enti 3.

Ulteriori osservazioni sul concetto di valore. - Vien fatto di notare, in proposito, che il criterio, (puramente) commerciale usato per la valutazione economica nell'acquisto di immobili sia andato mutando col passare degli anni e col mutare delle esigenze.

Sempre più estranea alla costituzione del condominio e alla costruzione dell'edificio condominiale, è divenuta la partecipazione dei condomini, i quali oggidì si trovano, di solito, di fronte ad un edificio costruito, o in fase avanzata di costruzione, con un regolamento di condominio bell'è fatto e che quindi non può essere oggetto di contrattazione4.

Non è inverosimile sospettare che il «valore» attribuito alla singola quota all'atto della compilazione delle tabelle sia, quanto meno, influenzato dal prezzo che il venditore o costruttore si è proposto di ricavare. Prezzo che è indipendente, comunque, dal costo industriale dell'edificio e dagli oneri aggiuntivi e, soprattutto dal costo, dei singoli enti condominiali.

Al prospetto, alla vista (veduta), alla ariosità e via dicendo viene data una ben maggiore importanza di quanto avvenisse 70 anni addietro, importanza enfatizzata da costruttori e accettata da acquirenti non committenti. Si veda l'altezza del piano, da terra, che oltre un certo limite penalizzava l'appetibilità dei piani alti, mentre attualmente, con la diffusione, in alcuni regolamenti comunali obbligatoria, dell'ascensore, diventa un pregio.

Al valore commerciale pertanto, che non può prescindere né dalla suddivisione interna né dalle caratteristiche ambientali o dalle finiture e attrezzature, il c.c. non ha fatto riferimento per la determinazione di quel «valore proporzionale» di cui all'art. 68 disp. di att.; si è ben astenuto comunque dall'affermarlo in modo esplicito ma il problema rimane concettualmente insoluto.

Del resto lo stesso art. 68 delle disposizioni di attuazione al c.c. prevedendo che non si debba tener conto del canone locatizio dei miglioramenti e dello stato di manutenzione è indicativo, quanto meno, dell'intenzione del legislatore, di non consentire nella determinazione del valore l'ingresso di elementi sia di carattere economico quali il valore locativo sia fisico, in positivo (miglioramenti, rifiniture, disposizione dei vani ecc.) o in negativo (stato di manutenzione o altro).

Resta da chiedersi se questa elencazione sia tassativa o semplicemente indicativa. E in questo secondo caso quale sia il peso di elementi obiettivi o fisici e quale sia quello relativo alla maggior appetibilità.

Abbiamo visto (nota 1) che, per quanto concerne l'edilizia convenzionata, la P.A. si è curata di dettare dei criteri per l'attribuzione del valore ai componenti di ciascun ente. Non sembra comunque in via generale che vi sia stata una convincente e approfondita analisi sul criterio di formazione di tale «valore» che la circolare ministeriale sembra dare per scontato.

Si veda ad esempio il valore in essa attribuito, nel computo dei millesimi, alle terrazze (a livello) annesse ad enti condominiali che nella previsione della tabella (citata a nota 1) è pari al 0,22 rispetto a quello pari 1,00Page 120 attribuito alle «camere», o a quello dei balconi coperti (computati allo 0,30) e quelli scoperti [0,25] addirittura maggiore del valore attribuito alle terrazze. Nelle vendite, le terrazze, che nella formazione dei millesimi di proprietà vengono poi incluse nella c.d. superficie virtuale dell'appartamento, vengono in effetti calcolate anche al 30-33% del valore base unitario al mq, valutazione che non ha certo rispondenza col costo di costruzione, essendo frutto di una tendenza di mercato o di capacità contrattuale, per cui tutte le nuove abitazioni vengono «arricchite» della maggior quantità possibile, quanto meno, di poggioli. Il costo di costruzione di una terrazza, che normalmente funge anche da tetto, non sembra, anche a chi sia inesperto in materia, possa giungere al 30% del costo di un locale o che un semplice poggiolo sia valutato al 20%, tenendo presente che il costo al mq. della superficie comprende anche quello maggiormente elevato dei locali adibiti a servizi, ed è comprensivo del costo degli impianti sempre più tecnicamente avanzati: la casa che un tempo, anche non lontano, era fatta di pietre, mattoni e legname si è trasformata in una apparecchiatura tecnologica.

Ma è forse questo il concetto di «valore» inteso dal legislatore del 1865 e del 1942?

Si può ritenere che nel 1865 il concetto di valore fosse diverso da quello di un moderno edificio condominiale, soprattutto diverso il concetto di proprietà divisa di una casa rispetto ad una casa costruita per essere divisa, cioè per diventare condominio 5.

Quel codice si richiama come è noto al Code Napoleon 6.

Indennizzo nell'ipotesi di perimento totale. - Il riferimento al costo di ricostruzione non sembra affatto estraneo ad una analisi sul concetto di «valore»: affermano i tecnici che una casa dovrebbe essere costruita per la durata della vita umana poiché i materiali e le tecniche impiegate garantiscono una simile durata. Le stesse strutture in cemento armato non hanno ancora subito i collaudi cui il tempo ha sottoposto molti dei monumenti lapidei tramandati dall'antichità.

L'esperienza del mondo più progredito o ricco cifornisce la visione di interi caseggiati demoliti con l'uso di esplosivi per essere costruiti ex novo.

Quindi l'ipotesi della ricostruzione totale o quella speculare della attribuzione del risarcimento, e del ricavo dalla alienazione del suolo in caso di crollo, non può essere ignorata.

Si osserva solo che il contratto assicurativo per eventi dannosi all'edificio, se stipulato dal condominio, dovrebbe o potrebbe limitarsi al costo di ricostruzione delle sole parti comuni o, comunque, calcolare a parte il detto costo (ex art. 1128, comma 2 ), in quanto sia il condominio, per le parti comuni, sia i singoli condomini non potranno usufruire se non dell'indennizzo riferito al costo di ricostruzione, senza riferimento al valore proporzionale quale attribuito a sensi degli articoli 1118 e 68 disp. att. 7.

Il costo di ricostruzione rappresenta nel rapporto assicurativo un elemento abbastanza certo, ancorché determinabile a mezzo di stima, circa il valore del condominio comprensivo dei singoli enti e delle parti comuni 8.

In definitiva in base al c.c. e alla prassi, comunemente adottata nella formazione delle tabelle di proprietà, adeguandosi alle previsioni della circolare ministeriale del 1966, chi è proprietario di un ente dalle...

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