Micro-permanenti e danno morale

AutoreGiacomo Gussoni
CaricaAvvocato, foro di Busto Arsizio
Pagine583-587

Page 583

Le sentenze della Cass. civ. a Sez. un. dell’11 novembre 2008 n. 26972, 26973, 269974 e 26975, da alcuni commentatori criticatissime e da altri valutate come portatrici di una improcrastinabile razionalizzazione interpretativa dell’art. 2059 c.c.1, contengono al punto 4.8 indicazioni pratiche chiarissime per gli operatori: a) la figura del danno morale soggettivo come sofferenza psichica deve essere accantonata definitivamente non potendo costituire voce autonoma di danno; b) la sofferenza psichica è componente del danno biologico come danno non patrimoniale e determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale come sopra inteso, sovente liquidato in percentuale del primo. Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il Giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

L’indicazione sub a) si basa sulla constatazione che l’art. 2059 c.c. non contempla la figura del danno morale soggettivo ma quella del danno non patrimoniale ed è stata anticipata in dottrina da ROSSETTI, con un’analisi accurata della evoluzione della giurisprudenza dagli inizi del secolo ad oggi in uno studio da ritenere fondamentale.

In questo studio, nel quale è stato ben evidenziato come l’attribuzione al concetto di “danno non patrimoniale” espresso dall’art. 2059 c.c. del più ristretto significato di “danno morale soggettivo” sia stata frutto di un artificio, volto a limitare l’efficacia della norma, per sottrarre ad essa una serie di danni non patrimoniali che altrimenti (nella prospettiva interpretativa anteriore alle sentenze gemelle) sarebbero rimasti senza riparazione.

È palese che, attualmente, non vi è più bisogno di questo artificio e che ricorrere ancora ad esso costituisce un vero e proprio errore2.

Una anticipazione dell’indicazione sub b) è stata data in questa rivista da chi scrive nel lontano 1987, nello studio “Il danno biologico e alla salute come danno conseguenza”3. In quello studio era dato di leggere: “... Il danno alla salute o danno biologico... non si realizza per il semplice fatto della menomazione ma in quanto e nella misura in cui concretamente e negativamente incide nella sfera extralavorativa, in ogni suo aspetto, del singolo e concreto soggetto leso” quindi anche per quanto riguarda la sofferenza psichica.

Chi scrive ha più recentemente auspicato che la Cass. civ. a sez. un. giungesse a fornire l’indicazione sub b), in un commento all’ordinanza di rimessione della sez. III della Cass. civ. 25 febbraio 2008, n. 4712: l’auspicio è stato accolto4.

Sempre chi scrive, nel commentare le citate sentenze della Cass. civ. a sez. un.5, ha osservato che l’assorbimento del c.d. danno morale nel danno biologico imporrà agli operatori e ai Giudici il problema della personalizzazione della liquidazione. Questo problema si porrà subito in relazione alle micro-permanenti fino al 9%, posto lo sbarramento normativo del 20% in più rispetto alle tabelle di cui all’art. 139 del Codice delle Assicurazioni (per le macropermenenti il problema è rinviato, non esistendo ancora la tabella unica prevista dall’art. 138 del Codice delle Assicurazioni).

ROSSETTI ha ritenuto il detto sbarramento in linea di principio non in contrasto con il quadro costituzionale, ha richiamato in proposito la sentenza della Corte Cost. 2 novembre 2006 n. 369 ed ha precisato in questi termini il suo pensiero: “... il pregiudizio un tempo definito danno morale oggi può costituire al più un fattore di personalizzazione della liquidazione del danno biologico. Ma poiché tale personalizzazione è, in materia di sinistri stradali, limitata al 20%, il Giudice non avrà più la possibilità di liquidare danno biologico e danno morale ma solo quella di liquidare il danno biologico con una personalizzazione massima del 20%”6.

Naturalmente, la personalizzazione sarà possibile solo sulla base di prove convincenti, essendo palese che in caso di micro-permanenti una sofferenza psichica è in linea generale difficilmente apprezzabile (se non inesistente, si pensi a postumi dell’1%, tenuto conto della ben nota larghezza con cui i C.T.U. giungono a formulare una simile percentuale).

PETTI ha scritto in questa Rivista che la definizione del danno biologico contenuta al punto 4.8 delle sentenze della Cass. civ. sez. un, definizione comprensiva del c.d. danno morale, vincolerà le future pronunce sia della Cass. civ. che dei Giudici di merito7.

Di diverso parere è BONA, che giunge specificamente ad affermare che la soluzione delle SezioniPage 584 Unite, se interpretata nel senso dell’assorbimento del danno morale in quello biologico, “è palesemente contraria al diritto”8.

Non si vede peraltro come la soluzione predetta (a parte l’errore costituito dall’utilizzo ad oltranza del concetto di danno morale soggettivo) possa interpretarsi in altro modo e non si vede come possa ritenersi in contrasto con il diritto (con l’art. 2059 c.c.?) il ritenere il danno biologico, che è dannoconseguenza, comprensivo della sofferenza psichica. È questo, infatti, un approdo inevitabile, finalmente raggiunto dalla giurisprudenza con l’abbandono di una figura fittizia, che non ha più avuto ragione di sopravvivere già dopo le sentenze della Cass. civ. 31 maggio 2003 n. 8827-8828. Si tratta di un approdo: a) in armonia con una valutazione scientificamente corretta dell’impatto complessivo che una lesione determina sulla persona, impatto che è insieme fisico e psichico9; b) in sintonia con la definizione di danno che si legge negli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni (“... per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità fisico-psichica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato ...”. La sofferenza psichica non è forse un aspetto rilevante dinamico-relazionale?

Il tema merita qualche approfondimento.

Occorre a mio avviso prendere le mosse da un punto fermo: il danno biologico è un danno-conseguenza, non si identifica con la lesione in sé (quello che ancora oggi si definisce erroneamente “danno statico”).

L’ho affermato e l’ho motivato in questa rivista nel lontano 198710 e la giurisprudenza è ormai concorde a questo riguardo. Ho il piacere...

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