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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine171-202

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@CORTE DI APPELLO CIVILE DI ROMA Sez. IV, 21 ottobre 2009, n. 4137. Pres. Azara – Est. Lallo – Ric. s.p. ed altri c. Fallimento Soc. T. ed altri

Responsabilità civile - Rovina di edificio - Natura oggettiva - Prova liberatoria - Affidamento di lavori in appalto - Configurabilità - Esclusione - Locazione dell’immobile a terzi - Irrilevanza

La responsabilità posta dall’art. 2053 c.c. a carico del proprietario per i danni cagionati dalla rovina di un edificio ha natura oggettiva, per colpa presunta, che può essere vinta solo dalla prova - gravante sullo stesso proprietario - che l’evento non è da attribuire a vizio di costruzione o difetto di manutenzione e cioè dalla ricorrenza del caso fortuito, della forza maggiore ovvero di altri fatti, posti in essere da un terzo o dallo stesso danneggiato, aventi un’efficienza causale del tutto autonoma rispetto alla condotta del proprietario medesimo. Con la conseguenza che tali fatti non sono ravvisabili nell’attività svolta sull’immobile da altro soggetto per incarico di quest’ultimo, come nel caso di lavori in appalto; né tale responsabilità viene meno nell’ipotesi in cui l’immobile sia locato ad altri, conservando il proprietario la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia delle strutture murarie e degli impianti. (C.c., art. 1655; c.c., art. 2053) (1)

    (1) Vedi Cass. 17 ottobre 2006, n. 22226, in Ius&Lex dvd n. 1/10, ed. La Tribuna. e Cass. 25 agosto 1984, n. 4697, ibidem.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 21 marzo 1991 i sigg. Pi.Se., titolare dell’omonima Ditta che gestisce il Bar (omissis), in Roma, e Ve.Ad. e Ma., titolari dell’omonima società di fatto, che gestivano il negozio di generi alimentari in via (omissis), nei locali da essi posseduti in forza di contratto di locazione stipulato rispettivamente il 1 maggio 1987 e il 1 gennaio 1979 con l’allora proprietaria dell’intero stabile dove insistono i locali stessi, To. s.r.l., premesso che:

- il giorno 19 febbraio 1991 alcune strutture dell’edificio, e precisamente i solai del II e III piano e del sottotetto, crollavano, procurando la morte di un operaio e il ferimento di altre persone addette ai lavori di ristrutturazione;

- a seguito del crollo l’edificio fu dichiarato inagibile e soggetto a sequestro dalla P.G.;

- a seguito di tale provvedimento gli esercizi commerciali gestiti dagli attori venivano chiusi e rimasero inagibili sino al 31 agosto 1994, data in cui furono eseguiti da parte della To. i lavori indicati dalla Commissione stabili pericolanti del Comune di Roma, convenivano avanti il Tribunale di Roma la S.r.l. To., chiedendo dichiararsi la stessa responsabile del fatto illecito di cui è causa e, per l’effetto, condannarla al risarcimento di tutti i danni materiali, presenti e futuri, subiti dagli attori, quantificati in Lire 198.217.653, in favore del Se., e in Lire 354.384.129, in favore del sig. Ma.Ve. e del sig. Ad.Ve., oltre interessi e rivalutazione.

Successivamente, con altro atto di citazione notificato il 20 giugno 1992, gli stessi attori adivano il Tribunale di Roma per ivi sentir dichiarare la S.r.l. To. inadempiente agli obblighi contrattuali stipulati con la sottoscrizione delle locazioni e, per l’effetto, per sentirla condannare ex art. 1453 c.c. all’adempimento dei contratti, rimettendoli nella piena disponibilità dei locali ed eseguendo tutte le opere necessarie per il ripristino dell’uso convenuto.

Nelle more del giudizio, l’attore Ad.Ve. decedeva e, con intervento volontario in data 9 marzo 1993, si costituivano in causa gli eredi Gi.Sp., Ti.Ve. e Ma.Ve.

La To. si costituiva in giudizio, chiedendo di essere autorizzata a chiamare in causa la ditta Ma. - appaltatrice dei lavori di ristrutturazione del fabbricato, in corso al momento del crollo - dalla quale pretendeva di essere garantita, unitamente alla Da.As. S.p.a. (oggi Zu.As. S.p.a.) e alla Ci. S.p.a. (oggi Fo.As. S.p.a.), con le quali aveva stipulato una polizza assicurativa.

La causa veniva interrotta per il fallimento della To. s.r.l., dichiarato dal Tribunale Fallimentare di Roma con sentenza n. 63724 dell’8.4.1999, e successivamente riassunta nei confronti della Curatela fallimentare, che rimaneva contumace.

Si costituiva il geom. Ro.Ma., titolare dell’omonima ditta, che, premesso che il Fallimento To. non si era costituito, chiedeva al Giudice di dare atto che nessuna domanda pendeva nei suoi confronti, sulla quale comunque, in ipotesi, sarebbe stato competente esclusivamente il Giudice Fallimentare. Per il resto, chiedeva respingersi la domanda proposta dalla convenuta in quanto nulla, inammissibile e infondata.

Le cause, connesse per petitum e causa pretendi, venivano riunite per la trattazione congiunta all’udienza del 19 gennaio 1993 e,infine, pervenivano per la decisione alla Sez. stralcio del Tribunale.

