La disciplina delle modifiche delle tabelle millesimali contrattuali e assembleari

AutoreGrassi Graziella
Pagine25-27
25
dott
Arch. loc. e cond. 1/2012
DOTTRINA
LA DISCIPLINA DELLE
MODIFICHE DELLE TABELLE
MILLESIMALI CONTRATTUALI E
ASSEMBLEARI (*)
di Graziella Grassi
L’art. 68 disp. att. c.c., il quale - unitamente all’articolo
1118 c.c. - disciplina la materia, conf‌igura due tipologie
di tabelle millesimali: la tabella di proprietà (che rappre-
senta i valori proporzionali delle proprietà - appunto - e
serve per la gestione della cosa comune e per suddividere
la maggior parte delle spese, cosiddetta “tabella A”) e la
tabella di gestione delle parti comuni, la quale può avere
funzioni specif‌icamente svariate (ad esempio: la tabella B
riferita alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle
scale ed ascensori o la tabella C relativa alla ripartizione
delle spese per il riscaldamento centrale). Tali tabelle
possono essere contenute nel regolamento condominiale
(di solito predisposte dal costruttore o dall’unico origina-
rio proprietario dell’intero fabbricato che le riporta nel
regolamento di condominio allegato ai singoli rogiti di
compravendita: in questo caso si parla di tabelle aventi
natura convenzionale o contrattuale, così come nel caso
in cui le tabelle millesimali abbiano formato oggetto di ac-
cordo da parte di tutti i condòmini) oppure possono essere
approvate con deliberazione dell’assemblea condominiale
che, per essere valida, deve raggiungere la maggioranza
degli intervenuti e la metà del valore dell’edif‌icio ai sensi
dell’art. 1136, 2° comma, c.c.) e deve disporre criteri di
ripartizione conformi a quelli legali.
Può però accadere che si ravvisi divergenza tra i va-
lori reali e quelli indicati da dette tabelle. In tali ipotesi,
secondo quanto stabilisce l’art. 69, n 1, disp. att. c.c., ogni
condomino può agire per correggere o adeguare il valore
delle quote risultante dalle tabelle millesimali. In merito
l’art. 69 disp. att. c.c. distingue tra “modif‌ica” e “revisione”
delle tabelle, intendendo con il termine “revisione” la cor-
rezione di errori e con il termine “modif‌ica” l’intervento
in adeguamento, essendo mutate le condizioni di una
parte dell’edif‌icio in conseguenza di sopraelevazione di
nuovi piani, espropriazione parziale o innovazioni di vasta
portata.
Ai f‌ini della revisione delle tabelle, ponendoci nel solco
della giurisprudenza maggioritaria, occorre un’obiettiva
divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immo-
biliari ed il valore proporzionale alle stesse attribuito nelle
tabelle de quibus.
In punto, costituiscono errori essenziali, che possono
pertanto dar luogo alla revisione delle tabelle millesimali,
gli errori che attengono alla determinazione degli elemen-
ti necessari per il calcolo del valore dei singoli apparta-
menti, siano essi errori di fatto o di diritto; non invece
quelli determinati soltanto da criteri più o meno soggettivi
(cosi, ed esempio, Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 1994, n.
1367 e Cass. civ., sez. II, 11 gennaio 1982, n. 116). Nel caso
in cui, invece, le caratteristiche dell’immobile rimangano
immutate e cambi solo la situazione esterna senza che ciò
comporti una diversa valorizzazione dell’immobile, non
sussistono né gli estremi dell’errore, né delle mutate con-
dizioni dell’edif‌icio per disporre la revisione delle tabelle
millesimali (cfr. Trib. Parma 14 gennaio 1998).
È stato, poi, statuito che un’intervenuta sopraeleva-
zione non implica necessariamente la modif‌ica delle ta-
belle millesimali, le quali - ex art. 69 cit. - possono essere
rivedute e modif‌icate solo se è notevolmente alterato il
rapporto originario dei valori dei singoli piani o porzioni di
piano (sul punto, cfr. Cass. civ., sez. II, 13 settembre 1991,
n. 9579). Pertanto non vi è assoluta incompatibilità tra
la sopraelevazione, o comunque la creazione di un nuovo
piano, ed il mantenimento degli originari valori proporzio-
nali, potendo tali rapporti rimanere invariati allorché la
loro modif‌ica sia ritenuta di entità non notevole. Da ciò
ne consegue la necessità di verif‌icare, nella singola fatti-
specie, se gli interventi realizzati siano tali da comportare
la modif‌ica di detti valori.
Tanto premesso, occorre entrare nel vivo della vexata
questio relativa alla maggioranza necessaria per l’approva-
zione e la modif‌ica di dette tabelle millesimali, fattispecie
fortemente dibattuta in passato in dottrina e giurispru-
denza: la migliore giurisprudenza sosteneva, infatti, che le
tabelle dovessero essere approvate con il consenso di tutti
i condòmini, essendo frutto di un negozio di accertamento;
alcune sentenze, senza dare particolare contezza della loro
posizione, affermavano invece che per l’approvazione - e
dunque anche per la revisione e la modif‌ica - delle tabelle
millesimali fosse suff‌iciente il consenso espresso con le
maggioranze previste per l’approvazione del regolamento:
in sostanza con il voto favorevole della maggioranza dei
condòmini intervenuti all’assemblea ed un numero di
millesimi non inferiore a 500 (art. 1136, secondo comma
c.c.) purché le tabelle così approvate fossero comunque
conformi ai criteri legali di ripartizione delle spese (artt.
1123, 1124 e 1126 c.c.).
Finalmente in materia sono intervenute le Sezioni Uni-
te della Suprema Corte la sentenza 18477/10, afferman-
do che le tabelle millesimali conformi ai criteri legali di
ripartizione delle spese possono essere approvate con le
maggioranze di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c., e
cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza
degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edif‌i-
cio.
Le tabelle - sostengono gli ermellini - non creano nulla
di nuovo, ma più semplicemente “fotografano” un dato già
esistente per legge, che aspetta semplicemente d’essere
reso intellegibile. In tale ottica - affermano i giudici della
Suprema Corte -: “ l’approvazione del risultato di un’ope-

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