In corso d’istruttoria, venivano depositati documenti; acquisita la CTU in sede penale; emessa ordinanza ex art. 700 c.p.c., finalizzata all’esecuzione delle opere necessarie per il ripristino dell’uso convenuto contrattualmente per i locali; concesso, con ordinanza ex art. 617 c.p.c., sequestroPage 172 conservativo, in favore degli attori, sull’immobile della convenuta fino a concorrenza di Lire 300.000.000; espletata CTU per la quantificazione dei danni emergenti e del lucro cessante delle aziende degli attori; espletato interrogatorio formale degli attori, assunte prove testimoniali.

Con sentenza n. 38932, dep. il 14 ottobre 2002, il GOA, dott. Franco Cesareo, respingeva le domande attoree, dichiarando assorbite le domande in manleva proposte dalla convenuta S.r.l. To. nei confronti del sig. Ma.Ro. e delle società assicuratrici Fo.As. S.p.a. e Zu.As. S.p.a. Dichiarava interamente compensate le spese di lite tra gli attori e la società convenuta e tra quest’ultima e i chiamati in causa.

Osservava il Giudice di primo grado che nessuna responsabilità ex art. 2043 c.c. era ipotizzabile in capo alla soc. To., posto che il rappresentante legale di detta società era stato assolto con formula piena dalla Corte d’Appello penale di Roma con sentenza n. 2560 dell’1 giugno 1988.

Anche la seconda domanda, che trovava il suo titolo nella responsabilità della locatrice, per non aver tempestivamente reimmesso i conduttori nella piena disponibilità degli immobili locati, doveva essere respinta, essendo l’evento dannoso, impeditivo della normale gestione dell’attività commerciale nei locali condotti in locazione, riconducibile a causa di forza maggiore. In ogni caso risultava provato che, dopo il dissequestro dell’immobile, la società locatrice si era adoperata per l’esecuzione delle opere necessarie a garantire il pieno esercizio dell’attività commerciale, che era comunque ripresa, seppure limitatamente, senza corresponsione del canone.

Quanto all’accertamento di una eventuale responsabilità dell’impresa appaltatrice dei lavori in corso al momento del crollo, la relativa domanda, in quanto proposta dagli attori soltanto in sede di comparsa conclusionale, doveva considerarsi inammissibile; mentre andava considerato che detta impresa, chiamata in garanzia unitamente alle due società assicurataci, non aveva visto riproposta la domanda nei suoi confronti da parte del fallimento, rimasto assente nel giudizio.

Avverso la sentenza hanno proposto appello i sigg.ri Pi.Se., Ma.Ve., Gi.Sp., Ma.Ve. e Ti.Ve., formulando le seguenti conclusioni:

“Piaccia alla Ecc.ma Corte, per effetto della dichiarata riforma totale della sentenza del Tribunale di Roma n. 38933 del 19 settembre 2002, accogliere la domanda proposta dagli appellanti nel giudizio di primo grado e, per l’effetto, condannare il Fallimento To. s.r.l., in solido con la Zu. S.p.a. e la Fo. S.p.a. al risarcimento dei danni sia materiali che morali, e precisamente in favore del sig. Pi.Se., nella misura di Euro 62.913,60, già rivalutati all’indice ISTAT al settembre 1994, per danno emergente, oltre successivo adeguamento ISTAT per rivalutazione ed interessi legali dal fatto fino all’effettivo pagamento; di Euro 39.405,70, con interessi legali già quantificati fino al settembre 1994, per lucro cessante, oltre interessi legali dal settembre 1994 fino all’effettivo pagamento; di Euro 34.123,65, o nella minore o maggiore somma che sarà indicata di giustizia, per danno morale con interessi legali a decorrere dal 19 febbraio 1991 al settembre 1994; in favore del sig. Ma.Ve. e delle sigg.re Sp.Gi., Ve.Ti. e Ve.Ma., in qualità di eredi del de cuius Ad.Ve., nella misura di Euro 83.709,50, già rivalutati all’indice ISTAT, per danno emergente, oltre successivo adeguamento ISTAT per rivalutazione ed interessi legali dal settembre 1994 fino all’effettivo pagamento; di Euro 99.314,70, con interessi legali già quantificati fino al settembre 1994, per lucro cessante, oltre interessi legali dal settembre 1994 fino all’effettivo pagamento; di Euro 61.008,00, o nella minore o maggiore somma che sarà indicata di giustizia, per danno morale con interessi legali a decorrere dal 19 febbraio 1991 al settembre 1994”.

L’appello era affidato ai seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 2053 c.c. e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. nel caso de quo. Il GOA non aveva tenuto conto della diversità concettuale tra responsabilità penale e civile. La prima, infatti, è basata sul grado colposo dell’azione posta in essere dall’imputato con riferimento al crollo di costruzioni, mentre la seconda, di cui all’art. 2053 c.c., è configurata dal codice come una responsabilità oggettiva per colpa presunta, derivante da carenza di manutenzione, sempre a carico del proprietario dell’edificio, cui incombe l’onere di provare che il crollo non è imputabile a difetto di manutenzione.

2) Contraddittorietà della motivazione della sentenza in tema di inadempienza contrattuale. Falsa applicazione di norme di diritto. L’inadempienza del locatore, protrattasi fino al settembre 1994, risultava evidente. Questi, infatti, malgrado il dissequestro e il ripristino dell’agibilità...

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